Blob – fluido televisivo

Creato il 29 novembre 2011 da Theanonymato

Quanto è cambiata la televisione nel corso dei decenni che la separano dalla sua nascita? Tanto. Tantissimo. Non riusciamo a non sorridere riguardando vecchi programmi tv, che nella forma e nel contenuto paiono lontani anni luce rispetto a ciò che siamo abituati a fruire quotidianamente sul piccolo schermo.

Tappa importantissima della trasformazione di questo medium sono gli anni Settanta, periodo nel quale si comincia a parlare di “neo-televisione” e “flusso televisivo”. Nel 1974 Raymond Williams, nel suo importante testo sulla televisione Television: technology and cultural form conia appunto l’idea di flusso televisivo: una sorta di assemblaggio di frammenti eterogenei nel genere, incastrati tra loro senza soluzione di continuità, che creano un’emissione unica, che cancella la peculiarità di ogni elemento televisivo. Cosicchè il palinsesto diventa ricorsivo: la programmazione si sussegue ininterrottamente, le fasce orarie si dissolvono. I testi sono sempre meno unità indipendenti e tendono sempre di più, tramite rimandi, richiami, a legarsi tra loro e ad assomigliarsi per forma e contenuto. La compromissione e il rimescolamento dei generi passa anche attraverso il fenomeno dell’infotainment, cioè l’unione di information e entertainment: l’informazione è sempre più spesso inserita all’interno di una cornice di spettacolo, se non spettacolarizzata essa stessa e, al contempo, generi votati all’intrattenimento pretendono di fare informazione. Quest’ultima finisce così per subire il fascino della nuova televisione, che viaggia a ritmo di spot, video musicali, e programmi “contenitore”: i servizi devono durare poco, i commenti devono essere chiari e semplici, arricchiti da interviste, immagini che catturino l’attenzione, provocando emozioni forti.

L’avvento del telecomando e il moltiplicarsi delle reti porta ad un nuovo modello di programmazione: quello costruito dallo spettatore stesso che, sottrandosi alla logica delle unità testuali, assembla frammenti di programmi, realizzando percorsi autonomi che, più o meno coerenti, sono comunque conformi ai suoi gusti e sensibilità. Attraverso lo “zapping” chi guarda la tv non è più semplicemente “spettatore”, ma si ritaglia un ruolo attivo. Inevitabile allora a questo punto la citazione di un programma come Blob: ideato da Angelo Guglielmi, dirigente storico di Rai 3, e dai critici cinematografici Enrico Ghezzi e Marco Giusti (nonchè da un gruppo di altri autori), il programma inizia le sue trasmissioni il 17 aprile 1989, ed è tutt’ora in programmazione. Il titolo si rifà a Blob-fluido mortale, film fantascientifico del 1958, nel quale un fluido sconosciuto invade il mondo, raggiungendo e soffocando gli spazi vitali a partire dalle infrastrutture. Questo blob rappresenta a dovere il sistema gelatinoso in cui si stanno trasformando la televisione e la cultura italiana. Studiato montaggio di spezzoni audio e video tratti dalle programmazioni delle emittenti televisive italiane, ma anche straniere, blob ripropone l’idea del flusso, che tutto invade e che avvolge lo spettatore assuefatto; stavolta però le immagini, decontestualizzate e riproposte, perdono quell’alone di “normalità”, e ne viene svelata la totale assurdità.

Il flusso che quotidianamente lo spettatore crea con un uso quasi inconsapevole del telecomando, viene qui strutturato e come tale riproposto, mettendone così in luce le caratteristiche. Lo spettatore si trova così risucchiato nel turbinio di immagini che paradossalmente ha contribuito a creare nei giorni precedenti, attraverso l’uso smodato e talvolta casuale del telecomando. Una televisione che parla di televisione, attraverso frammenti di sè, ormai la vera unità di misura di questo medium. E di metatelevisione possiamo parlare anche per Fuori orario, idea dello stesso autore, che trascina lo spettatore in una sorta di viaggio onirico, nel quale il flusso, delle parole stavolta, crea una sorta di straniamento, uno scollamento tra ciò che si vede e ciò che si sente. Quasi a ricreare quella tv che, sempre accesa in sottofondo alla nostra quotidianità, vediamo ma non sentiamo, o viceversa, vediamo senza ascoltare.

N.M.


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