Bimba affidata a coppia omosessuale: uno “scandalo” per il mondo cattolico.

Creato il 22 novembre 2013 da Cagliostro @Cagliostro1743

Solo in Italia la notizia dell’affidamento temporaneo di una bambina di tre anni ad una coppia omosessuale a cui era legata da rapporti affettivi poteva creare tante polemiche e discussioni.
Non basta che la coppia sia definita dai servizi sociali che hanno esaminato il caso come stabile e affidabile (anche economicamente) e non basta che il provvedimento sia temporaneo e che la bimba potrà continuare a frequentare la madre: per il mondo cattolico tutto questo è uno “scandalo”.
Il primo intervento non viene da un esponente cattolico ma “laico” come l’ex parlamentare del Pd Mario Adinolfi: «Ho una figlia di tre anni, esattamente la stessa età della bimba che il tribunale dei minori di Bologna ha deciso di affidare a una coppia di omosessuali. Credo di comprenderne alcune dinamiche psicologiche in maniera piuttosto approfondita e mi trovo d’accordo con il procuratore minorile della Repubblica che, concentrata sul benessere della bimba piuttosto che su ottenere uno spot sui giornali, si era detta radicalmente contraria all’affido della treenne alla coppia gay ritenuta “non all’altezza”». Si apprende con piacere che Adinolfi oltre che esperto di poker è anche esperto di psicologia dell’infanzia.
L’ex parlamentare continua: «Una bimba di tre anni in condizione di disagio familiare ha prima di tutto bisogno di una figura materna, di una donna da chiamare “mamma” a cui poteri affidare. Non le serve a niente un finto genitore 1 accoppiato con un finto genitore 2. Chi non capisce questo in realtà se ne frega dei bambini e combatte solo una stupida battaglia ideologica. Una battaglia regressista e non di sinistra. Chi è di sinistra sta con i più deboli e in questa storia bolognese il più debole è la bambina di tre anni». Adinolfi usa il termine “genitore” ma forse dimentica che – in un provvedimento temporaneo di affidamento – nessun legame viene reciso con i genitori naturali della minore ma evidentemente chi ha deciso (ivi compresi gli assistenti sociali e gli stessi genitori) che nel caso specifico l’affidamento a quella coppia persone amiche della madre fosse la soluzione migliore per la bimba «se ne frega dei bambini e combatte solo una stupida battaglia ideologica». E pazienza se non si conoscono neanche le motivazioni o le persone che hanno stabilito questo: in ogni caso è da interpretarsi come «una stupida battaglia ideologica».

Il mondo cattolico denuncia la “poca trasparenza” del procedimento di affidamento: la rilevante “anomalia” consisterebbe che in un primo momento ad aver firmato a favore della coppia omosessuale fosse stata solo la madre della bimba (il padre ha firmato successivamente) e che resta dubbio se l’affidamento sia stato fatto alle due persone come entità singole o come coppia. Questione di “lana caprina” insomma e sia su Avvenire che su Tempi emergono due elementi molto importanti: la bambina è stata affidata alla coppia omosessuale con il consenso di entrambi i genitori e l’omosessualità della coppia è un fattore irrilevante.

Una decisione che comunque non è piaciuta al mondo cattolico: «Abbiamo in Italia tante coppie che hanno chiesto in adozione o in affido un bambino. È sorprendente che non ci fosse qualche altra famiglia idonea e con capacità», afferma Paola Binetti, deputata Udc-Sc. Dello stesso parere anche Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari che da Avvenire tuona: «Di sicuro il bene per la bambina sarebbe stato, una volta accertata l’impossibilità di rimanere coi genitori naturali, essere accolta da una famiglia preparata e selezionata come idonea a ricevere un minore in affido temporaneo. Possibile che non ci fosse una famiglia disponibile all’affido? Nelle nostre associazioni ci sono centinaia di coppie pronte all’accoglienza, delle quali diverse si sono fatte avanti proprio in queste ore, possibile che il giudice non ne abbia incrociata nessuna?».
Anche Mario Dupuis, fondatore del centro di accoglienza per minori “Ca’ Edimar” di Padova, intervistato da IlSussidiario.net ha la stessa idea: «Non ci credo che i servizi sociali di Bologna non abbiano trovato delle famiglie disposte all’affido e all’adozione. Per esempio potevano rivolersi a noi di “Ca’ Edimar” e noi una famiglia gliel’avremmo trovata». Nonostante Dupuis parli di adozione in questo caso era fuori discussione resta il dubbio se affidare una bambina di tre anni ad una coppia di sconosciuti fosse meglio che affidarla ad una coppia di persone con cui aveva già dei rapporti affettivi e che gode della fiducia dei genitori naturali.
Rimane irrisolto un forte enigma: se esistono in Italia «tante coppie che hanno chiesto in adozione o in affido un bambino» così come afferma Paola Binetti e se «ci sono centinaia di coppie pronte all’accoglienza» così come dice Francesco Belletti come mai esistono le case famiglia in cui vengono ospitati i minori? Un “mistero della fede”, una fede un po’ “omofoba” in questo caso e molto “contorta” visto che anche Tempi (che di certo non è “gay-friendly”) titola “Crollano adozioni e affidi, impediti dalla burocrazia ma non solo: «È la cultura dell’accoglienza che viene meno»” ed a Tempi.it Marco Mazzi, presidente di Famiglie per l’accoglienza afferma: «Si fa fatica a trovare famiglie anche solo per l’affido».

Non si “arrende” invece il leghista Salvini: «E’ assurdo, pare davvero ci sia qualcuno che vuole un mondo alla rovescia. Tutto questo avviene quando le coppie, quelle ‘banali’ e composte da uomo e donna, aspettano anni e spendono cifre folli per un’adozione o un affido. C’è qualcuno che vuole un mondo al contrario, ma io non mi arrendo: Tradizione, Identità e Comunità sono il futuro». Amen.

Appare un mondo cattolico un po’ confuso anche nel rispetto della legge che ha portato all’affidamento alla coppia omosessuale. Sempre da Avvenire interviene a gamba tesa Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari: «Perfino la Procura era contraria, ma il giudice minorile di Bologna ha tirato dritto, decidendo di affidare una bambina di tre anni ad una coppia omosessuale. (…) È bastato piegare la norma all’ideologia del ‘genere’ che diventa criterio unico anche per scelte che dovrebbero tenere unicamente conto del benessere del minore».
Non può essere contento ovviamente l’ultracattolico senatore Giovanardi intervistato da Repubblica: «Ricordo che la legge italiana consente l’adozione soltanto a coppie regolarmente sposate, mentre per l’affido nessun legislatore poteva immaginare che l’inventiva dei tribunali potesse arrivare al punto di ipotizzare che un minore possa essere affidato ad una coppia gay per tornare poi alla famiglia di origine o essere adottatato da una famiglia che per legge (approvata a suo tempo da un governo e un parlamento di centrosinistra) deve essere composta da un uomo e da una donna».
Sull’organo della Cei dello stesso parere la Comunità Papa Giovanni XXIII: «Si è andati oltre i principi di legge ma soprattutto contro il diritto di ogni bambino di crescere tra le braccia di un papà e una mamma, quelli che lo hanno generato, o un’altra coppia genitoriale, maschio e femmina, che sostituiscano temporaneamente i genitori naturali finché ce n’è bisogno».
Il quotidiano dei vescovi italiani riporta il simile pensiero di Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente dell’associazione Scienza & Vita: «Ancora una volta, si tenta di introdurre surrettiziamente per via giudiziaria ciò che il legislatore non ritiene opportuno prevedere».
Di tutt’altro avviso Assuntina Morresi sempre su Avvenire: «Siamo certi che l’affido della bambina di tre anni a una coppia gay da parte del Tribunale dei Minori di Bologna sia stato fatto nei termini formalmente consentiti dalla legge. Per l’affido, infatti, si può ricorrere anche a persone diverse da coppie sposate. Possono essere singoli, ma anche cosiddette “case famiglia”, sia di istituzioni pubbliche che di soggetti privati, e l’omo o eterosessualità degli adulti che si fanno carico dei bambini non è presa in considerazione».
Sembra quasi che il mondo cattolico non solo non sappia decidersi se esistano centinaia di famiglie che vogliano avere in adozione un bambino ma anche se, nel caso specifico, la legge sia stata rispettata o meno.

Sarebbe bastato semplicemente leggere il decreto del Tribunale dei minorenni del 31 ottobre 2013 per apprendere che «nel caso concreto, in virtù delle considerazioni compiute, si deve ritenere che la circostanza per cui i due componenti della coppia affidataria abbiano lo stesso sesso non possa considerarsi ostativo all’affidamento della minore» anche considerato che «come rilevato dalla recente giurisprudenza di legittimità, in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale, soprattutto in relazione ad un istituto di carattere strettamente temporaneo come quello dell’affidamento consensuale». La recente giurisprudenza di legittimità a cui fa riferimento il Tribunale dei minorenni è la sentenza 601/2013 della Corte di Cassazione.
Cadono nel vuoto anche le critiche di chi riteneva che la minore potesse essere affidata ad un’altra coppia in quanto «non paiono decisive le doglianze per cui non sarebbero state documentate ed esplicitate l’effettuazione nonché le modalità di una comparazione tra diverse coppie aspiranti all’affido, trattandosi di procedura tipicamente riferibile all’istituto dell’adozione» mentre è chiaro che «la coppia affidataria, al di là delle proprie aspirazioni ad una paternità, sia ben consapevole del proprio ruolo non sostitutivo bensì di supporto alla genitorialità della madre la quale frequenta regolarmente la loro casa assieme all’altra figlia e si è espressa in termini molto positivi sull’andamento dell’affido».
Inoltre «l’obiezione per cui mancherebbe il consenso formale all’affido della figlia da parte del padre (…) è superata dalla documentazione acquisita in sede di istruttoria».

Davanti alle molte polemiche i giudici hanno sottolineato che il «susseguirsi di notizie» comparse sui media «non può che danneggiare la tranquillità di vita» della bambina consigliando di «contenere eventuali ulteriori prese di posizione nelle più appropriate sedi giudiziarie».
Ciò nonostante il mondo cattolico ha dato fuoco alle polveri vedendo nel caso specifico una “strategia” della fantomatica “lobby gay”.
Su Avvenire Assuntina Morresi è “preoccupata” per «il modo in cui la notizia è stata presentata all’opinione pubblica»: «si è enfatizzato l’orientamento sessuale della coppia e la loro relazione sentimentale (…), e quindi si è “legittimata” la loro unione affettiva “al pari” di una eterosessuale». Forse ad enfatizzare (o a demonizzare) l’orientamento sessuale è stato soprattutto il mondo cattolico visto che – per i giudici – l’omosessualità della coppia è del tutto ininfluente.
Continua la Morresi: «Non bisogna certo avere chissà quale malizia per vedervi l’ennesima bandiera a favore dell’approvazione del matrimonio fra coppie dello stesso sesso, a partire, questa volta, da quello che di solito è il punto di arrivo dell’equiparazione fra coppie omo ed eterosessuali, e cioè la possibilità di avere figli riconosciuti “appartenenti” alla coppia stessa».
Sullo stesso organo interviene la la psicologa Vittoria Maioli Sanese: «Il rapporto di cura è profondamente umano e questa può essere elargita da chiunque, il problema è se l’ambito di cura ha la pretesa di diventare ambito genitoriale».
Sempre su Avvenire è simile il pensiero dell’associazione Scienza & Vita: «Questo affido riveste un chiaro valore simbolico e l’enfasi nella divulgazione del fatto avviene esplicitamente con l’intento di dare un preciso segnale alla politica che si trova a confrontarsi sul tema delle unioni omosessuali. Ancora una volta, si tenta di introdurre surrettiziamente per via giudiziaria ciò che il legislatore non ritiene opportuno prevedere. In questo caso la modalità è tanto più sconcertante perché viene fatta sulla pelle dei bambini».
Sulla Nuova Bussola Quotidiana interviene Tommaso Scandroglio: «Se poi per ipotesi il magistrato ha pensato di qualificare la coppia gay come “famiglia”, basterebbe il dettato costituzionale all’art. 29 per ricordare al signor giudice che allo stato attuale l’unica famiglia esistente dal punto di vista giuridico è quella formata da un uomo e una donna uniti in matrimonio». Continua Scandroglio: «Dietro allo sbandierato “interesse per il bambino” si cela invece l’interesse esclusivo degli adulti. (…) Affidare una bambina poi ad una coppia gay esaudisce i desideri della coppia, ma non soddisfa di certo (…) i bisogni del minore».
Anche Alda Maria Vanoni su IlSussidiario.net scrive che la legge che regola l’affidamento familiare «non prevede alcuna coppia di fatto, né etero, ne omosessuale» mentre resta il «fastidioso dubbio che in realtà si sia partiti dal desiderio dei “due omosessuali” che adesso “festeggiano”».
A prescindere dal “vedervi bandiere” a favore del matrimonio omosessuale (o magari a esserne terrorizzati) bastava leggere il decreto del Tribunale per capire come la coppia in questione – onestamente – non voglia assolutamente sostituirsi ai genitori naturali. Inoltre è proprio la normativa vigente a prevedere che nell’affido il minore possa essere affidato ad una coppia che – come scritto nel decreto del Tribunale per i minorenni del 3 luglio 2013 – potrebbe essere «persino un nucleo composto da due consanguinei del medesimo sesso». Alle volte basterebbe solo leggere i decreti e la normativa di riferimento per commentare in maniera più appropriata. Sorprendente non solo come il mondo cattolico voglia giudicare la situazione non prendendo in considerazione i decreti del Tribunale ma anche come riescano a “percepire” lo stato d’animo della coppia che ha ricevuto in affido la bambina nonostante i due non abbiano mai rilasciato dichiarazioni.

Anche Mario Dupuis, fondatore del centro di accoglienza per minori “Ca’ Edimar” di Padova, intervistato da IlSussidiario.net ha ben chiara la situazione della coppia: «La cosa che non mi trova d’accordo è il fatto che questi due uomini per il fatto di stare insieme perché si vogliono bene (…) credono forse di poter dare a questa bambina non solo la propria figura adulta, ma anche una vita famigliare». Continua Dupuis: «Non ho letto la sentenza ma mi sembra che sia stata una scelta ideologica fatta proprio in modo forse un po’ provocatorio». Insomma per quale motivo bisogna leggere le sentenze (quella del Tribunale dei minorenni non è una sentenza ma un decreto) per “sentenziare” che è una scelta “ideologica” e forse un po’ “provocatoria”? Se si tratta di omosessuali ogni scelta deve per forza di cose essere “ideologica”.

Significativo – in quanto viene da un “giurista cattolico” – il commento su Tempi di Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dei Giuristi cattolici, che si domanda: «È possibile che in una città come Parma, residenza della minore, non si siano trovate famiglie, conformi all’art. 29 della Costituzione, preferibilmente con figli minori, disponibili a ricevere la minore in affidamento?». A prescindere da quello che veramente recita l’articolo 29 della Costituzione basterebbe leggere il decreto del Tribunale per capire che «nel caso concreto, il Servizio Sociale ha motivato la scelta di una coppia senza figli ritenendola funzionale ad un progetto volto ad evitare l’insorgere nella minore di una confusione di ruoli (paventata anche tra i motivi del reclamo), evidenziando che la bambina proviene da un nucleo monogenitoriale ove già esiste una sorella, ed ha chiari i suoi riferimenti parentali».
Il giurista continua a porsi le “sue” domande: «La scelta di optare per l’affidamento della minore verso due uomini di mezz’età omosessuali non afferisce per caso a una gestione autoreferenziale e ideologica della vicenda da parte dei servizi sociali e dunque del Tribunale per i minorenni?». Insomma pur non sapendo chi siano gli assistenti sociali che hanno ritenuto che questa soluzione fosse la migliore possibile bisogna – in ogni caso – sospettare che la loro decisione sia di natura “ideologica”.
Continua Cerrelli: «Il Tribunale per i minorenni ha tenuto veramente conto del bene integrale della minore che è indubbiamente propiziato dal fornire alla stessa figure genitoriali di riferimento complementari e differenti, come indica e suggerisce la natura?». La risposta la si trova sempre nel decreto del Tribunale in cui si legge che la bambina «ha chiari i suoi riferimenti parentali».
Ovviamente non poteva mancare la stoccata alla coppia omosessuale (che nella polemica è rimasta del tutto anonima e silente proprio per tutelare la minore): «Il Tribunale non ha forse privilegiato il “diritto al figlio” da parte degli adulti, piuttosto che il vero bene della minore, preso atto che i due affidatari, durante l’interrogatorio loro effettuato, hanno manifestato, in modo evidente e prevalente, l’interesse ad esaudire primariamente il loro desiderio di genitorialità, piuttosto che il bene della minore?». Forse Cerrelli dovrebbe prima di tutto capire che quanto da lui chiamato “interrogatorio” è (così come risulta nei decreti del Tribunale) un “colloquio”: la coppia è stata sottoposta a nove colloqui (che non sono interrogatori) ed ad una visita domiciliare. La giusta terminologia è importante se si vuole giuridicamente analizzare un decreto di affidamento. Inoltre – come riportato nel decreto – è chiaro che la coppia affidataria non voglia sostituirsi ai genitori mentre è incomprensibile come Cerrelli possa scrivere che i due «hanno manifestato, in modo evidente e prevalente, l’interesse ad esaudire primariamente il loro desiderio di genitorialità, piuttosto che il bene della minore»: non risulta in nessun decreto del Tribunale e l’ipotesi che Cerrelli abbia assistito a quelli che definisce “interrogatori” è alquanto improbabile.

Nell’inevitabile discussione è intervenuto anche il Garante per l’Infanzia, Vin­cenzo Spadafora: «È ormai giunto il momen­to che nel nostro Paese si apra un dibattito in tema di diritti civili e quindi anche un con­fronto sulle adozioni alle coppie omosessua­li». Piccata la replica del deputato del Nuovo Centrodestra (fu Pdl) Eugenia Roccella: «Se volesse garantire davvero l’infanzia invece di fare di­chiarazioni ideologiche dovrebbe chiedere al Tribunale di Bologna qual è il modello di fa­miglia che si vuole trasmettere alla bambina. Dovrebbe chiarire in quale punto della legge si prevede esplicitamente la possibilità di af­fidare un minore a una coppia omosessuale». Sarebbe bastato leggere i decreti del Tribunale per capire che la legge non prende affatto in considerazione l’orientamento sessuale di una coppia o di un single a cui viene affidato un minore. Forse il modello di famiglia che il Tribunale vuole trasmettere è una famiglia che riesce a decidere cosa è meglio per i propri bambini infatti – alla fine di questa vicenda – resta solo un interrogativo: come mai il mondo cattolico – che sempre sostiene l’importanza dell’unità familiare – accende il fuoco alle polveri nel momento in cui due genitori, nell’impossibilità temporanea di curare la propria bambina, decidono in quella che di certo è stata una sofferta decisione che quella coppia di amici omosessuali che la bimba considera come degli zii può garantire quel benessere che ha bisogno? Le decisioni dei genitori fatte nell’interesse dei propri figli e con l’approvazione e la supervisione degli assistenti sociali non dovrebbero essere sempre rispettate? Il più che fondato dubbio è che non sia “ideologica” la decisione del Tribunale (perché se così fosse dovrebbe essere anche quella dei genitori) ma sia ideologica la reazione del mondo cattolico che va in escandescenze nel sentire che un minore può stare bene anche con una coppia omosessuale. Perché – come dimostra la storia di una bambina da cinque anni affidata ad una coppia lesbica – si può stare bene anche con due mamme: tutte e tre stanno bene, sono serene e felici. Riescono a farlo perché vivono la loro vita in silenzio senza che ci siano persone – in preda ad un “moralistico voyeurismo” – che stiano a giudicare la loro vita.


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