D'alta parte il Cavaliere può dormire fra due guanciali: come aveva rilevato l'Economist, in Italia è quasi impossibile pensare che un uomo potente, giunto a quella veneranda età, possa davvero correre il rischio di finire in galera. Ma nemmeno se ci si mette d'impegno, nemmeno se lotta per essere preso in flagranza di reato e vanta, come Berlusconi, uno stuolo di processi di tutto rispetto: condannato in primo grado a 7 anni per concussione e prostituzione minorile, amnistiato per falsa testimonianza, prescritto due volte per corruzione giudiziaria, cinque volte per falso in bilancio, una per rivelazione di segreto, imputato per corruzione e indagato per induzione alla falsa testimonianza. Non c’è che dire. Eppure Napolitano lo ha ribadito con fermezza: "la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto". State calmi, deputati e senatori, il rischio che sconti la sua condotta criminale è praticamente nullo. Non siamo un paese così serio.
In realtà non è affatto così, e fa specie che nessuno lo abbia fatto notare al Colle. Come ha rilevatoTravaglio, infatti, la normativa "lascia al giudice di sorveglianza la discrezionalità sul luogo più idoneo a espiare la pena, indipendentemente dall’età del pregiudicato". Questo vuol dire che, almeno a priori, la detenzione non può essere categoricamente esclusa nemmeno dal sovrano della nazione. Poi, certo, la tendenza a rendere l'esecuzione della pena una farsa è abbondantemente prevista. Con ogni probabilità il Cavaliere dovrà, al più, firmare un foglietto per giustificare le ore di recupero al servizio della collettività, ma il fatto che in Italia le indulgenze siano soventi e plenarie non giustifica, neppure alla lontana, una cattiva interpretazione del diritto che somiglia più che altro ad un'ingerenza nel processo, ancorché giunto al capolinea. Anche perché, fra l’altro, volendo restare al dettato normativo, la possibilità di usufruire di pene alternative alla prigionia dipende in maniera proporzionale dal grado di ravvedimento del condannato, dalla sua consapevolezza della gravità del reato commesso e da altri carichi pendenti che offrono una cartina di tornasole sulla pericolosità sociale del soggetto. Ora, non ci vuole un esperto giurista per capire che Berlusconi, oltre ad essere indagato per aver commesso svariati reati, ha per giunta declinato ogni responsabilità parlando di magistratura rossa e di complotto eversivo lungo vent'anni. Dove trova, allora, Napolitano le certezze necessarie per tranquillizzare il Pdl? Come fa, rivolgendosi alla classe dirigente, a parlare "di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno"? Qui il Parlamento è da tempo ostaggio di un sol uomo, che ciclicamente calendarizza indulti, amnistie e salvacondotti per sé e le sue aziende. Napolitano intende difendere la Costituzione o difendere il pregiudicato?G.L.