Biblioteche a Napoli in pericolo: La Città del Sole è stata saccheggiata

Creato il 09 marzo 2014 da Vesuviolive

A un giorno da un nostro precedente articolo sulle nascenti Biblioteche popolari o di quartiere, nella notte compresa tra il 6 e il 7 marzo scorso, il Centro culturale “La Città del Sole” di Napoli, la sua biblioteca, i suoi archivi e i suoi uffici, hanno subito l’ennesima effrazione e saccheggio. Scassinando una delle porte-finestre interne allo stabile un commando ha stuprato l’opificio della nostra cultura e socialità, perseguendo, con la sedicesima violazione deliberata, oltre ai danneggiamenti a carico del patrimonio storico ed architettonico della città, il furto di 150 preziosi volumi.

Non segnaleremo questo evento se non per l’importante fatto che il Centro culturale “La Città del Sole” si sta avviando a diventare Fondazione, e, sulla base del patrimonio librario, archivistico e strumentale che gestisce, progetto napoletano e nazionale per la nascita di nuove biblioteche popolari, centri di formazione e di militanza civile.

Il suo presidente, il dott. Sergio Manes, in seguito all’atto criminale, ha depositato regolare denuncia presso la Questura di Napoli – Commissariato Decumani non solo contro ignoti, ma anche nei confronti del Comune di Napoli. In base al documento della polizia giudiziaria si segnala di voler perseguire il sindaco De Magistris, l’assessore Fucito e i dirigenti dell’assessorato al patrimonio del Comune di Napoli per i reati contemplati dall’articolo 328 del codice di procedura penale con l’aggravante della continuità. Il Centro culturale “La Città del Sole” richiede l’apertura delle precedenti indagini, e del fascicolo che la magistratura archiviò mesi fa, pur prendendo atto nelle sedi preposte delle testimonianze e delle pubbliche dichiarazioni di cittadini inermi, non solo in merito ai reati perpetrati ma, anche, alle preoccupanti contiguità tra attività criminali e la politica locale, sospettata di retroagire agli avvenimenti.

Per chi è a digiuno di giurisprudenza, informiamo che l’articolo suddetto recita che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da 6 mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del suo ritardo, è punito con la reclusione fino a 1 anno, o con la multa di milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.

In altre parole si accusa il Comune di omissioni di atti di ufficio, un accusa abbastanza grave, e si intima allo stesso di ripristinare il servizio di sicurezza e d’igiene pubblica, predestinati al Centro a partire dal 2009. Inoltre si intima di accollare alle persone responsabili dell’Assessorato al patrimonio i costi di gestione, di manutenzione (ordinaria e straordinaria), di recupero funzionale e di restauro, di igiene e pulizia.

Nulla viene richiesto ai contribuenti ma solo ai responsabili. Certo è vero che in queste operazioni continua a rimetterci lo Stato, il quale si scopre ancora una volta perdente e perduto.

Cosa accadrà adesso? Il Comune di Napoli interromperà il suo silenzio? Si infrangerà il “muro di gomma”?


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