“Il primario di una clinica specializzata, invece di tener fede al giuramento di Ippocrate, specula sulla (cattiva) salute dei pazienti. Un collega cerca di svelare la doppia faccia del professore ma finisce incastrato dalla lobby dei camici bianchi”
Che Zampa fosse più portato al cinema di denuncia (Il magistrato, Gente di rispetto) è, ad oggi, un dato di fatto. L’atmosfera asfittica, in odore di camera mortuaria di ogni speranza civile e sociale, rappresenta un evidente trait d’union nella sua filmografia più critica e meno consolatoria, tanto manichea nella messa in scena da sfiorare l’exploitation pura. Una sensibilità eccezionale nella scelta del cast aiuta ulteriormente gli intenti, tanto che risulta tuttora difficile invividuare una prova attoriale che svetti sulle altre: Ferzetti (il barone Daniele Vallotti) è in stato di grazia; Salerno è divino nel tratteggiare la personalità complessa del dottor Giordani, Senta Berger e Piera Degli Esposti semplicemente perfette. Complice non di meno la sceneggiatura amara (per non dire priva di speranze) dello stesso Zampa insieme a Massimo De Rita ed Arduino Maiuri. Una scrittura tesissima, talvolta di cattiveria inaudita, come nella sequenza della morte di un impiegato seguita dal dolore della moglie, un momento di emozione struggente. Tuttavia i dialoghi migliori sono affidati a Giordani/Enrico Maria Salerno, vero fulcro narrativo attorno al quale vegono elaborate le numerose stoccate al sistema sanitario Italiano, al potere criminale che la Democrazia Cristiana esercitava su di esso e non ultimo allo scandalo riguardante il traffico di sangue. Un film importante, attualissimo, che non nega mai la connivenza delle stesse istituzioni con il malaffare globale che interessa un tema delicato come la sanità nazionale.
Da riabilitare, anche e proprio per gli eccessi accusatori che lo contraddistinguono.
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