BOLOGNA. “Love” di Robert Indiana e la Pop Art in mostra alla Galleria d’Arte Maggiore GAM.

Creato il 31 gennaio 2016 da Agipapress
 BOLOGNA Resterà aperta fino al 31 marzo prossimo la mostra dedicata a Robert Indiana, esponente della Pop Art la più amata e apprezzata espressione artistica americana che si basa sulla libertà d’espressione, l’attaccamento al quotidiano, sul rifiuto di sistemi chiusi e apertura alla fruizione delle masse.
Dopo il successo che ha fatto registrare la mostra dedicata al maestro e all’antesignano di questa corrente artistica Andy Warhol, spetta ora a Robert Indiana presentarsi al pubblico italiano con opere che fanno parte integrante della nostra vita quotidiana e del nostro linguaggio sia dei media che delle persone. Autoproclamatosi “pittore americano dei segni”, Indiana fonda le sue opere su un vasto e originale repertorio di immagini dove predominano brevi parole che però sanno colpire l‘immaginario collettivo, come “Love” e “Amor” o  “ONE THROUGH ZERO, l’artistica serie dei numeri, presentandole tutte e ogni volta in diverse  variazioni cromatiche e formali, l’analisi della nostra cultura attraverso l’astrazione del segno e la sua evocazione. Dapprima concepiti come dipinti le opere di Indiana sono diventate poi sculture anche monumentali, che si innalzano come totem della moderna cultura e della sensibilità metropolitana costruita sul consumismo e sull’esuberanza. In mostra grande attenzione è dedicata a “LOVE” la scultura diventata simbolo del lavoro dell'artista, realizzata nel 1964 su commissione del MoMA per una cartolina di auguri natalizi, e poi trasformata nel francobollo ufficiale statunitense, prima di diventare la scultorea scritta tridimensionale in alluminio policromo). Alla sua opera più riconoscibile fa da contraltare “AMOR” che con la medesima tipografia a coppie di lettere sovrapposte, suddivide il vocabolo italiano in due parole inglesi d'uso quotidiano: AM e OR, arricchendone il significato: “I AM”, “Io sono”, dichiarazione dell’esistenza del singolo (to be), seguita dal ragionevole dubbio umano “OR”, “oppure” che richiama alla memoria la fatidica questione shakespeariana, “essere o non essere”. Ruolo altrettanto emblematico riveste anche “ONE THROUGH ZERO” i dieci numeri (da zero a nove) non allestiti in ordine crescente ma disposti dall'artista secondo un'organizzazione sempre mutevole che, in base alla combinazione e all'accostamento, genera interpretazioni differenti.  Cifre significative, ricche di riferimenti relativi sia alla personale esperienza dell'artista (come ad esempio gli edifici in cui ha vissuto o i percorsi autostradali che ha attraversato), sia al ciclo della vita stessa: il numero 1 per indicare la nascita che attraverso l'adolescenza, la maturità, arriva alla morte rappresentata dal numero 0 in una ciclicità continua. Lo stesso Indiana ha dichiarato come l'interesse e la fascinazione per i numeri sia nato durante la sua infanzia e fosse dovuto al continuo peregrinare di casa in casa, tipico della società statunitense: “Quando ho compiuto 17 anni avevo abitato già in 21 case diverse”. Questa serie di numeri è stata recentemente prestata per la mostra "Proportio" di Palazzo Fortuny con il quale la Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. da anni collabora in occasione della 56^ Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia.
MiriamPaola Agili