Sembra facile. Ma come si fa a dire: “Questo testo sì, e questo testo no?”. Affermare che si deve guardare alla qualità significa tutto e niente. Se chi legge ha qualche esperienza a proposito di rifiuti da parte di editori, sa di che cosa parlo.
Non faccio per vantarmene, ma gli anni passano e il cumulo di “No”, aumenta.
Un editore magari dice: “Interessante questo, quello però, no”. Un altro editore dice: “Bello quello, questo no”.
Certo, la mano era più felice su un racconto… ma secondo l’altra opinione, lo era sul racconto numero due.
E allora?
La narrativa è una faccenda del tutto imprevedibile. Ha davvero leggi sue proprie, e basta. E sono riscritte ogni volta. A me piace Tizio, a un altro no. Posso affermare che il suo giudizio non è abbastanza obiettivo, oppure che non sa leggere. O che ha dei gusti osceni.
Ma lui può controbattere con gli stessi argomenti, perché magari non amo Sempronio, eppure ha vinto un Nobel.
Il punto è che per fortuna si può scrivere serenamente, senza preoccuparsi di nulla. Magari ricorrendo all’auto-pubblicazione, oppure a un bel niente. Scrivere perché piace, e se ti leggono in 9, pazienza. Anzi: forse non bisogna nemmeno pensare alla pubblicazione, perché è meglio così. Tanto rincorrere le mode, i gusti, gli editori è una perdita di tempo, e basta.
Come? Che in questo modo non si dimostra di non avere fiducia nei propri mezzi? Nelle proprie storie? Che si evita il giudizio dei lettori? E che non si desidera crescere, imparare, eccetera eccetera?
Cosa volete che vi dica: boh.