Magazine Società

Boccassini: fuori Berlusconi dalla vita politica, PER SEMPRE

Creato il 13 maggio 2013 da Tafanus
...se lo fanno fuori, mi faccio monaco buddista...
Boccassini: fuori Berlusconi dalla vita politica, PER SEMPRE
(cliccare sul parrucchino per aprire l'articolo)

Il pm Ilda Boccassini, al termine della requisitoria del processo Ruby, ha chiesto sei anni di reclusione per l'ex premier Silvio Berlusconi, imputato di concussione e prostituzione minorile. Il pm ha anche chiesto per il leader del Pdl l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La Boccassini ha spiegato che la "procura non ritiene che l'imputato Silvio Berlusconi debba meritare le attenuanti generiche, per "la gravità dei reati commessi". Se pensiamo ad esempio "alla concussione - ha aggiunto -, un reato gravissimo". Cinque anni sono stati richiesti per il reato di concussione, mentre uno per prostituzione minorile. Il 3 giugno prenderà la parola la difesa di Berlusconi, mentre un'altra udienza, probabilmente per eventuali repliche e sentenza, è stata fissata per il 24 giugno. Secondo l'avvocato dell'ex premier, Niccolò Ghedini: "Per il tipo di reato contestato - dice - è una richiesta molto alta, spropositata, ma siamo a Milano, ci si aspetta di tutto...".

La requisitoria. "Non v'è dubbio che Ruby aveva fatto sesso con l'imputato e che ne aveva ricevuto benefici". Attacca la pm Boccassini, nel corso della requisitoria al processo di Milano, spiegando che Ruby "mente" quando "nega di avere avuto rapporti sessuali" con Silvio Berlusconi e per affermarlo ha avuto "un tornaconto personale quantificato in milioni di euro". "Le ragazze invitate" ad Arcore, spiega Boccassini, "facevano parte di un sistema prostitutivo organizzato per il piacere di Silvio Berlusconi". Secondo l'avvocato dell'ex premier, Niccolò Ghedini: "Per il tipo di reato contestato -dice - è una richiesta molto alta, spropositata, ma siamo a Milano, ci si aspetta di tutto...".

Ruby "di una furbizia orientale". Ruby, dice il procuratore, era "furba di quella furbizia orientale propria della sua origine". "I genitori - aggiunge - sono persone umili che non riescono a tenerla a freno. Lei ha in mente un solo e unico percorso". Lei, prosegue, "riesce a sfruttare l'avvenenza fisica da un lato e il fatto di essere musulmana dall'altro, lasciando credere di subire il padre padrone e di essere scappata". La Boccassini traccia il profilo di una ricattatrice, parlando di Ruby, spiegando che lei era preoccupata che Berlusconi, allora premier, potesse non ottenere la fiducia dalle Camere e che potesse cadere il Governo, perché in quel caso lei non avrebbe potuto più sfruttare la sua ricattabilità legata proprio a quella sua particolare posizione ai vertici dello Stato. La Boccassini cita una telefonata di Ruby in cui lei stessa riassume brevemente la cosa a un interlocutore: "Io adesso mangio", dice, ma se Berlusconi dovesse non essere più premier, dice, "che cazzo mangio più?".

La prima notte ad Arcore e il fermo in questura. Il magistrato ricostruisce nel dettaglio tutta la vicenda Ruby, concentrandosi sui due passaggi principali: la sua prima notte ad Arcore, il 14 febbraio 2010, e il suo fermo in questura, il 27 maggio 2010.

Fede la portò ad Arcore sapendo che era minore. "Il 14 febbraio 2010 - sottolinea Boccassini - al di là di ogni ragionevole dubbio, Emilio Fede, portando Ruby ad Arcore, sapeva che quella ragazza era minorenne perché era stato il presidente della giuria del famoso concorso di bellezza (in Sicilia nel 2009, ndr), quindi non poteva non sapere". I protagonisti di quella serata, ha aggiunto, "sono Fede e Mora". "Mora - ha spiegato - aveva un interesse assoluto a favorire Silvio Berlusconi. La sua società era in fallimento, la sua vita attaccata a un filo e aveva bisogno di tanto danaro". "Il presidente Silvio Berlusconi - ha continuato - ha elargito una somma pari a circa 5 milioni di euro a Lele Mora, cercando di salvarlo dal fallimento. Soldi che lui ha intascato: in parte sono andati in Svizzera, in parte a Emilio Fede. Questo è il contesto del 14 febbraio 2010". E quel giorno "non solo Emilio Fede era a conoscente della minore età della ragazza, ma anche Mora", ha concluso Boccassini, sottolineando che è stata la stessa Ruby a dirlo.

Berlusconi sapeva che era minorenne. "Il presidente imputato - dice Boccassini - sapeva che la ragazza era minorenne e lo sapeva da vari canali. Lo sapeva perché lo sapeva Emilio Fede, Lele Mora, la Consensuao, la Pasquino, cioè tutto l'entourage". "Possiamo credere che una persona come Fede, che aveva la sua vita e il suo credo nel presidente del Consiglio, non lo abbia avvertito che stava introducendo ad Arcore una minore?". Una ipotesi poco credibile per Boccassini, anche alla luce del fatto che "proprio il governo Berlusconi ha introdotto ulteriori paletti nella tutela dei minori" per quanto riguarda i reati legati alla prostituzione.

Ruby ad Arcore tutte le feste comandate. Ruby frequentava Arcore in tutte le "feste comandate", ha proseguito, spiegando che l'allora premier Silvio Berlusconi, compatibilmente con i suoi impegni istituzionali, "approfittava" proprio di quei giorni di riposo per ricevere le ragazze, e Ruby c'era sempre: Pasqua (che quell'anno case il 4 aprile), 25 aprile, e primo maggio. Secondo le riscostruzioni della procura Ruby andò ad Arcore il 20 e 21 febbraio, il 9 marzo, il 4 e 5 aprile, il 24-25-26 aprile e il primo e 2 maggio 2010.

Questura. Il pm passa poi ad esaminare la vicenda del fermo, un episodio che la Boccassini definisce "imprevedibile". Tuttavia, sottolinea, le diffuse notizie di stampa di quel periodo davano "un quadro sulla sfera personale del premier che trascendeva la sfera personale e sfiorava ipotesi di reato. Questo non poteva essere sconosciuto dai funzionari della questura di Milano".

Minetti sapeva che Ruby era minore. Anche "la Minetti - dice Boccassini - è consapevole della minore età di Karima. Sa che ha frequentato Arcore, che si è fermata a dormire, e sa quello che succede ad Arcore. È di tutta evidenza che la Minetti, nel momento in cui si precipita in questura, sapeva che la Karima era minorenne". "Siamo di fronte - continua - a un rappresentante delle istituzioni, consigliere regionale della Lombardia. Son so se a tempo pieno gestisse le case di via Olgettina, oppure se era più invasivo il lavoro in Regione. Questo non lo so, ma sta di fatto che aveva questo doppio lavoro: uno alla luce del sole, l'altro non alla luce del sole, sul quale forse spendere una parola di più sarebbe anche deprecabile".

La telefonata tra la questura e la pm Fiorillo. L'agente di polizia Ermes Cafaro la sera del 27 maggio 2010, chiamò il pm di turno Annamaria Fiorillo, continua la Boccasini, spiegando che la giovane aveva dato le sue corrette generalità, Karima El Mahroug, e che aveva correttamente detto di essere marocchina. Cafaro riferisce alla Fiorillo, prosegue Boccassini, "che risulta una denuncia di scomparsa da una casa famiglia di Messina", dalla quale confermano che la ragazza è minorenne. Dice "che la ragazza è lì davanti a lui e che al momento è senza documenti". "Il pm si informa di tutto - continua Boccassini - chiede chi è la persona denunciante, perché era successo il fatto, qual era il rapporto tra le due donne. Cafaro spiega le due versioni, sia quella della Pasquino che quella della minore". Cafaro spiega che le due condividono un appartamento, che costa 850 euro di affitto al mese. "Il pm - prosegue la Boccassini - chiede come si guadagnava questi soldi. Nella telefonata si sente Cafaro che lo chiede alla ragazza e lei che risponde "la danza del ventre''.

La comunità: "I genitori di Ruby persone per bene". La questura sentì anche la comunità di Messina dalla quale Ruby era scappata. "Per quello che le posso dire i genitori sono veramente delle bravissime persone", riferì al telefono con la questura la signora Mirodi, responsabile della comunità, spiega la Boccassini. La stessa responsabile, continua Boccassini, disse: "La comunità è abituata a ricevere persone che hanno un percorso familiare di disagio. Questa persona, a differenza di quello che fa apparire ha genitori che sono persone tranquille, pacifiche e per bene". Cafaro, parlando al telefono col giudice Annamaria Fiorillo, "chiede se la deve fotosegnalare. La Fiorillo risponde "si sì, è obbligatorio" e aggiunge: "La autorizzo a trattenerla fino a domattina finché il pronto intervento non le trova un posto".

Arriva la telefonata di Berlusconi. Ruby "era già stata identificata e fotosegnata, disposizione impartita fin dalle 19.13 dal pm di turno Fiorillo. Erano già state interpellate le comunità che però non avevano posto. La minore doveva restare in questura fino al mattino successivo. Questa era la situazione in essere fino alla telefonata tra il funzionario della questura Pietro Ostuni e l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi". 'Si sapeva - aggiunge Boccassini - anche già che la minore era scappata da una comuinità in Sicilia. Non solo, ma la dottoressa Iafrate e gli altri funzionari sapevano che la famiglia della minore viveva in Sicilia e non a Milano". "Quando Ostuni - prosegue - riceve la telefonata del presidente del Consiglio, è a casa". L'uomo della scorta di Berlusconi che lo chiama, gli annuncia l'allora premier e glielo passa.

Quando il funzionario della questura di Milano Pietro Ostuni chiama la sera del 27 maggio 2010 l'allora questore Vincenzo Indolfi "sa perfettamente che la circostanza che Ruby era la nipote di Mubarak era una colossale balla, che la ragazza era minorenne e che però interessava l'allora presidente del consiglio", prosegue Boccassini. "Possiamo credere - rincara - che se fosse stata un minimo diversa la situazione, il questore, ricevendo la chiamata da un suo capo di gabinetto sull'arresto di una parente di un capo di Stato straniero, non informava la segreteria del capo della polizia, che per contro avrebbe dovuto avvisare il ministro dell'Interno? Se non si fossero resi conto che vi era solo un interesse personale del presidente del Consiglio di togliere la ragazza dalla situazione in cui si trovava", conclude, certamente avrebbero attivato una catena di comunicazioni col Viminale.

Ostuni, sottolinea Boccassini, aveva già appreso dalla funzionaria Giorgia Iafrate "che il fotosegnalamento era già avvenuto, che la ragazza era marocchina, che lei stessa aveva escluso qualsiasi tipo di parentela con Mubarak". "Possiamo pensare che Ostuni non avesse capito i reali interessi del presidente Berlusconi e cioè quello personale di farsi carico, per ragioni sue, in un contesto già noto all'opinione pubblica non solo italiana ma purtroppo internazionale, dello status della minore?", conclude.

Apparato militare per difendere Berlusconi. "C'è un apparato militare che si scatena per proteggere" Ruby quando finisce in questura la sera del 27 maggio 2010, prosegue nella sua ricostruzione la Boccassini. "Non possiamo credere" che tutto questo si fece solo per la ragazza, e che il vero obiettivo era evidentemente difendere l'allora premier Silvio Berlusconi. L'ipotesi che la questura potesse davvero credere che Ruby era la nipote di Mubarak "è talmente risibile tutto che mi vergogno quasi a insistere su questa circostanza".


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :