Avvertenza: in questo post scriverò alcune cose che per me sono molto private. Non mi dispiace che le leggiate, né che commentiate, ma per favore non parliamone di persona. Per me la scrittura è un piacere molto personale, appena un gradino al di sopra del sesso. Quindi, a meno che non siate i miei compagni di letto, potete immaginare quanto mi trovo a mio agio nel parlarne come se fossimo al bar.
Come ho già detto qualche mese fa, la storia che sto scrivendo viene da lontano. Da un'estate di cinque anni fa, in cui guardavo la seconda o terza stagione dei Tudors e mi facevo domande su quei signori incappucciati con l'ascia (o la spada, nel caso di Anna Bolena).
Ecco, da questo sono scaturiti alcuni scambi di mail e diverse letture interessanti. Ma queste letture mi dicevano: abbella, non riuscirai mai a scrivere un romanzo storico davvero accurato su questa materia. Mi mancava il tempo di documentarmi sulle piccole cose, quelle che alla fine rendono davvero credibile la tua storia. E, come dicevo, la soluzione è stata ambientare la mia storia in un passato distopico.
Questa soluzione, inizialmente solo di comodo, si è rivelata vincente per la storia. Che non è un fantasy vero e proprio, ma ne detiene qualche tocco fondamentale.
La moglie del boia è il titolo del primo dei tre libri.
(E qui apro una parentesi: lo so, le trilogie hanno rotto i maroni. Ma in questo caso i libri sono autoconclusivi e il fatto che siano tre ha un suo perché: sono ambientati a distanza di 10 anni l'uno dall'altro, e capite benissimo che un conto è seguire un uomo a 32, 42 e 52 anni. Oltre, potrebbero essere i racconti dell'ospizio. Chiusa la parentesi.)
La moglie del boia è ancora ben lontano dall'essere pronto: la prima stesura (quella cartacea) è stata finita a maggio, la seconda (quella digitale) proprio oggi. Intanto, ho finito la prima stesura del secondo libro (domenica) e scalpito per iniziare il terzo (domani).
A grandi linee, la premessa della storia è quella che avevo immaginato cinque anni fa: un uomo torna nella sua città natale per diventarne il boia e si innamora ricambiato di una donna che non lo tratta come un reietto.
Il boia si chiama Mathias e viene da dieci anni di guerre, dove ha combattuto come mercenario.
La donna è una vedova di nome Gerta ed è una famosa bisbetica. In particolare, odia il mandante dell'assassinio del suo primo marito, che proprio un marito non era ma non per questo meritava di morire. E proprio quest'uomo diventerà il miglior amico del boia.
La storia ha un tono meno divertito di Sholeh Zard, ma non è drammatica: ha un tono medio, quotidiano, ironico quando se ne presenta l'occasione. E non è una storia unica: sono più filoni narrativi che ricadono l'uno nell'altro, a cascata. Dal momento che amo le cascatelle del Trebbia, l'effetto mi piace da impazzire.
Senza contare che, rispetto a Sholeh Zard, gestisco un numero di personaggi ben superiore e ne seguo il punto di vista di volta in volta, cercando sempre di ricordarmi chi sa che cosa.
Insomma, è una bella sfida, non lo nego. E la sto affrontando con un approccio meno sperimentale rispetto a Sholeh Zard, ma cercando di trarne qualcosa di nuovo e fresco.
I primi feedback, quelli di mio marito e di qualche amica, mi dicono bene. Spero che, quando verrà il vostro momento, anche a voi piacerà.
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