Alfano ha dovuto lasciar perdere. E il Cavaliere ora punta alla ricostruzione di Forza Italia 2.0, una sorta di riedita Forza Italia dei tempi che furono aggiornata con le patch post-crisi 2008, per colmare gli evidenti bug antecedenti alla nascita del PDL.
Il che significa l’addio degli ex AN, o almeno di una parte di coloro i quali certamente non vogliono essere etichettati come “forzisti” o “berlusconiani” e che tenteranno probabilmente di dare vita a una sorta di nuova Alleanza Nazionale. Magari con il rientro scenografico di Fini e dei vari Bocchino e Briguglio. L’idea rischia di emarginare nuovamente i post-missini in un’area grigia tra l’estrema destra e il berlusconismo radicale. Ovvero, nel caso di rientro di Fini (cosa che però vedo assai improbabile), in un’area indefinita tra la destra e il paludoso centro democristiano.
L’affondo delle primarie probabilmente sarà celebrato il giorno 16 dicembre, quando queste avrebbero dovuto tenersi. Alfano non ha potuto far altro che accettare l’idea e il problema a questo punto è solo uno: come verrà rinnovato il partito? Perché non si tratta solo di nome e simbolo, ma si tratta anche di programma, radicamento territoriale e candidati.
Ecco dunque che se forse è stato un bene uccidere le primarie nella culla (fosse solo che stavano diventando una farsa), sarebbe certamente un male che all’annunciato rinnovo berlusconiano seguisse un restyling di superficie: un simbolo nuovo, un nuovo nome e poi il resto identico, con gli stessi attori politici che hanno contribuito e non poco a rovinare il centrodestra. A questo punto, credo che la nave sarebbe destinata ad affondare sotto i colpi elettorali di chi non ha più voglia né tempo di ascoltare promesse alle quali non seguono i fatti.
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Perciò occhio. Il centrodestra in queste settimane ha due strade: o la strada della dissoluzione, là dove dovesse tentare un furbesco rinnovo superficiale, non di sostanza. E la strada, se non proprio del successo, quantomeno dei danni limitati, là dove dovesse dimostrare effettivamente di aver cambiato marcia e regime, con un serio programma di rinnovo del partito o dei partiti (dipenderà dalla scissione), uno statuto dei valori, niente indagati e imputati fra i candidati (i quali pur essendo presuntivamente innocenti, per quanto ci spiaccia dirlo, la gente non li percepisce tali) e una riorganizzazione interna che ponga le basi per future primarie di coalizione.