Bicerìn.

Creato il 29 dicembre 2014 da Il Viaggiatore Ignorante

Immaginate di essere in pieno Ottocento... immersi nel profumo che avvolge il locale... sedetevi allo stesso tavolino di Cavour... ordinate un bicerin e godetevi il suo gusto dolceamaro fatto di cioccolata, caffè, crema di latte.
Questo, e solo questo, è il bicerin, la bevanda simbolo di Torino, nata qui, nel luogo che ne porta il nome. Un luogo dove la golosità ha fatto storia. Buono maaaaaa....conosciamolo meglio.Cominciamo quindi.1700 circa – La prima colazione dei torinesi è la “bavareisa”, bevanda a base di caffè, cioccolato e latte, servita in un bicchiere. Un secolo dopo, grazie al contenitore, un piccolo bicchiere con supporto e manico di metallo, si chiamerà “Bicerin”. Gli ingredienti del “Bicerin”, serviti sempre molto caldi in bicchieri di vetro, vengono proposti in tre diverse varianti: “Pur e Fiùr” (caffè e latte), “Pur e barba” (caffè e cioccolato), e infine “Un pù ‘d Tut”, una miscela dei tre ingredienti, quella che va per la maggiore ancora oggi.Sorgono vari locali ma in uno solo si può gustare il Bicerìn tanto apprezzato da Cavour.Nasce nel 1763, questo piccolissimo caffè. È in quell’anno, infatti, che l’acquacedratario Dentis apre la sua piccola bottega proprio di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata. Il locale è scuro e arredato semplicemente con tavole e panche di legno. Possiamo cercare di immaginare il signor Dentis mentre serve – insieme a cedrata, limonata e altre bibite – prodotti arrivati da lontano, evocativi e misteriosi: caffè, tè, cioccolata… parole strane, sapori nuovi, odori sorprendenti.Appena nato, ma ancora da battezzare… dovrà passare qualche anno prima che il locale prenda il nome dalla sua creazione più famosa.Il locale cambia volto all’inizio dell’Ottocento: tutto il palazzo viene ristrutturato e il Caffè Al Bicerin prende l’aspetto che con cura è stato conservato fino a oggi. Compaiono la cornice esterna in ferro, i pannelli pubblicitari ai lati, le colonnine e i capitelli in ghisa. Ma non sono gli unici cambiamenti: dentro le pareti vengono abbellite con boiseries di legno decorate da specchi e i semplici tavoli sono sostituiti da quei tavolini di marmo che potete ancora ammirare. Il bancone è sempre quello, solido e insostituibile. Alle sue spalle spuntano i vasi di confetti, ben 40 tipi diversi... una gioia per gli occhi.A pensarci, è da batticuore vedere un luogo esattamente come appariva agli occhi delle dame dell’epoca.Ma se il Caffè Al Bicerin divenne presto molto in voga il merito non era solo della grande bontà delle sue preparazioni. Una ragione si trova nella sua fortunata posizione davanti al Santuario della Consolata, amatissimo luogo di culto che si affaccia sulla stessa piazza del locale. La storia del Bicerin si intreccia saldamente a quella della “Consolà”. La nuova bevanda era infatti il sostegno ideale per coloro che, avendo digiunato per prepararsi alla Comunione, cercavano un sostentamento energetico appena usciti dalla chiesa. Ugualmente era molto ambita in tempo di digiuno quaresimale, poiché la cioccolata calda non era considerata “cibo” e poteva quindi essere consumata anche dai più fedeli.La madama e la servetta, il signore e il cocchiere… donne in nero, scarmigliate e con le mani segnate dal lavoro insieme a signorine riccamente vestite. Tutti uno accanto all’altro, pigiati nell’attesa dell’ambita goloseria. Eh già, sono davvero tante le caratteristiche che rendono straordinaria la storia del Caffè Al Bicerin: le microscopiche dimensioni del locale, che non permettevano uno sviluppo su varie sale come succedeva negli altri caffè torinesi, portarono alla compresenza di persone di classi sociali estremamente diverse.Ma evidentemente i bicerin, le cioccolate calde e gli zabaioni erano così buoni che i nobili riuscivano a tollerare la vicinanza con la gente del popolo. E le persone più umili, pur di non rinunciare a uno dei pochi piaceri della loro difficile vita, superavano l’imbarazzo che la loro estrazione suggeriva. Certamente il prezzo del bicerin non doveva essere eccessivo visto che anche le classi meno agiate potevano permetterselo di tanto in tanto. Il prezzo di tre soldi, cioè 15 centesimi di lira, venne mantenuto dalla metà dell’Ottocento fino al 5 dicembre del 1913, quando passò a 20.
In un certo senso il Bicerin è stato il primo locale pubblico davvero democratico.Ancora oggi guardando il tavolino d’angolo accanto alla vetrina, sotto l’orologio, sembra di vedere il Conte di Cavour. Il giornale in mano, sorseggia un bicerin e ogni tanto abbassa gli occhialetti per guardare la porta della Consolata. È in attesa dell’uscita della famiglia reale, pronto per accompagnare il gruppo sulla via del ritorno. Lo statista artefice dell’Unità d’Italia riflettè probabilmente a lungo sulle sorti del Risorgimento seduto fra queste mura.Ma sono tantissimi i personaggi che hanno varcato la soglia del Bicerin... fin dalla sua nascita numerosi volti noti lo hanno onorato con il loro apprezzamento.
Da Puccini a Dumas, da grandi scrittori come Guido Gozzano, Italo Calvino, Mario Soldati alla Regina Maria Josè e Umberto II, passando per attori del calibro di Macario e Carlo Campanini sino alla mitica Wanda Osiris. Tutti si sono regalati qualche momento di dolcezza sabauda seduti ai tavolini del caffè gustando questa delizia del nostro bel Piemonte.

Questa è la storia, ora non rimane che assaggiarlo.
Vittorio Vallero.

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