Mi accompagnerà tra le strade di questa Berlino così diversa da quella divisa di quarant’anni fa. E sempre magnetica. Vi racconterò. Intanto comincia così (nella traduzione di Maria Teresa Mandalari, rendiamo onore anche al lavoro preziosissimo e difficile dei traduttori!):
“La città, poco prima dell’autunno immersa ancora nella calura dopo la fresca estate piovigginosa di quell’anno, respirava con più veemenza del solito. Il suo respiro si effondeva in fumo denso su da cento ciminiere di fabbriche nel cielo terso, ma poi gli mancava la forza di proseguire. La gente, da tempo avvezza a quell cielo velato, lo trovava improvvisamente insolito e difficile da sopportare, sfogando la subitanea irrequietezza anche sulle cose più remote. L’aria la opprimeva, e l’acqua – quell’acqua maledetta che puzzava di residui chimici da tempo immemorabile – aveva un sapore amaro. Ma la Terra la reggeva ancora, quella gente, e finchè ce n’era l’avrebbe fatto“.