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- Scritto da Sara Barbieri
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 04 Febbraio 2015
Sfoggiando una tecnica da manuale (il film è girato quasi completamente in un apparente piano-sequenza), Iñárritu stigmatizza i molti vizi e le poche virtù di un mondo cinico e spietato, popolato di personaggi bizzarri e disperati che si fanno archetipi: il maturo attore consacrato ai blockbusters che non vuole rassegnarsi al tramonto, l’artistoide intellettuale portatore di una verità assoluta (sul palcoscenico) e fallito nella vita, l’avvocato maneggione disposto a tutto pur di emergere, la figlia tossica che vive all’ombra di un padre ingombrante. Tra realismo (gli esilaranti e veritieri siparietti di Thomson con la troupe che lo circonda) e simbolismo (la metafora dello stesso Birdman, l’uomo uccello che sogna di volare alto, sorta di Icaro che rischia di bruciarsi in nome dell’arte), il film è rivelatore anche e soprattutto nella denuncia dell’industria hollywoodiana, ormai devota a un pubblico superficiale e a opere di puro impatto spettacolare, evidente nella dicotomia teatro-cinema, e nelle stoccate da manuale al mondo della critica («Voi non giudicate, etichettate»).
Interessante, quando non inquietante, l’uso funzionale di un cast da urlo: uno strepitoso Michael Keaton si mette volontariamente alla berlina, identificandosi totalmente nel suo personaggio e riflettendo sulle sue scelte attoriali (impossibile non pensare al Batman di Tim Burton), Edward Norton ironizza sulla sua fama di attore scomodo e borderline; significativo il cameo di Robert Downey Jr., ormai eroe dei comic movies nei panni di Iron Man.
Un’opera strutturata e complessa, densa di significato, resa ancor più avvolgente dalla strepitosa fotografia del messicano Emmanuel Lubezki e dalla colonna sonora in odore di jazz di Antonio Sanchez.
Voto: 3/4