Ho usato anch’io il caro vecchio corpo-sui-binari.
ammette Grant – classe 1982 – nel richiamare il racconto di Stephen King “The Body” (da cui il celebre film “Stand by me” diretto da Rob Reiner), ma sottolinea che l’episodio autobiografico è avvenuto ben prima di venire a conoscenza del testo di King.
La vicenda, dopo un breve e significativo prologo, si sviluppa lungo un flashback che il protagonista, Christian, ormai maturo e disilluso, ricompone narrando uno spaccato della sua infanzia in cui molto di quello che ha sotto gli occhi nel presente – luoghi, personaggi, valori, dinamiche sociali – risultava all’epoca estremamente diverso. È uno stravolgimento drastico quello che ha colpito Bolton nel volgere di poco più di un decennio. Descritta come una cittadina fin troppo ordinata e pulita, una “città dormitorio” controllata da telecamere di sorveglianza, è ormai un luogo abbandonato dai vecchi abitanti e in mano a una strana e decadente popolazione di esseri blu dai lunghi tentacoli che passa le giornate a ingozzarsi di noodles.
L’avventura dei tre ragazzini risale al tempo dei primi avvistamenti di questi strani esseri. Questa scelta – ben calibrata per gli sviluppi del sottotesto metaforico dell’intera vicenda – consente a Grant di focalizzare l’attenzione su un momento ben preciso nel percorso che riporta indietro nel tempo il narratore: è questo il momento della diffidenza – velata di razzismo – in cui qualcosa di alieno irrompe nella vita ben ordinata di un villaggio di provincia, inizio della fine degli equilibri di Bolton.
Quando cominci a raccontare storie sulla tua vita sembra tutto più chiaro di quando lo stavi vivendo.
Questa difficoltà di comprendere e restituire il senso di ciò che è stato è l’ostacolo principale di Christian, testimone oculare e narratore tragico, uno degli ultimi “umani” in una Bolton ormai completamente stretta fra i tentacoli stranieri. Armato di rullo e pittura bianca, si affatica invano, come in una cieca coazione a ripetere, per tentare di coprire gli strani geroglifici alieni – incomprensibili come una lingua sconosciuta alle orecchie di chi non si è mai mosso dal suo angolo di mondo protetto – che le creature blu vanno lasciando un po’ ovunque, lungo le strade e i muri che attraversano.
L’iniziazione all’età adulta, rivissuta provando a fare luce sul proprio passato, diventa allora la somma di più curiosità/difficoltà, fra loro distinte ma collegate proprio attraverso il corpo dilaniato dello straniero: vedere, testimoniare e rapportarsi al diverso, necessario banco di prova anche per conoscere se stessi.
Queste tematiche, tenute insieme dalla passione per il surf – sport che agisce qui anche da splendida metafora del rapporto fra terra e mare, fra equilibrio dei corpi e forze naturali, come dimostra il saggio dell’autore che completa il libro – sono rese graficamente dal tratto ironico ed espressivo, pop nel senso migliore del termine, di Pat Grant.
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Una sorta di horror vacui si impadronisce di alcune delle tavole migliori del volume – tra cui alcune straordinarie splash page – concepite in formato orizzontale. Personaggi, oggetti, ambientazioni e elementi naturali compongono una realtà complessa e multiforme, facendo coesistere l’ironia espressiva e caricaturale dei volti e dei corpi con una resa precisa e dettagliata degli spazi e degli elementi che modellano questo microcosmo australiano.
La riduzione del cromatismo alle sole tinte marrone e azzurra (terra e mare, si direbbe, se le tonalità non fossero volutamente soffuse e antinaturalistiche) diventa quindi un espediente molto efficace per inserire le creature blu in un ambiente che, nonostante la diffidenza istintiva degli abitanti, possiede quel colore fra i suoi elementi costitutivi. Anche attraverso questo espediente, dunque, si intuisce la contiguità degli “alieni” rispetto al mondo che li accoglie e di cui ben presto si impossessano, aprendo forse uno spunto di riflessione ulteriore sullo statuto reale di questi esseri a prima vista tanto lontani nell’aspetto e nei costumi.
L’azione ripetitiva e priva di speranza di Christian – inutile imbianchino alle prese con un nuovo ordine che non gli appartiene più – sottolinea allora ancora una volta quanto sia difficile fare i conti con una lingua e una cultura diversa, se a dominare i rapporti con l’altro resta solo una fredda, rassegnata distanza.
Abbiamo parlato di:
Blue
Pat Grant
traduzione di Micol Beltramini
Edizioni BD, 2014
96 pagine, brossurato, colore – 13,00 €
ISBN: 9788866348184