Bigio Belgio

Creato il 22 novembre 2011 da Ilpescatorediperle
Qualche settimana addietro sembrava fatta: problemi risolti, accordo trovato, governo pronto. Con evidente esagerazione, si poteva addirittura pensare ad un modello-Belgio per i problemi ben più gravi tra israeliani e palestinesi (evitando di considerare l'incommensurabile distanza tra la gauffre e il pane azzimo). E invece niente. Ieri il premier incaricato Elio di Rupo (cognome non beneaugurante, già) si è dimesso nelle mani del re del Belgio Alberto II. Oggi ricominciano le consultazioni. Sono più di cinquecento giorni, dopo le elezioni, che non si trova il modo di formare un nuovo ministero. Il paese è un fazzoletto. A uno che, tempo fa, di una città diceva: "Ma si trova a solo 30 km da Bruxelles", un altro rispondeva "Ma tutto qui si trova a solo 30 km da Bruxelles". Eppure quando prima di arrivare qui chiesi ad un amico belga di spiegarmi meglio la divisione del paese, domandando se avrei potuto spostarmi liberamente tra una zona e l'altra, scherzavo. E lui, nel rispondermi: "Certo, non c'è ancora la guerra civile" di sicuro pensava ad una boutade.Fiamminghi e valloni, socialisti e liberali, federalisti e regionalisti, ricchi e poveri (sarà quest'ultima, alla fin fine, la questione che conta?). Divisione per divisione, si finisce per litigare sulle cose più ovvie, come il bilancio dello Stato (del resto noi lo sappiamo che di rendiconto talvolta si può morire.
Sopravviverà il Belgio? Certo ci sono dei brutti segni. Penso al luogo esatto in cui mi trovo ora, che fino a quarant'anni fa era in territorio fiammingo. Ma poiché un'università francofona parlava la lingua sbagliata, ecco la separazione consensuale e lo sdoppiamento: fiamminghi di qua, valloni di là. Ed eccoci finiti nel territorio "giusto". Insomma, convivere, specie in un territorio limitato (ma qui non ci sono problemi di sovraffollamento), non è facile. Ed evidentemente non basta il bilinguismo della capitale, con i cartelli in cui perfino l'ordine tra le due lingue principali è continuamente modificato, per non assegnare nessuna priorità, nemmeno per metamessaggio.
Scrive l'editorialista de Le Soir Béatrice Delvaux:
"Fate un accordo oggi e un governo domani. Altrimenti avrete provato la vostra inutilità, abbandonando a se stessi dei cittadini disperati. Non è un governo di tecnocrati, lo scatenarsi della speculazione o la messa sotto tutela da parte dell'Europa ciò che dobbiamo temere. Non, ciò che bisogna temere, con terrore, è l'esplosione del rifiuto della politica, la perdita di fiducia nella democrazia e lo scivolamento verso l'estrema destra. Se non mediante la nascita di un partito politico, almeno nello stato d'animo di una popolazione il cui disgusto e la cui impazienza aumentano e che non ne può più di una crisi politica senza uscita."Mi fa pensare che, alla fin fine, la crisi che stiamo vivendo è prima di tutto della democrazia, della politica (con la mente vado all'altra, ben più grave, notizia politica di questo momento: imorti di piazza Tahrir.). Forse non ci crediamo più, che possiamo trovare il modo di vivere insieme. E invece possiamo, maledizione se possiamo.

da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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