Avevo cominciato questo post tempo fa dopo aver visto su Netflix il documentario " Blackfish ", che racconta la drammatica storia dell'orca Tilikum del parco acquatico SeaWorld di Orlando in Florida, che nella sua più che trentennale vita in cattività ha ucciso diverse persone. Avevo scelto quel film senza sapere di cosa parlasse nello specifico, al di là del fatto che trattasse di orche. Io sono cresciuta guardando "Flipper" e "Free Willy", e durante i titoli di apertura di "Blackfish" ho confidato all'Avvocato come fosse sempre stato il mio sogno quello di fare l'addestratrice di delfini o simili.
Dire che sia rimasta sconvolta dal documentario è poco! Era sera tarda, volevo guardare qualcosa di leggero prima di andare a letto, e invece mi sono trovata incollata al televisore ad ascoltare i dettagli macabri della morte di diverse persone uccise da orche tenute in cattività. Chiamalo programma leggero che concilia il sonno! E direi che la voglia di fare l'addestratrice un po' mi è passata...
Le scene e le informazioni del documentario sono rimaste con me per i giorni seguenti. Ho cercato ulteriori dettagli e informazioni, e mi sono imbattuta in un mondo di contraddizioni. "Blackfish" dice una cosa e SeaWorld sostiene l'opposto. La famiglia di una vittima avanza una tesi, e il medico legale ne sostiene un'altra. Come sempre, internet può essere un enorme pozzo di informazioni, ma va tutto preso con delle pinze molto lunghe. Non basta sentire 1, 2, 10 campane: bisogna sentirle 1000 per farsi davvero un'idea oggettiva di un certo fenomeno.
A oggi non so quale sia la verità riguardo a Tilikum, SeaWorld e le altre questioni dibattute nel film. Quello su cui però "Blackfish" mi ha fatto riflettere è sulla condizione in cui vivono davvero orche, delfini, foche e tutti gli altri animali tenuti in cattività. In acquari, zoo, parchi di divertimento, circhi e quan'altro.
Io amo profondamente (quasi tutti) gli animali e provo dolore e schifo al pensare che animali intelligenti e sensibili come orche e delfini (per citarne solo un paio) siano costretti a passare la loro vita lontano dal loro branco, in un ambiente decisamente non adatto alle loro esigenze, e con una pressione psicologica così tremenda da fargli fare cose che in natura non farebbero mai. Basta pensare all'orca, il cui nome comune in inglese è killer whale: questo "temutissimo" predatore in natura non ha mai ucciso un essere umano (secondo wikipedia), mentre in cattività sono numerosi i casi di attacchi fatali e ancora di più quelli non letali. Insomma, viene da chiedersi perchè.... e viene davvero da mettere in questione il voyerismo e il senso di onnipotenza che ci portano a rinchiudere animale così grandiosi e selvatici in una boccia per pesci rossi.
E fin qui tutto bene, credo di non aver detto nulla di sbagliato.... Se non che durante il soggiorno della mia famiglia qui a Sydney siamo andati al Sea Life aquarium in città. Pioveva e faceva freddo, avevamo esaurito tutti i centri commerciali possibili, e l'acquario ci ha tentati come destinazione perfetta per il pomeriggio. Ma come, direte, dopo quello che hai scritto sopra vai all'acquario? Eh già. Sono umana anche io. Molto umana e molto piena di contraddizioni. Avrei potuto mandare loro da soli (d'altronde io all'acquario di Sydney c'ero già stata nel 2009), ma alla fine della fiera a me gli animali piacciono, e non perdo mai occasione per vederli, soprattutto se da vicino. E questo penso sia un problemi di molti.
Perchè è vero che gli acquari, così come gli zoo, sono il "male" per tante persone, ma è anche vero che per la maggior parte di noi sono anche il solo modo di vedere da vicino molti animali che altrimenti non vedremmo mai. E così mi sono lasciata tentare dalla possibilità di fare di nuovo un giro all'acquario e vedere come è cambiato dalla mia ultima visita.
In particolare non vedevo l'ora di tornare a salutare i miei amici dugonghi. Queste splendide mucche del mare mi hanno incantato la prima volta che li ho visti, e non sono stati da meno al secondo giro. Tornando a quello che dicevo prima, sono stata contenta di sapere che Pig e Wuru (i due dugonghi ospitati al Sea Life di Sydney) sono stati salvati da cuccioli: erano entrambi orfani e non ancora in grado di provvedere a se stessi. Inizialmente erano stati rimessi in libertà, ma entrambi non sono stati in grado di cavarsela da soli, e allora sono tornati al Sea Life, dove probabilmente passeranno il resto della loro vita.
Pig e Wuru sono gli unici dugonghi in cattività in Australia e due dei soli cinque al mondo. A vederli così sembrano animali tosti e resistenti: in realtà sopravvivono a furia di lattuga (e sono l'esempio vivente che pur mangiando solo insalata non si diventa magri!) e in natura sono una specie a rischio. Eppure l'Australia conta il maggior numero di esemplari, con circa 100.000 dugonghi che vivono nelle acque del nord. Chissà che spettacolo sarebbe incontrarne uno in natura!
Insomma, ho cominciato questo post e la visita all'acquario con mille riserve, pronta a indignarmi per le condizioni di vita delle tante creature rinchiuse qua dentro. Eppure ne sono uscita con il sorriso sulle labbra, perchè dopo tutto per me rimane una grande emozione poter vedere da vicino gli squali che tanto temo nell'oceano, i dugonghi che mi stanno tanto simpatici, gli ornitorinchi che non vedrei mai in natura, o i pesci tropicali che ho tanto ammirato alle Fiji. Dannata me!
Stay tuned per un racconto più dettagliato della mia visita al Sea Life di Sydney.