Un mio compagno di viaggio,
Pascal Lacerenza, vede
Berlino così: un
collage di frammenti e manifesti strappati e sovrapposti; una città multiforme e straordinaria, profondamente rispettosa del passato, piena di curiosità presenti, ingorda di futuro. Bella la sua opera, mi sembra cogliere l'humus di questa metropoli così ricca di storia, di spunti e di fermenti.
A Berlino c'è molta fantasia, dall' irrisoria scarpa in gabbia nella vetrina di un negozio all'incredibile atrio della
DZ Bank progettata dall'architetto americano
Frank Gehry in Pariser Platz, una balena racchiusa fra un oceano di cemento.
Tutto è interessante: dalla
Postdamer Platz, vetrina del rinnovamento urbano e forse il simbolo più visibile della nuova Berlino ai rassicuranti e deliziosi
strudel che per fortuna non sono passati di moda e fanno sempre bella mostra di sè.
Il
Parlamento progettato da
Foster è semplicemente stupendo e gli uomini del potere che legiferano sono all'insegna della visibilità e della trasparenza, bella scelta e non solo di valenza architettonica.
Ovunque un'esplosione di musei, nuovi e vecchi, restaurati o reinventati, occorrerebbero mesi per visitarli tutti e sulla
Karl Marx Allee non ci sono più le parate militari dell'occupazione comunista, ma alberi, zone pedonali, negozi.
-Il muro non c'è più, ma in realtà è rimasto nel cuore e nella testa degli abitanti di Berlino. Chi vive di qui e chi vive di là, ognuno rimane nella sua parte e non va nell'altra- mi dice un taxista pachistano mentre riaccompagna la sera le mie stanche membra in albergo. Se lo dice, avrà senz'altro ragione, 20 anni per la storia non sono niente, forse il cambiamento è più facile per i giovani che per le vecchie generazioni, il passato, anche se rielaborato, è ancora molto presente.
Ho scritto molto della Berlino ebraica, forse troppo, ho scritto molto degli orrori del Terzo Reich e della successiva divisione della città, forse troppo. Il fatto è che la città testimonia molto, forse troppo del suo terribile passato, onnipresente e forse sovraesposto. In ogni angolo di Berlino ci sono monumenti, mausolei, memoriali, edifici commemorativi, targhe. E' tutta una testimonianza a cielo aperto: per le vittime del T4, per quelle omosessuali, per quelle ebree, per quelle tedesche che avevano tentato di opporsi al regime, per le vittime della Guerra Fredda, per le vittime della persecuzione della Stasi, per i soldati dell'Armata Rossa caduti durante la Battaglia di Berlino. Mi sono chiesta del resto come si fa a vivere in una città che documenta in modo così sistematico, circonstanziato e quasi ossessivo la sua storia; camminando e visitando, a volte ci si sente veramente schiacciati dal suo peso. Detto questo, rispetto profondamente la Germania di oggi, un paese realmente pacifista che si interroga fin nelle viscere più profonde e buie sulla sua storia. Nessun altro paese ha perseguito con tanta onestà e pertinacia questo obbiettivo, non certo il Giappone o l'Italia che si professa sempre tutta antifascista o la Francia, che solo con il processo a Klaus Barbie nel 1987 è stata costretta a guardare ed interrogarsi sui crimini e gli orrori del regime di
Vichy. La Spagna comincia solo ora a dibattere su quei terribili anni della sua guerra civile dal '36 al '39 che ha dilaniato e smembrato un intero paese, intere comunità e famiglie. Se è vero che solo la conoscenza della storia e l'educazione possono formare diversamente gli uomini e cambiare positivamente una coscienza collettiva, ed è vero, mi pare che la Germania questo doloroso, ma necessario lavoro lo stia proprio facendo. Ai giovani a scuola si insegna il capitolo più indicibile della storia del loro paese e si compie uno sforzo costante di diffusione della conoscenza sulla tragedia dell'Olocausto. Purtroppo non si insegna con lo stesso spirito e nella stessa direzione ai giovani palestinesi che non hanno nemmeno segnato
Israele sulla loro carta geografica della Palestina e che vengono invece formati a diventare bombe umane con una cintura di tritolo sulla pancia nell'al di qua e con le vergini in premio nell'al di là. Sui banchi di scuola loro imparano che ogni ebreo che muore è una gran festa.
Davanti a un museo c'era un gran superman rovesciato con la testa all'ingiù, non so di quale artista ed accanto la scritta: -Anche gli eroi hanno delle brutte giornate- Mi è sembrata una frase perfetta per Berlino.
Visitare Berlino per soli 4 giorni è come prendere l'aperitivo, ti mangi qualche oliva e due salatini, ma la fame ti resta, eccome, anzi viene ulteriormente stuzzicata, una gran voglia di tornarci, di rimanerci a lungo, di esplorarla in lungo e in largo. Vedremo..... Nel frattempo ringrazio i miei splendidi compagni di viaggio, con loro sono sempre pronta a ricominciare una nuova avventura.