BOB GELDOF - How to Compose Popular Songs That Will Sell

Creato il 12 giugno 2011 da Beppax

My Dad died as we finished this record. I had time to play it to him. "Not bad" He said. This album is dedicated to that magnificent man.

Shortly after I wrote the above my big sister died suddently also. She thought the record was “easily the best you’ve done (...)”. She was a beautiful and strong woman. The record is also in her abiding memory in this grief-sodden year.

Questo è quanto scrive Bob Geldof nelle liner notes di How to Compose Popular Songs That Will Sell.

I (pochi) album solisti di Geldof sembrano sempre essere collegati in qualche modo a periodi particolarmente sofferti della vita dell'artista.

Il precedente, bellissimo, Sex, Age & Death, risalente al 2002, nasce dal tentativo di esorcizzare i propri demoni a seguito della conclusione della tumultuosa relazione con Paula Yates, morta per overdose da eroina due anni prima, dopo aver lasciato il Nostro per Michael Hutchence, frontman degli INXS, anch'egli scomparso in circostanze tragiche (e squallide) qualche anno prima. Geldof dice che per incidere S, A & D ha dovuto «attraversare oceani di dolore e di tristezza» e descrive l'atmosfera che lo pervade come «esausta, sfatta, il suono di una notte intensa alle due meno dieci». Non si tratta però, come potrebbe sembrare, di un disco "depresso", anzi. Geldof reagisce con rabbia e amara ironia al dolore (ascoltate l'iniziale One for Me) e lascia un pezzo di anima in ogni traccia. Poi, per 8 anni, più nulla.

Oggi Bob Geldof è un signore di 58 anni e mezzo (come ci fa notare lui stesso al centro della copertina della sua ultima fatica), forse un po' meno esausto e sfatto, ma che si porta addosso un bel po' di cicatrici.

Il curioso titolo dell’album ricalca quello di un libriccino trovato ad una bancarella dell’usato, che promette di rivelare i segreti per comporre canzoni di successo. Non credo che il successo, nonostante il titolo, arriderà a questo album. Geldof non è (più) un bello e dannato, non è (ancora) un maledetto istituzionalizzato e pacificato alla Johnny Cash, troppo poco trandy per i rocksnob (Geldof chi? Quello di Live Aid?!?), troppo poco vendibile per tutti gli altri.

Eppure qui dentro, se avrete voglia di superare banali pregiudizi, troverete dei veri gioielli: la sabbiosa e serpeggiante How I Roll (forse apice del disco), i The The (chi se li ricorda?) apocrifi di Blow Fish, il blues malato in salsa voodoo di Systematic 6-Pack, la ballatona stonesiana Dazzled by You, la toccante (dico davvero) Mary Says che non sfigurerebbe in If I Could Only Remember My Name di Crosby, la watersiana Blow.


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