Esistono casi in cui una storia arriva all'improvviso, trova dimora nelle mani di un uomo che, quasi l'aspettava. Un'esigenza nascosta, ancora sconosciuta ma estremamente forte, tanto da esplodere in un processo catartico, impensato o forse solamente temuto. E' così che immagino siano andate le cose, quando Tim Burton lesse per la prima volta quella sceneggiatura mandatagli dai produttori Dan Jinks e Bruce Cohen e scritta da John August. Era una storia complessa, originale ma distante dagli schemi classici narrativi. Ispirata al romanzo di Daniel Wallace, Big Fish - A Novel of Mythic Proportions, la storia rivisitata da August, racconta le avventure di un padre immaginoso e romantico, chiamato Edward Bloom.
La più grande difficoltà in fase di adattamento, è quella di riuscire a mantenere l'originalità della storia senza stravolgerne l'essenza, cercando di mantenere persino le scelte stilistiche che fanno di un romanzo un "grande" romanzo. Big Fish libro era infatti, più di ogni altra cosa, una raccolta di racconti e si correva il rischio di perdere quella coerenza narrativa fondamentale ai fini della comprensione. Così August, abile sceneggiatore reduce del grande successo ottenuto con Go - Una notte da dimenticare di Doug Liman, scelse di sfruttare più punti di vista per raccontare questa storia. I narratori infatti nel film, sono due, Edward Bloom (Albert Finney/Edward adulto e Ewan McGregor/Edward giovane) e Will Bloom (Billy Crudup) facendo così del film il racconto di quella serie di racconti, appartenenti al romanzo di Wallace. Abbiamo usato all'inizio il termine "catartico", e questo viene immediatamente compreso se pensiamo a ciò che parallelamente alla pre produzione di Big Fish, avvenne nella vita reale di Burton. Nell'ottobre del 2000 Burton perde il padre, nel marzo del 2002 la madre e nel 2003, anno di uscita del film, nasce il suo primo figlio. Ecco allora che tutto ha un senso, Burton doveva avere quella sceneggiatura a tutti i costi. All'inizio pensate, questa andò nelle mani di Spielberg perché fu il primo ad interessarsi realmente alla storia. Nel progetto del regista statunitense però era previsto Jack Nicholson nei panni di Edward e questo avrebbe comportato l'uso dello stesso, per il protagonista sia giovane che adulto. Affidarsi alla computer grafica per gli effetti che avrebbero reso l'invecchiamento, non è certo plausibile nel concetto di cinema consono a Burton, infatti l'ipotesi è stata scartata non appena il progetto inizia ad essere diretto dal regista di Burbank.
Quella notte Carl incontrò il suo destino ed io il mio. Dicono che quando uno incontra l'amore della sua vita il tempo si ferma. Ed è vero. Quello che non dicono è che quando il tempo si rimette in moto va a doppia velocità per recuperare. (Edward Bloom)
Dal grande fiume in cui si muove la "bestia", si passa alla storia più reale, quella da cui l'intero film poi si dipana. La storia di un complicato, o forse tra i più comuni, rapporti tra padre e figlio. Si capisce che Will soffra silenziosamente la figura fiabesca di un padre racconta storie, egocentrico se vogliamo ma i più lungimiranti vedranno in Edward Bloom un uomo che ha scelto di sopravvivere scrivendo e raccontando la propria vita, come fosse uno dei più grandi romanzi d'avventura. Will dopo un lungo silenzio, vissuto in Francia lontano dai suoi e accanto alla moglie Josephine/Marion Cotillard in dolce attesa, torna in Alabama dalla madre e dal padre, quest'ultimo ormai anziano e morente. Attraverso tutta una serie di quelli che sono gli espedienti più cinematografici possibili, flashback, punti di vista che si alternano, voce fuori campo e le più personali doti del regista, tra i più visionari che il mondo conosca, viene fuori una sorta di fiaba personale che vive nel punto esatto in cui i sogni dei bambini e la voce degli adulti si incontrano. Già, perché Big Fish in fondo è proprio lì che si può collocare, un padre con un libro in mano, accanto al figlio sotto le coperte e una storia, anzi più di una. Tante, quante ne bastano a illuminare la vita a entrambi, dando le risposte che da sempre cercavano. Will riuscirà a comprendere il padre solamente nel momento più tragico del loro difficile rapporto, quando questi morente gli affida il delicato compito di continuare a scrivere la sua storia. Il mio istinto mi porterebbe a restare ferma su questo che, a mio avviso, è uno degli aspetti più commoventi del film, perché Burton è Edward ma è al contempo il giovane Will. Burton è il cuore del film...
Ma se così facessi, correrei il rischio di confezionare un pacchetto pesante e troppo personale, dunque vado avanti, nonostante già abbia superato il limite della vostra sopportazione (perdonatemi), spostandomi invece sull'aspetto più affascinante e seducente dal punto di vista visivo, puramente scenografico. Chi conosce e apprezza Burton, sa che con Big Fish avviene qualcosa di nuovo, rispetto alla filmografia precedente del regista. Lontano da sfondi surreali o personaggi da "animare", con Big Fish Burton sperimenta la sua dote più intima e lo fa puntando su tutto ciò che lo contraddistingue. E' uno dei suoi film più "normali", questo afferma lo spettatore e la maggior parte dei critici e al tempo stesso uno dei migliori, il capolavoro assoluto di Burton. Io non la vedo esattamente così, o meglio, anche per me è l'apice della sua carriera (almeno fino ad oggi) ma non mi sento di dire che sia così diverso. Ho sentito dire persino che Big Fish è il meno burtoniano della sua filmografia. Ma scherziamo? Mi sembra così assurdo sostenere una tesi simile, perché penso a tutto ciò che mi fa amare ancora oggi e sempre di più Big Fish. Penso alle sfaccettature psicologiche dei personaggi, alle sfumature che sanno renderli così originali ed eterni. Helena Bonam Carter, anche lei nelle doppie vesti di Jenny e la strega con l'occhio di vetro. Danny De Vito direttore del circo Amos Dolloway e licantropo. Karl il gigante, emblema del diverso tanto grande quanto ingenuo dal cuore puro. Poi c'è il grande Steve Buscemi, ladro per caso e scrittore in crisi esistenziale.
Vi è mai capitato di sentire una barzelletta così tante volte da dimenticare perché è divertente? E poi la sentite di nuovo e improvvisamente è nuova. E vi ricordate perché vi era piaciuta tanto la prima volta... A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui, e così egli diventa immortale. (Will Bloom)