Blue lines
Creato il 04 settembre 2012 da Stanza51
@massimo1963
Avete mai sentito parlare dei cartoncini Bristol?
Sono ritagli di carta disponibili in vari colori, prodotti appunto a Bristol ed utilizzati in tutto il mondo dagli amanti del decoupage
La città però non è famosa soltanto per i suoi cartoncini colorati da assemblare sugli oggetti che più ci aggradano. La sua storia è fatta anche di mercato degli schiavi - e questo non costituisce certo un motivo di vanto - traffico che, per fortuna, risale al diciassettesimo secolo. Il carattere multirazziale della città attuale è buon testimone di quel triste passato.
Quando Robert "3D" Del Naja, Grant "Daddy G" Marshall ed Andrew "Mushroom" Vowles (gli ultimi due, di colore) decisero - verso la fine degli anni ottanta a Bristol - di dar vita ai The wild Bunch, quei ritagli di cartoncino colorato caldi e materici, fatti apposta per fantasiosi e variopinti assemblaggi, si smaterializzarono per ricomporsi magicamente in qualcosa di astratto, etereo, dannatamente musicale.
Il trip-hop bristoliano nasce proprio dall'incontro di questi colori - della pelle e del cartone presente nei cromosomi - e si ritaglia subito un posto d'onore fra le avanguardie del pop-rock di quel periodo.
Col nome di Massive Attack, nel '91, i tre pubblicano il loro primo disco: Blue Lines, vero manifesto del Trip-Hop.
Io odio le definizioni relative ai generi musicali: la musica si dovrebbe distinguere unicamente in buona e non buona. Sono stato io stesso però - quasi inconsciamente - a parlare di trip-hop e dovrò pertanto espiare la mia colpa segnalando che il nome deriva dal movimento hip-hop newyorchese, commistione di musica nera e latina che esige gli spazi aperti - le strade metropolitane in particolare - per esprimersi al massimo. Tanto ritmo e tanto sudore che - nella sua magnifica deriva bristoliana - si attenuano fino a toccare note cavernose ed improbabili. Ecco dunque l'hip trasformarsi in trip: la ballad psichedelica (One love), il ricorso al lo-fi (tecnica d'invecchiamento delle sonorità che trova uno splendido esempio nell'intro di Lately), rapping appena sussurrato (perfetto sotto questo punto di vista il brano che dà il titolo all'album), il funky-soul retro "aggiustato" con lo scratching (Be Thankful For What You've Got), il reggae rallentato e cupo (Five Man Army).
Tutti questi stilemi musicali - presenti solo allo stato embrionale in Blue Lines - verranno poi sviluppati nelle opere successive. Mezzanine, in particolare, sarà un vero e proprio caleidoscopio del trip-hop e, probabilmente, anche il suo canto del cigno.
Blue Lines, dunque, s'impone all'attenzione mondiale come opera davvero innovativa (per i motivi appena citati) ma anche - se non soprattutto - per la magia degli arrangiamenti, la qualità delle voci e le ammalianti melodie.
Unfinished Sympathy, carica di eco ed imperniata su un loop infinito di synth, è interpretata magistralmente da Shera Nelson e finisce per essere addirittura una hit. L'introduttiva Safe from Harm, in cui il basso la fa da padrone in un giro carico di promesse funk mantenute fino alla fine del pezzo, è anch'esso cantato da Shera Nelson.
Tutto l'album, comunque, non perde mai quota. Perfino la conclusiva Hymn Of The Big Wheel, forse fra tutti il brano meno riuscito, riesce a dare nuovo colore e linfa alla musica Gospel.
Per concludere, una nota soggettiva che potrebbe però rivelarsi utile anche per voi.
Quando ho tempo e voglia, mentre le prime luci artificiali cominciano a far capolino nelle strade e nei palazzi della mia città, faccio partire questo disco standomene lì ad osservarle. Se il trip-(hop) funziona, le luci metropolitane inizieranno a pulsare in sincrono con la musica.