Torna quel pazzo di Giorgio con la sua rubrica di cult maledetti.
Dopo "Il bandito del Clistere" un altro film dal titolo che lascia pochi dubbi...
Ma, attenzione, questo è davvero una perla che solo lui poteva tirarci fuori, il primo film di Abel Ferrara.
Un porno.
Proiettato per la prima volta in Italia da pochissimi anni in una sordida ed imperdibile rassegna di cinema hard ed estremo (con tra gli altri, addirittura, un film di Gabriele D'annunzio)
Al solito, magnifico pezzo
NOTA: è l'unica recensione italiana del film
Il primo film di Abel Ferrara è un film porno semplice semplice ma con alcune caratteristiche che contraddistinguono la futura filmografia del regista.Proiettato per la prima volta a Roma nel 2007 in un caffè trasformato in saletta cinematografica, durante una rassegna del cinema porno o estremo e in mezzo a film muti come Saffo e Priapo (di Gabriele D’annunzio) e titoli come Guardami (di Davide Ferrario), mi attirò per la sua rarità e per l’assenza di informazioni in italiano.Inoltre, avevo sospettato che Abel Ferrara avesse a che fare con quel “cinema senza cinema”, visto che il suo primo film ufficiale, The Driller Killer, sembrava essere un soft-core di violenza che percorreva la strada ripugnante dei film di Shaun Costello.Avevo sospettato, in poche parole, che Ferrara fosse un birichino...
La storia è questa: Pauline (Pauline LaMonde) è una ragazza che ha vari incontri sessuali perché insoddisfatta del sesso con il suo ragazzo stabile (amplesso che si svolge in una stalla). Intanto si mantiene in contatto con sua sorella (Dominique Santos), la quale, in passato, l’accompagnò in un’esperienza sessuale incestuosa con il padre.Ma tre virus contaminano un’opera alquanto commerciale e il sangue del regista.1.La sequenza del sesso a tre tra padre e figlie caratterizzerà appieno lo stile di Abel Ferrara nei film seguenti: la possibilità di far coesistere il Cattolicesimo (all’inizio della scena il padre legge dei versi dalla Bibbia come un penitente) con i più beceri e grezzi personaggi che costituiranno il mondo del suo cinema, in una dimensione di redenzione o di coscienza dell’ineluttabile fine a cui si è destinati. In questo caso la provocazione è ironica e forte, legata al peccato, al male e al sesso incestuoso, stuzzicante per gli habitué del porno. Non a caso è lo stesso Abel Ferrara ad interpretare il padre con lo pseudonimo di Jimmy Laine, sebbene è probabile che sia stato contro-figurato nelle scene di sesso.
Al centro Abel Ferrara
3.Il terzo “virus d’autore” arriva nella parte finale. Il fatto che tutte le prestazioni sessuali, nonché il rapporto tra le due donne protagoniste, siano legate a spicciola cartomanzia e semplicistico esoterismo per mezzo di tre carte fondamentali (l’Imperatrice, simbolo della donna e della fertilità; l’Imperatore, simbolo della mascolinità e la carta del Diavolo, che rappresenta la materia, il peccato e l’incesto), sicuramente appare una notazione a margine che per gli spettatori dell’epoca non avrebbe avuto nessun interesse, se non per ficcarsi dentro il calderone di film porno sperimentali che giustificavano il sesso esplicito. Eppure, dal punto retrospettivo di ciò che ha creato Ferrara dopo, l’esigenza autoriale si sente e si inserisce anche all’interno del suo unico film porno, creando frammenti di una poesia sessuale/amorosa che rendesse elegiaco il rapporto tra anima e corpo (lo si può notare nella parte finale, in cui l’amplesso è intervallato da Dominique Santos che passeggia, mezza nuda, tra gli alberi, anima pia o quasi). In alcuni momenti sembra ricordare il primo film di Wes Craven, anche lui iniziato al porno mistico/sessual-incestuoso con Angela - The Fireworks Woman (1975).