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Blog, Blogger, Blogging. A Passador e Calilli chiediamo come si declina la scrittura 2.0

Creato il 12 giugno 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Per questo numero settimanale, abbiamo deciso di approfondire una delle più diffuse professioni 2.0: il blogger.
Fino al Gennaio 2011 BlogPulse aveva conteggiato 150 milioni di blog attivi sul web. Difficile pensare fossero tutti ad opera di professionisti, certo. Ma secondo le stime di Forbes e di Dario Vignale, un blogger di successo può arrivare a guadagnare davvero molti soldi. Alcuni esempi sono Chiara Ferragni, nota fashion blogger, che arriva a fatturare con “The blond salad” 8 milioni di euro nel 2014, Beppe Grillo, che dal suo politico blog sforna milioni e milioni di euro ogni anno, Andrea Giuliadori, blogger più di nicchia, riesce a portare a casa una media di 20 mila euro mensili.
Sempre Dario Vignale nel suo spazop spiega che i guadagni dei blogger possono essere di due tipi: passivi, che sono imputabili direttamente al blog come i banner pubblicitari, le affiliazioni, i post sponsorizzati, infoprodotti; attivi, che non sono imputabili direttamente al blog bensì all’ecosistema, cioè le conferenze, i corsi e quant’altro.

Per approfondire l’attività di blogging abbiamo intervistato due blogger fra loro molto diversi. Il primo è diventato famoso grazie alla graffiante ironia diffusa dai giovani sui social, la seconda è diventata un’icona e un modello per tutte le mamme d’Italia.

Andrea Passador, fondatore del celebre blog “l’Oltreuomo” e Cristiana Calilli, owner del blog “Cento per cento mamma”.

Blog deriva da Web-Log. La contrazione in Blog iniziamo a leggerla verso i primi anni del 2000. Perchè, secondo voi, quando si chiamavano Web-Log nessuno voleva fare il Web-Logger?

ANDREA PASSADOR: “Perché era troppo lungo, è lo stesso motivo per cui nessuno adesso vuole fare l’operatore ecologico. Quando si diceva spazzino c’era molta più richiesta.”

CRISTIANA CALILLI: “Il blog è sta un risultato a cui si è arrivati dopo anni di comunicazione via web. In America il primo blog è del 1997, mentre Splinder, la prima piattaforma di blogging in italiano, è arrivata nel 2001. Di quegli anni mi raccontano storie mitiche di amori nati leggendosi reciprocamente, di poeti che condividevano la propria arte, di menti brillanti che ragionavano insieme di massimi sistemi. Quella community, molto piccola e molto forte, si è pian piano allargata, fino a diventare il fenomeno che è oggi. Chi ha vissuto gli albori del blog ne racconta come di qualcosa di totalmente diverso rispetto a oggi. Si è fatta moltissima strada in meno di 15 anni.
Quindi, per risponder alla tua domanda, per due motivi: non faceva figo e pochissimi sapevano cosa fosse.”

Le statistiche imputano alla mia generazione il primato di “non lettori”. I vecchi sostengono che noi giovani (io sono del ’92) leggiamo molto meno rispetto a loro. In realtà, invece che i libri, la maggior parte dei ragazzi tende a leggere su internet, e non si può negare che le parole siano sempre e ovunque solo parole. Secondo voi quanto ci vorrà prima che il testo digitale abbia pari dignità di quello cartaceo?

ADREA PASSADOR: “Solitamente le generazione più vecchie tendono sempre ad affermare il loro primato in qualsiasi campo, quello della lettura compreso. Io credo che forse i giovani d’oggi leggano molto più di un tempo, anche se, come hai detto tu, ciò che leggono è l’ipertesto di internet. Secondo me un paragone di dignità è sbagliato in base allo strumento di diffusione. Sarebbe più corretto un paragone di contenuto. Un romanzo di Flaubert è bello anche se letto in un sito -forse un po’ meno perché dopo un po’ devi mettere gli occhi in salamoia- così come una lista dell’oltreuomo sarà una nefandezza anche se raccolto in un Meridiano Mondadori.”

CRISTIANA CALILLI: “Sta cambiando la fruizione dei contenuti, come dici tu. Non saprei dire se si legga più o meno di un tempo, ma ciò che è certo è che la lettura su internet è più frammentaria, meno continua e meno coinvolgente. Gli studi dicono che quasi nessun lettore legge il testo sul browser per intero, ma saltella con gli occhi alla ricerca delle informazioni che gli interessano. Per quanto mi riguarda – ho 10 anni più di te – mi lamento spesso del fatto che non ho più tempo per aprire un libro e leggere, presa come sono a seguire i miei siti preferiti – e i social, lo ammetto. I libri digitali, in compenso, si stanno diffondendo velocemente, quindi credo che a breve almeno l’equiparazione e-book/libro cartaceo ci sarà.”

Quanto SEO c’è nei vostri testi? O meglio, quanto il tuo scrivere viene condizionato dall’essere google friendly. E, soprattutto, quanto, secondo voi, è importante esserlo se si vuole fare blogging ad un livello che non sia quello di zia Peppa che posta le ricette delle tagliatelle?

ANDREA PASSADOR: ” Sicuramente il SEO è molto importante per tanti blog e per tanti siti, quelli che cercano di attirare utenti in base alla ricerca dei motori. Il nostro caso è un po’ diverso, noi ci siamo sempre basati sui social per diffondere i contenuti perciò il SEO non l’abbiamo mai curato. Perciò rispondo alla prima domanda con: 0%. Se vuoi fare un sito con molti visitatori il SEO non è necessario, può aiutare, l’immagine di anteprima è molto più importante.”

CRISTIANA CALILLI: “Mettiamola così: il SEO è una cassetta degli attrezzi che aiuta a svolgere il lavoro con maggior efficacia. I tempi dei testi scritti “per Google” sono lontani, visto che finalmente l’algoritmo più misterioso della ricetta della Coca-Cola premia i contenuti scritti per i lettori. I miei articoli sono scritti per chi li leggerà, con qualche accorgimento per far sì che possano essere trovati, altrimenti non li legge nessuno.”

Uno dei grandi problemi accademici circa l’ipertesto riguarda la permanenza delle informazioni. Il web ci permette di accedere ad una grandissima banca dati e di scegliere fra una miriade di voci ma ciò che il web rende difficile è ritrovare quella stessa identica informazione 1 anno dopo. Da blogger come vivete il fatto che ciò che stai scrivendo potrebbe durare non più di sei mesi nelle ricerche?

ANDREA PASSADOR: “Rispondo sostanzialmente quello che ho scritto sopra. Noi abbiamo basato il traffico non sulle ricerche ma sui canali social, per questo mi è indifferente se non appaiono più dopo sei mesi. Quello che facciamo con gli articoli vecchi non è altro che riproporli nelle pagine per attirare utenti che magari non l’avevano letto. È anche un ottimo metodo per risolvere la giornata quando non hai voglia di scrivere.”

CRISTIANA CALILLI: “Non è sempre così. Ci sono articoli che ho scritto anni fa che continuano ad essere ben posizionati sui motori di ricerca. In linea generale però è vero, i testi per il web hanno vita breve. Per me questa è una sfida: continuare a produrre contenuti di qualità, raccontando me stessa e la mia maternità, attraverso le tappe della crescita delle mie figlie e mie.”

Il blogger è ormai una professione a tutti gli effetti; e sono molti gli scrittori, giornalisti, artisti che, parallelamente alle loro attività, investono tempo in un blog. Questo dimostra un’accesa tendenza del nostro tempo a condividere tutto, soprattutto ciò che si pensa. Alcuni vedono la tendenza a condividere come un’ossessione, che rischia di annichilire l’individuo. Pensate che il mondo sarebbe un posto migliore se tutti avessero un blog in cui condividere i propri pensieri con il mondo?

ANDREA PASSADOR: “Beh in realtà già adesso tutti hanno un blog dove condividono i propri pensieri, si chiama facebook, twitter, tumblr, eccetera. Uno status alla fine non si distanzia molto da un articolo, basta farlo un po’ più lungo. La condivisione secondo me è positiva perché a mio parere uno può condividere quel cazzo che gli pare senza che un altro sia costretto ad aprirlo. Non riesco proprio a capire chi si lamenta.”

CRISTIANA CALILLI: “Penso che se tutti scrivessero di se stessi – anche su un pezzo di carta, non è fondamentale avere un blog – il mondo sarebbe un posto migliore. Scrivere è una auto-analisi potentissima. Detto questo, tra scrivere contenuti ed essere un blogger c’è una bella differenza. Il blogger di professione è anche presente sui social, scrive per testate o altri siti, partecipa ad eventi e incontri sul proprio lavoro. Ecco, quest’attività non è per tutti, ci vogliono costanza, passione, competenze e tantissima voglia di lavorare giorno e notte.”

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