Eccolo dunque, il “piccolo” segretario, che cerca affannosamente di recuperare visibilità tra l’Agenda Monti (che in parte ha promesso di seguire, come fosse una religione, se mai vincesse e diventasse il prossimo Presidente del Consiglio) e le cannonate berlusconiane, atte a demolire Monti e l’indebito vantaggio della sinistra nei media e – si presume – nelle cabine elettorali.
Iniziative
Ma sentite un po’ che cosa dice Bersy, sotto Natale:
Il Pd è aperto al dialogo con tutti coloro che sono contrari al berlusconismo di ritorno, ma senza ambiguità né “complicazioni”.
Sbaglio o questo argomento – l’antiberlusconismo – è vecchio come il cucco? Non solo! Sbaglio, o Bersy tenta di corteggiare (per l’ennesima volta) Casini? Sarà magari perché più che del berlusconismo (che sicuramente lo starà facendo sudare freddo) egli abbia paura della discesa in campo di Monti; quel Monti che con la sua “Agenda” gli sta fregando un bel po’ di piddini? Del resto, l’ultimo, in ordine, che lascia la truppa ex-comunista è Pietro Ichino.
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Non è finita qui. Ecco l’altra bella “perla”. Da morire:
Noi siamo di gran lunga il più grande partito del paese, riformista e aperto. Siamo alternativi a Berlusconi, alla Lega e ai populismi, ed aperti a dialogare con chi e’ contrario a Berlusconi, ai populismi e alla Lega…
Ma riformista di che? Si riferisce per caso alle tasse che ha contribuito ad appioppare agli italiani per i loro bene? Oppure magari alla riforma delle pensioni? Ovvero, all’idea di approvare la cittadinanza regalata agli stranieri? Ai matrimoni gay? All’eutanasia? O magari, che è peggio, alla fedeltà all’Europeismo della Merkel e della Trojka di Bruxelles?
Se esiste un partito che non è un “grande partito”, questo è proprio il PD, che riesce a governare solo e se:
- Il popolo di destra, anziché votare, resta a casa.
- Interviene qualche ribaltone e si nomina un governo tecnico.
Quando un partito cambia mille sigle per sotterrare il proprio passato nella speranza che gli italiani si dimentichino, rinnega le proprie origini, salvo quelle peggiori, e quando non riesce ad attrarre consenso al di là del proprio steccato ideologico, non è affatto un grande partito. Al massimo è un partito grande, ma piccolo nelle idee. Senza contare che tutta questa vantata e presunta “grandezza” pare essere oggi più il frutto di un momento critico della politica italiana (che non riscuote più grande fiducia), che non della fiducia che la maggioranza degli italiani riporrebbe nel PD.