Biodiversita' da tutelare: conviene, anche economicamente

Creato il 23 maggio 2011 da Alessandro @AleTrasforini

"Quando l'ultima fiamma sarà spenta, l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce catturato, solo allora capirete che non si può mangiare denaro!" Mai più attualmente di oggi, in una fase storica e contemporanea nella quale risorse e potenzialità del pianeta vengono bruciate a gran giornate, si rilancia un allarme che non deve mai passare di moda.  Non servono giornate commemorative o del ricordo per la fauna che è stata o per la flora che fu, ma occorre quantificare in termini economici (fin troppo cari all'uomo, nds) il valore di ciò che si rischia concretamente di perdere ogni secondo di più. Su questi termini si è mosso il report presentato da Legambiente al convegno Terrafutura. Stando ai contenuti essenziali, si è rilevato che la perdita di biodiversità potrebbe comportare al 2050 una perdita di PIL globale prossima a circa il 7%.  Tali tendenze vengono confermate anche dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, secondo la quale il ritmo con cui la Terra sta perdendo lo straordinario patrimonio di diversità sia animale e vegetale è prossimo ad indici più veloci del normale di circa 100/1000 volte.  Secondo la FAO i numeri di questa devastazione sono tuttavia ancora peggiori se visti sul lungo termine:
  • 60% degli ecosistemi mondiali è ormai degradato;
  • 75% degli stock ittici sono troppo sfruttati;
  • dal 1990 si è assistito alla perdita di circa il 75% della diversità genetica delle colture agricole a livello mondiale;
  • 20% delle barriere coralline già scomparso nei paesi tropicali, mentre il 95% di ciò che rimane rischia di scomparire entro la data fatidica del 2050;
  • in Europa solo il 17% delle specie e degli habitat e l'11% degli ecosistemi principali sono in condizioni accettabili;
  • dal 1990 il numero delle specie comuni di uccelli è diminuito di circa il 10%, raggiungendo il 15%-20% in meno per uccelli e specie comuni che abitano i boschi.
Dati che non equivalgono, comunque, ad un pessimismo completamente oscuro: "Nonostante ci sia ancora moltissimo lavoro da fare – ha dichiarato Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente - ci sono alcuni segnali incoraggianti che arrivano da progetti specifici, realizzati ad esempio dalle Aree Protette, che dimostrano il valore e l’efficacia di queste istituzioni per la conservazione della natura e la salvaguardia delle specie a rischio. La tutela dei territori – aggiunge Nicoletti – è infatti una strategia efficace per contenere la perdita di biodiversità e non una limitazione libertà degli individui." In questo contesto dall'Italia ci si aspetta davvero moltissimo; il nostro Paese è infatti un laboratorio ideale per sperimentare progetti di conservazione visto che  grazie alla grande varietà di zone climatiche e paesaggi, conserva circa un terzo della biodiversità attualmente presente in tutta Europa: circa 58mila specie, di cui 55mila invertebrati, 1.812 protozoi e 1.258 vertebrati. Inoltre, l’Italia ospita circa la metà delle specie vegetali presenti nel territorio europeo: quasi 7mila specie. Anche la flora biologica italiana, comprendente muschi e licheni, è una delle più ricche d’Europa con 1.130 specie, di cui 851 muschi e 279 licheni. Alla luce di questi motivi, in vista del medio-lungo termine dettato dal Protocollo di Nagoya, praticare la salvaguardia dell'ambiente conviene. Specialmente in termini economici, per chi fosse interessato. 
Fonte:  http://ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2011/05/21/visualizza_new.html_846964311.html http://www.legambiente.eu/dettaglio.php?tipologia_id=3&contenuti_id=2761


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