Se hai diciassette anni, sei figlio di un padre violento e alcolizzato, di una madre labile psicologicamente, se sei stato lasciato senza guida fin da piccolo e con i tuoi fratelli hai imparato a rubare auto e truffare il prossimo ancor prima che a leggere e scrivere correttamente, se ti sei macchiato di vari crimini – tra i quali anche il furto e l’incendio doloso – , se hai appreso l’arte di sballarti con sostanze più o meno lecite, se sei stato dato in affido più volte e nel tuo presente c’è solo qualche lavoro precario e ben poche speranze per il domani, è abbastanza normale che tu ti senta dentro fino al collo ad un solco che procede diritto verso un futuro da disadattato.
Questo accade a Stephen, nelle ultime settimane in cui si trova presso la famiglia affidataria dei Reynolds – padre madre e due figli, Robert, di undici anni, e Carol, di sedici – prima di essere inviato in un ostello per giovani difficili, praticamente l’anticamera dell’inferno.
Abituato com’è ad essere rifiutato, diffidente, senza amici, il ragazzo vive in un presente senza riferimenti e senza affetti, convinto – e senza troppo torto – che le stesse persone che lo ospitano da ormai quattro anni non provino certo sentimenti positivi nei suoi confronti.
Ostile, solitario, Stephen pare trascinare la sua vita come meglio può, aspettandosi sempre di finire in qualche guaio, o che qualcuno lo incolpi per ogni accadimento illegale o sconveniente che avviene nei suoi pressi.
C’è solo un punto fermo nella sua vita, un segreto indicibile, qualcosa che lo costringe a non abbassare mai la guardia, che non gli permette di distrarsi o dimenticare i suoi compiti: la Bestia.
La Bestia è con lui da quando era bambino, prima era piccina, pareva addirittura innocua, poteva vivere nello spazio limitato di una vasca. Ora misura più di quattro metri, ha zanne in grado di triturare un animale di grosse dimensioni, ha uno sguardo glaciale, è silenziosa e veloce, pericolosa quanto il più abile e crudele dei predatori.
La Bestia vive in una gabbia improvvisata presso un lago artificiale, imprigionata tra sbarre che vanno arrugginendosi e mantenerla buona è un lavoro a tempo pieno.
Stephen deve portarle infatti periodicamente carne fresca, deve assicurarsi che non fugga, che la prigione non ceda, che si mantenga al sicuro e non vada in giro ad uccidere uomini, donne e bambini.
La Bestia è la sua condanna, ma insieme la sua unica certezza, è l’essere che odia di più ma, allo stesso tempo la chiama “il mio piccino”, desidererebbe la sua morte ma continua a nutrirla. Prova per lei attrazione e repulsione, paura e fascinazione, ne è vittima e padrone.
La Bestia è l’unica cosa sua.
Intrappolato come è in un presente senza vie di uscita, anche nutrire e rendere innocua la Bestia diventa un solco tracciato dal quale Stephen non si può liberare.
Fin quando gli eventi, almeno dapprincipio, non decideranno per lui, dando il via ad un’avventura mozzafiato nella quale saranno in ballo la vita e la morte. E per la prima volta Stephen non sarà da solo ma dovrà imparare a collaborare e a fidarsi, sperimentando che esistono addirittura persone che vogliono aiutarlo…
Un romanzo energico e teso, costruito con una buona conoscenza della suspense e del crescendo narrativo che sa dosare rivelazioni ed anticipazioni.
La storia è avvincente senza mai essere scontata, senza alcuna concessione a sguardi pietosi o melensi, affidando i momenti di speranza, come quelli lievi e divertenti, unicamente al carattere del protagonista che sa mostrare dietro la scorza dura, la diffidenza e l’aria sprezzante e rassegnata, una testa capace di restare salda sulle spalle e una sensibilità che non ha ancora ceduto alle pugnalate della vita.
Stephen è indubbiamente un protagonista ben costruito, realistico, che rivela tutti i segni di un’esistenza difficile senza che questi assumano caratteri caricaturali o che, al contrario, siano risolti con faciloneria o sminuiti. Una personalità complessa e sfaccettata, nella quale convivono asprezze e tenerezze, debolezza e aggressività, speranza e rassegnazione, sentimenti feriti e ricacciati e rabbie troppo provate ma non ancora sedate.
Stephen è un prodotto umano del disamore, dell’indifferenza sociale, della perdita e della violenza, eppure non è vuoto, né povero di emozioni. Al punto da attaccarsi ad un animale feroce, a non saperla lasciare andare, a non riuscire ad agire su essa l’abbandono che ha troppo sperimentato su di sé.
C’è un carattere di necessità nel rapporto tra la Bestia e il ragazzo che diventa profondamente simbolico, come il terrore che egli ha – e che diventa in più punti quasi una speranza – di essere divorato.
Ed è proprio nel momento in cui non può più rimandare il confronto con la Bestia, proprio nell’attimo in cui è costretto ad affrontare gli eventi, a prendersene carico, a interagire con gli altri e, volente o nolente, scoprire di non essere del tutto reietto, che per Stephen inizia il processo del riscatto.
Un riscatto che non si conclude con le pagine del libro, perché una storia complessa non può avere una soluzione semplice.
(età consigliata: dai 12 anni)
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