Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

Creato il 09 febbraio 2015 da Jeanjacques

E' brutto da dire, ma nella tua carriera di spettatore arrivano quei momenti in cui ti dici: dai, ormai ho visto tutto il fattibile. E cosa ancora peggiore, arrivano anche quei momenti in cui arrivi persino a credere in queste cose. Perché cos'altro può esserci di nuovo quando hai speso gran parte del tuo tempo a leggere libri, fumetti e guardare film? Le storie a lungo andare finiscono così anche come i modi di raccontarle, quindi ora che ti sei visto i tuoi cult ed hai stilato la tua topten, rimane altro? Fortunatamente sì. Come scriveva Philip Pullman, senza storia non saremo nessuno, perché in quanto esseri umani ne necessitiamo più di qualunque altra cosa. Le storie sono in continua evoluzione, sono il riflesso di un'epoca e variano in base ad essa. Sembrava che il nuovo capitolo, o almeno, il primo capitolo di questa stagione 2015, a detta di molti colleghi blogger decisamente più capaci di me, sia stato segnato proprio da questo Birdman, ultima fatica del regista messicano Alejandro Gonzales Iñàrritu, che aveva raccolto una sfilza tale di consensi da far pensare al nuovo 2001. Una sfilza tale che mi ha messo addosso una scimmia non indifferente e che mi ha spinto a volerlo vedere a tutti i costi al cinema, perché sembrava proprio una di quelle esperienze che vanno vissute tramite l'ausilio di un grande schermo e del buio di una sala cinematografica. Come al solito però nella mia zona non era stato distribuito - per dire, avevano tenuto La grande bellezza per solo un giorno - e per poterlo vedere mi son dovuto fare, insieme a un amico cinefilo, ben mezz'ora di macchina...

Riggan Thompson è un attore che aveva conosciuto il successo interpretando il supereroe Birdman per ben tre film. Dopo il nulla. Per rilanciare la sua carriera ha intenzione di portare a Broadway un suo adattamento di un racconto di Raymond Carver, ma tutto sembra essergli contro: imprevisti vari, beghe con la figlia, attori fin troppo estroversi e, non ultimo, proprio lo spettro di Birdman, che lo perseguita ogni giorno...

Nietzsche diceva che bisogna avere il caos dentro di sé far far nascere una stella che balla. E data tutta la confusione che mi ha dato questo film, entro stasera mi aspetto di vomitare arcobaleni. Perché non ho avuto subito un'impressione chiara di quello che avevo visto, non appena i titoli di coda hanno iniziato a scorrere, ma proprio un senso di confusione vero e proprio. Quindi di caos. Quello che ho visto è un capolavoro oppure una cagata pazzesca? Quel finale cosa avrà voluto dire? Ma parla veramente di quelle cose oppure sono io che non capisco una fava come al solito? E pensando alla sensazione di già visto descritta sopra, film come questi dalle mie parti vengono promossi a priori, perché spesso la confusione è proprio ciò di cui necessitiamo. La vera bellezza sta nel caos e nell'ordine che puoi mettere in esso, così come nel mettere in ordine le mie idee nel ritornare verso casa, ho compreso che questa ultima fatica del regista messicano mi era davvero piaciuta un botto. E proprio per via di quella confusione, perché è una confusione buona, una confusione che ti spinge a cercare dei chiarimenti e che fa così vivere l'opera, che non si ferma solo a livello di bello o brutto, ma ti spingono ad andare oltre, facendolo vivere di conseguenza. Così come cerca di andare oltre il protagonista, che vuole dimostrare a tutti i costi di saper recitare anche in opere così lontane dai canoni hollywoodiani ai quali il pubblico era abituato a vederlo. E fra le altre cose, il film parla proprio di questo, del voler dimostrare a tutti i costi di fare qualcosa, della ricerca della celebrità e del consenso, anche se forse sono due fattori che andrebbero decisamente divisi. Ma in mezzo ci sono così tanti argomenti e tematiche che potrei stare qui a parlarne fino a domani. C'è il rapporto con la figlia, quello con la critica, quello coi fan e, soprattutto, quello con sé stessi. Così tante cose che normalmente avrebbero sovraccaricato una qualsiasi opera , facendola accartocciare su se stessa senza concludere alcun discorso. Qui invece tutte le parentesi vengono chiuse, forse perché vengono da un unico individuo: l'uomo. E' l'uomo che nasce e quindi è anche l'uomo che crea, non solo i fenomeni che molti altri suoi simili vogliono seguire, ma anche il proprio mito personale. L'uomo è quello che se ne fotte della qualità, è quello che vuole film tutti azione ed effetti speciali (alle volte mi riconosco pure io nella categoria) fregandosene di quella che è la vera arte, l'uomo è quello che se ne frega se ti sbatti per fare qualcosa di buono ma che invece si ricorda di te se passi per le vie principali in mutande. C'è questo e anche di più in questo film, ed è la perfetta riuscita che ne viene fuori a rendere così straniti. Quando alla fine il film, girato con un unico (a parte per due scene, il cui stacco è perfettamente funzionale), verte solo su un personaggio. Un uomo, piccolo, semplice e manco tanto bello a vedersi. Tutto sta lì, nelle sue insicurezze e nel suo volere disperato di dimostrare che è più di una maschera, quando forse la maschera più grande che ha creato è proprio tutta quella farsa, composta da mille altre persone che cercano di interpretare un ruolo non solo sul palco, ma anche nella vita vera. Realtà e finzione quindi si mischiano, perché forse nulla è veramente reale. La realtà è misera, piccola e brutta, per questo esistono i sogni e le storie, siano o non siano di supereroi. Ma persino la fantasia diventa un luogo poco ospitale quando tutte le cose finiscono per diventare uguali, dei prodotti fatti con lo stampino in un mercato che magari dell'ingenua meraviglia iniziale non ha più nulla. E' un mondo dove non puoi chiamare un attore come Fassbender perché è "impegnato col sequel del prequel di X-men", dove tutti vogliono mettersi un costume perché fa tendenza, lo stesso costume al quale Riggan vuole scappare. Quindi cos'è Birdman? Un film che parla di riconquista oppure una spietata analisi sul mondo del teatro e del pubblico medio di blockbuster? Nel dubbio io dico che è un film magnifico, diretto in maniera sublime e interpretato da attori in forma smagliante. E anche se Alan Moore dopo aver scritto Watchmen non ha più letto un fumetto di supereroi, questi continuano a esistere, forse sempre meno belli di prima, ma continuano a esserci. E alla fine ci sono poche cose da fare. Puoi unirti alla massa spettatrice, al sistema delle mega-produzioni, oppure puoi decidere di volare. Farlo alla tua maniera, qualunque cosa esso significhi, nella speranza che alla fine il tuo talento venga riconosciuto.

Sicuramente non avrò colto lo spirito giusto del film, ma è un'opera così devastante che credo non avrò per molto tempo le parole giuste per spiegarla. Nel frattempo quindi, dopo un maldestro tentativo, posso solo consigliarlo.Voto: 

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