Due film sull’Africa, che rappresentano appieno lo spirito del Festival: scavalcare gli stereotipi dei media mainstream per raccontare la complessità della realtà sociale, trovare “il Sud del Sud”, i rifiutati e i discriminati nelle situazioni di crisi e conflitto che necessitano di più voce. Il racconto della società congolese in perenne bilico sulla guerra, tramite le parole, espresse coi gesti, delle persone sordomute e la realtà storica del colonialismo, tradotta in una documentazione del sistema scolastico del Burkina Faso, che confronta lingue, tradizioni, metodi e pratiche educative con le varie identità.
Due le ulteriori menzioni attribuite a pellicole italiane, premiando così l’attualizzazione di un tema scomodo (dimenticato dai media nostrani), come gli strascichi del conflitto etnico tra serbi, albanesi e serbi-kosovari, offerto dal documentario d’inchiesta Kosovo vs Kosovo (Valerio Bassan e Andrea Legni), e la capacità di raccontare i CIE italiani fuor di retorica attraverso un racconto capace di essere personale e toccante, delineata da Il Rifugio (Luca Cusani e Francesco Cannito). Il riconoscimento in memoria dell’agronomo e cooperante Benedetto Senni va a Hamou Beya – Pecheurs de Sable, di Andrey Samoute Diarra, vivido e lucido racconto dei volti e del lavoro intorno a un tratto del Niger, messo in pericolo da uno sviluppo incontrollato.