Blackjack - Recensione

Creato il 04 marzo 2016 da Lightman

Dolph Lundgren deve proteggere una bella modella minacciata da uno psicopatico in Blackjack, infelice e piatto action movie diretto nel 1998 dal grande John Woo per il piccolo schermo.

Jack Devlin, ex membro delle forze speciali, viene contattato da un vecchio amico, proprietario di un casinò, la cui figlia piccola è stata minacciata da una banda di mafiosi russi con il quale aveva fatto affari in passato. Jack, dopo aver salvato in un primo momento la bambina, diventa il suo padre adottivo in quanto i suoi genitori vengono uccisi. Alle prese con il suo nuovo ruolo, l'uomo rifiuta inizialmente la proposta di collaborazione di un collega / amico, attualmente a capo della sicurezza di una famosissima top model, minacciata da uno psicopatico. Quando il suo compagno viene gravemente ferito dallo stalker, Jack decide di seguire il caso, trovandosi però di fronte ad un grave problema alla vista: da tempo infatti è affetto da una rara forma di cromofobia, che lo porta a perdere conoscenza alla vista del colore bianco.

Into the white

Anche i più grandi registi hanno i propri scheletri nell'armadio, e Blackjack rimane senza dubbio tra i più grandi tonfi nella gloriosa carriera di John Woo. Già attivo da diversi anni oltreoceano, dove aveva diretto titoli spesso sottostimati come Senza tregua (1993), Nome in codice: Broken Arrow (1994) e Face/Off - Due facce di un assassino (1997), nel 1998 il maestro cinese si vide proporre il pilot di una potenziale serie tv di produzione canadese-statunitense, che poi non ebbe seguito rimanendo un capitolo a sé stante. Non è difficile comprenderne il motivo, dato che questo tv movie con protagonista il granitico Dolph Lundgren vive su una sceneggiatura imbarazzante, popolata di personaggi poco credibili e con tutti gli stilemi tipici delle peggiori produzioni per il piccolo schermo degli anni '90. In mezzo a questo marasma di situazioni forzate più volte all'involontario confine con la comicità (Lundgren ballerino su tutti), il cineasta sfodera una manciata di sequenze action di livello assai efficace, considerando anche l'esiguo budget di 7 milioni di dollari. Gli echi adrenalinici dei suoi titoli migliori emergono perciò a tratti, tra sparatorie al rallenty e spettacolari ed esplosivi inseguimenti in motocicletta, ma sono soltanto una goccia in un oceano di nulla, tra la modella da salvare che cerca in tutti i modi di farsi ammazzare, sfilate d'alta moda grossolane e farsesche citazioni al mondo teatrale, con Il fantasma dell'opera in prima linea. Anche l'espediente narrativo della cromofobia di Jack, sulla carta trovata interessante, viene sfruttato con poca inventiva, rendendo vuota la caratterizzazione del protagonista, già poco verosimile nel doppio ruolo di implacabile bodyguard e padre adottivo improvvisato.

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