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BOLOGNA. ANDI Bologna è commissariata. Tutto nasce dal problema "convenzioni"

Creato il 03 febbraio 2015 da Agipapress
BOLOGNA. ANDI Bologna commissariata. Tutto nasce problema BOLOGNA. ANDI Bologna è commissariata. La sezione provinciale bolognese dell’ANDI (ndr. Associazione Nazionale Dentisti Italiani), principale sindacato di dentisti liberi professionisti in Italia (con circa 25mila soci dei 55mila dentisti italiani), anziché tornare a votare in fretta e riprendere rapidamente l’attività sindacale, è stata invece commissariata. 
Per decisione della Segreteria nazionale, che ha indicato all’ANDI regionale Emilia Romagna i componenti di un Comitato reggente la sezione provinciale bolognese.
Cerchiamo allora di dipanare una matassa complessa di informazioni
e capire i fatti esposti in una lettera inviata dal presidente di ANDI Bologna ai suoi associati, pervenuta in redazione grazie ad una fonte che, oltre a chiedere l’anonimato, sostiene che i fatti non sono stati pubblicati dai media forse perché la “stampa di regime” non è interessata. Va detto, ad onor del vero, che in casi come questo, il problema non è tanto la stampa, più o meno di regime, o l’abitudine di parlare di odontoiatri per altre ragioni vere o presunte, quanto invece la scarsa curiosità dei media, superficialità dovuta alla supposizione che queste notizie non interessino i lettori.
Noi non lo crediamo, da qui la scelta di parlarne.
La vicenda di ANDI Bologna, appare emblematica perché dimostra e conferma come all’interno di ANDI sia diffusa, da tempo, una sensazione di disagio che da mesi alimenta confronti serrati e discussioni dai toni spesso duri che hanno prodotto effetti carichi di tensione. E la miccia del contendere è da individuare quasi esclusivamente nella voce “convenzioni”.
Ma la complessità dell'argomento impone la necessità di una breve premessa.
Secondo i vertici nazionali la procedura seguita per proporre ai Soci l’adesione alle “convenzioni” ha rispettato le regole della democrazia interna; secondo alcune sezioni (le rappresentanze provinciali) e dipartimenti (quelle regionali), invece, la scelta è risultata imposta e comunicata tardivamente, ovvero poco prima del Congresso Nazionale di Roma del dicembre scorso; una scelta strategica ben precisa e solo per la necessità di ottenere il voto di ratifica, come lasciano intendere i soliti ben informati.
Poste tali premesse, diventa comprensibile il fatto che la procedura adottata abbia sollevato dubbi e sia stata percepita come una “forzatura” destinata a far approvare decisioni e condizioni non del tutto convincenti e non da tutti condivise. 

Quindi, un atteggiamento e una scelta procedurale infelice  che ha provocato ricadute importanti sul territorio come quella che ha visto protagonista ANDI Bologna, la terza sezione italiana per numero di iscritti.

BOLOGNA. ANDI Bologna è commissariata. Tutto nasce dal problema

ANDI Bologna impegnata nell'Oral Cancer Day

Ed ecco come si sono svolti i fatti che hanno condotto all’attuale commissariamento, stando almeno al racconto contenuto nel documento che ci è stato inviato. 
Aggiungiamo per chiarezza, che si è scelto deliberatamente di non fare nomi (anche se facilmente reperibili) perché la questione sollevata è relativa al merito e al principio, non alle persone, come d’altronde indica la stessa missiva che segnala come la cosa “potrebbe capitare ad ognuno” di qualsiasi altro gruppo ANDI. Come si evince dal testo, le posizioni espresse dal consiglio e dall’esecutivo bolognese, erano state subito divergenti: il primo chiedeva di votare una delibera sull’argomento, ed in particolare una già approvata da un’altra sezione provinciale; il secondo si opponeva a votare questa delibera, trovando sostegno in un vicepresidente nazionale e nel vicepresidente provinciale, e chiedeva l’adozione tout court delle convenzioni. Come da statuto, il presidente metteva ai voti; ma il risultato non era quello sperato dall’esecutivo, e questo scatenava non poche discussioni. 
La misura però non era ancora colma: infatti, sconfessato e screditato l’operato del presidente e criticato il regolare esito della delibera, al presidente di ANDI Bologna veniva chiesto di riunire l’esecutivo. 
Speranzoso di trovare una soluzione pacifica e rapida, placando gli animi, il presidente invita tutti ad una riunione informale tra le parti per superare la frattura e pensando ad un documento che sintetizzi la posizione di tutti, da poter far approvare al consiglio e da esporre all’assemblea. 
La risposta ancora una volta non è quella attesa: si chiede, infatti, al presidente la convocazione urgente dell’esecutivo senza precisarne le motivazioni dell’urgenza e nemmeno gli argomenti da inserire nell’ordine del giorno. Alla richiesta avanzata dal presidente per avere queste indicazioni, però, nessuna risposta.
A dire il vero una risposta è giunta nel pomeriggio del 19 dicembre, proprio il giorno prima del Consiglio di Roma. 
Ed è una doccia fredda: l’esecutivo, che avrebbe dovuto sostenere il presidente, aveva invece, in blocco, deciso di dimettersi. L’unica mossa possibile per togliere di mezzo un presidente diventato scomodo, se non forse addirittura imbarazzante nei confronti del nazionale per le palesi divergenze di opinioni e di azioni. 
BOLOGNA. ANDI Bologna è commissariata. Tutto nasce dal problema
E’ di tutta evidenza che la lettura in chiave politica di questi eventi sia una sola: le dimissioni di tutti appaiono una “punizione” decisa nei confronti di un presidente, eletto solo otto mesi prima, che non è più “in sintonia” con i vertici nazionali che attendevano solo la “benedizione” incondizionata alle loro scelte, da parte degli associati.  Come a dire che il presidente aveva dato ascolto al dissenso e alle richieste della sua base mentre avrebbe dovuto tacitarle in nome dell’obbedienza ai vertici sindacali: una imposizione decisamente un po’ troppo autocelebrativa del nazionale, a dirla bene.
Non bastava già tutto questo per colpire la dignità di ANDI Bologna?
Evidentemente no; la lezione doveva essere completa! Ed evitare il ripetersi di future posizioni dissidenti. Così l’azione di esautoramento del presidente si completa con la decisione, da parte della Segreteria nazionale, di commissariare la sezione, azzerando anche tutto il consiglio per far capire chi comanda e come.
E’ indicativo a questo proposito, l'amaro commento del presidente: “Una lista comune con un presidente di garanzia in grado di esprimere con equilibrio le parti in causa – questa l’ultima ratio che proponeva il presidente di ANDI Bologna per superare la crisi nata in seno alla sua sezione – Invece no. Qualcuno deve aver pensato che non valeva la pena di superare la crisi in questo modo. La Segreteria nazionale interpretando alla garibaldina il nostro statuto, impone a Bologna un commissariamento (che durerà chissà quanto?) con addirittura decadimento di tutto il consiglio provinciale (motivo?) che azzera completamente la sezione e ci imbavaglia impedendo un giusto e democratico confronto elettorale, una Pax romana che umilia la mia provincia adducendo un “deficit funzionale” a mio parere inesistente”.
Parole fin troppo chiare ed emblematiche dell’imbarazzo e della delusione che in molti stanno vivendo da mesi dentro ANDI.
Bologna, infatti, non è l’unico caso di voce critica verso la proposta “convenzioni” fatta dai vertici ANDI ma è l’unica ad avere subito un trattamento per così dire, “personalizzato”; e le ragioni di tanto accanimento stanno forse proprio tra le righe della lettera stessa: come si può accettare che le critiche arrivino da una sezione tanto rappresentativa come quella felsinea, terza per numero di iscritti? Come si fa a non tentare di giocare la carta dei numeri evidenziando il fatto che il 60% dei consiglieri non sia rappresentativo di tutta la sezione? E d’altronde come si fa a non pensare che l’azzeramento del consiglio grazie ad un “commissariamento garibaldino” sia da interpretare come la volontà di azzerare oltre alle cariche, anche le relative proteste e delibere approvate? 

Insomma, la risposta alle domande del presidente di ANDI Bologna è univoca: cancellare con un colpo di spugna critiche e persone per ripartire da zero, con voci consenzienti che evidentemente ci sono, come è giusto e normale attendersi, e pure in buona fede, ma che dopo un bagno di sangue del genere, porteranno addosso il bollino di “consigliere doc”, obbedienti e disponibili ad approvare tutto, degli "yes man" pur di salvare la vita e l’azione sindacale della sezione.
Qualcuno potrebbe chiamarlo “condizionamento”, altri “politica”; resta il fatto che non è più sindacato ma lobby affaristica.

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