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Bonus track: le regole del noir di Raymond Chandler

Creato il 22 febbraio 2011 da Dallenebbiemantovane

Bonus track: le regole del noir di Raymond Chandler

foto Flickr

Esce in libreria un’operetta imperdibile, nella nuova traduzione curata dallo scrittore Sandro Veronesi. Quasi 40 anni dopo la prima edizione, torna in libreria Così si scrive un noir (Fandango Libri - Coconino Press), l’antologia di lettere che Raymond Chandler inviò ad amici e colleghi tra gli anni ’30 e la sua morte.

 

Copio-incollo da La Repubblica on line del 20 febbraio 2011, pagina 36-37, un estratto:

Nel 1949, Raymond Chandler annotava questi "Appunti sul noir". Sono le dieci regole che il maestro del genere considerava fondamentali per scrivere il romanzo perfetto.

 

1. Il romanzo noir dev'essere motivato in maniera credibile sia come situazione originale, sia come rivelazione finale. Deve essere costituito di azioni plausibili compiute da gente plausibile in circostanze plausibili, tenendo presente che la plausibilità è in larga parte generata dallo stile. Questo mette al riparo da quasi tutti i finali artificiosi e dalle storie cosiddette «a circuito chiuso», nelle quali il personaggio meno probabile è calato di peso nel ruolo del criminale senza però convincere nessuno. Mette anche al riparo dalle elaborate mise-en-scène come quella, per esempio, di Assassinio sull'Orient Express di Agatha Christie, in cui l'intera ambientazione del delitto produce una serie di eventi così incongrui che nessuno ci crede davvero.

 

2. La storia noir dev'essere tecnicamente solida per quanto attiene ai metodi di omicidio e di investigazione. Niente veleni fantasiosi o effetti indesiderati quali morte per dosi sbagliate ecc. Niente silenziatori alle pistole (di solito non funzionano, perché non c'è continuità tra la camera di scoppio e la canna), niente serpenti che si arrampicano sui cordoni dei campanelli.
Se l’investigatore è un poliziotto navigato deve comportarsi come tale e avere le qualità mentali e fisiche per far fronte al proprio lavoro. Se è un privato o un dilettante deve saperne abbastanza su come funzionano le cose nella polizia per non rendersi ridicolo. La storia noir deve trasporre su carta il livello culturale dei propri lettori.

 

3. Deve essere realistica in fatto di personaggi, atmosfera e ambientazioni. Deve parlare di gente vera in un mondo vero. Poi ovviamente nella storia noir c'è anche l’elemento fantastico. Va oltre il campo delle probabilità fondendo insieme spazio e tempo. Perciò più è esagerata la premessa, più letterale ed esatto de essere il processo che essa produce. Davvero pochi scrittori di noir hanno talento nel delineare i personaggi, ma questo non significa che quel talento sia superfluo.
Un personaggio può essere creato in vari modi: secondo il metodo soggettivo, che prevede di entrare nei pensieri e nelle emozioni del personaggio; secondo il metodo oggettivo o drammatico, come a teatro, attraverso l’aspetto, i comportamenti, i discorsi e le azioni del personaggio; infine raccontando la storia del caso mediante il sistema che adesso è chiamato documentaristico. Quest' ultimo è particolarmente calzante per il genere di romanzo noir che vuole essere aderente ai fatti e non emotivo, come fosse un rapporto ufficiale.

 

4. La storia noir deve avere un valore di fondo, a parte l’elemento misterioso. Quest'idea suonerà rivoluzionaria per alcuni dei classicisti e parecchio spiacevole per tutti gli scrittori di second'ordine. Malgrado ciò, ormai è affermata. Tutti i noir fatti bene vengono riletti, spesso molte volte. Chiaramente questo non accadrebbe se l’enigma fosse l’unico motivo di interesse per il lettore.
Il noir deve avere colore, slancio e deve essere graffiante. Ci vuole abilità compositiva per compensare uno stile piatto, anche se questo trucco è stato usato di tanto in tanto, soprattutto in Inghilterra.

 

5. La struttura della storia noir deve essere abbastanza semplice nella sua essenza da poter essere spiegata facilmente quando viene il momento. Il finale ideale è quello in cui tutto si fa chiaro in una breve sequenza di azioni. Idee così felici sono rare e uno scrittore che riesce a concretizzarle anche solo una volta è degno di lode. La spiegazione non deve essere veloce (a parte al cinema) e spesso non può esserlo. La cosa importante è che deve essere interessante, deve essere qualcosa che il lettore è ansioso di sentire, non una nuova storia con una nuova e irriconoscibile serie di personaggi buttati dentro quasi a voler giustificare una trama che fa acqua. Non c'è niente di più difficile da gestire che lo scioglimento di un enigma. Se dici abbastanza da accontentare il lettore tonto, avrai di sicuro detto abbastanza da irritare quello intelligente.
E qui arriviamo a un dilemma di base dello scrivere noir, il fatto che un noir deve attrarre solo una parte del pubblico di lettori e non può attrarli tutti con le stesse trovate. Fin dai primi tempi dei romanzi a triplo intreccio mai nessun tipo di narrativa è stato letto da tanti generi diversi di persone. I semiletterati non leggono Flaubert e gli intellettuali di norma non leggonoi mammozzoni contemporanei e gonfiati di storia spacciati per romanzi storici. Ma tutti leggono un noir di tanto in tanto, e un numero sorprendente di persone non legge praticamente altro. Gestire la spiegazione vis-à-vis con questo pubblico così diversamente educato è un problema quasi irrisolvibile. Se è possibile, a parte per gli aficionados a cui va bene tutto, la soluzione migliore è quella di Hollywood: «Nessuna spiegazione se non a caldo, e dopo quella basta».

 

6. La soluzione del mistero deve essere in grado di sfuggire al lettore ragionevolmente intelligente. Questo, e il problema dell’onestà, sono i due elementi più sconcertanti della letteratura noir. Alcuni tra i migliori romanzi noir non riescono a sfuggire fino in fondo a un lettore intelligente (quelli di Austin Freeman ad esempio). Ma un conto è intuire chi è il colpevole e ben altro è essere in grado di giustificare questa intuizione col ragionamento. Dal momento che ci sono vari tipi di menti fra i lettori ce ne saranno alcuni che indovineranno una soluzione nascosta con intelligenza e altri che verranno fregati dalla trama più semplice.
Ma ingannare fino in fondo un vero appassionato di letteratura noir non è necessario e nemmeno auspicabile. Un mistero intuito per metà è più coinvolgente di uno in cui il lettore procede totalmente al buio. Aver penetrato almeno un po' la nebbia del mistero accresce l’autostima del lettore. L' essenziale è che alla fine rimanga un po' di nebbia che lo scrittore possa soffiare via.

 

7. La soluzione, una volta rivelata, deve sembrare l’unica possibile. Almeno la metà dei romanzi noir che vengono pubblicati violano questa regola.

 

8. Il romanzo noir non deve provare a dare tutto e subito. Se si tratta di un mistero che ha luogo in un’atmosfera mentale fredda, non può essere anche una storia di violenza o di sentimenti esasperati. Il terrore distrugge il ragionamento logico. Se la storia esplora le complesse sollecitazioni psicologiche che spingono una persona a commettere un omicidio, non può anche contenere l’analisi obiettiva dell’investigatore esperto.
L'investigatore non può essere l’eroe e la minaccia allo stesso tempo, così come l’assassino non può essere una vittima tormentata dalle circostanze e contemporaneamente anche il malvagio senza pietà.

 

9. Nel romanzo noir il criminale deve essere punito, in un modo o nell’altro, e non necessariamente in tribunale. Contrariamente a quanto si pensa ciò non ha niente a che fare con il moralismo. È parte della logica del genere letterario. Senza questo la storia è come un accordo musicale che resta incompiuto. Lascia un senso di irritazione.

 

10. Il noir deve essere ragionevolmente onesto verso il lettore. Il proposito è sempre questo, ma le sue implicazioni raramente vengono capite fino in fondo. Che significa essere onesti in questo caso? Non basta dichiarare i fatti. I fatti devono essere dichiarati in modo onesto e devono essere tali da poterci ragionare sopra. Non solo gli indizi non devono essere tenuti nascosti al lettore (i più importanti come i meno), ma non devono nemmeno essere deformati da un’enfasi fuorviante. I fatti irrilevanti non vanno presentati in modo tale da farli sembrare eccezionali. A un certo punto della narrazione il lettore deve essere in grado, se è abbastanza perspicace, di chiudere il libro e intuire quale sarà l’essenza del finale.
Ma questo comporta ben più del semplice controllo sui fatti. Comporta il fatto che la storia deve mettere il lettore ordinario in grado di trarre le giuste conclusioni. Non si può pretendere che il lettore sia dotato di una rara erudizione né di una memoria abnorme per dettagli minimi. Perché se si richiedesse questo il lettore non avrebbe gli strumenti per capire la soluzione, semplicemente la riceverebbe impacchettata senza poterla aprire. Immergere l’indizio - chiave in una pozzanghera di parole è un trucco accettabile a patto che l’andamento della storia abbia creato abbastanza tensione da mettere ben in guardia il lettore. A questo punto sembra evidente che il problema della disonestà è una questione di intenzione e di enfasi. Il lettore si aspetta di venire fregato, ma non certo da un’inezia. Si aspetta di fraintendere un indizio, ma non perché non è un esperto di chimica, geologia, biologia, patologia, metallurgia e un’altra dozzina di scienze allo stesso tempo. Si aspetta di dimenticare qualche dettaglio che successivamente si rivelerà importante, ma non se il prezzo da pagare è doversi ricordare mille cose inutili che non hanno importanza. E se la prova regina si basa su conoscenze scientifiche, il lettore si aspetta che la scoperta del colpevole sia pur sempre alla portata di una normale mente attenta, anche se per eliminarlo occorre uno specialista.
Alcuni trucchi risultano offensivi perché sono sfacciati, e anche perché tolti quelli non resta altro. Arriva sempre un momento in cui l’investigatore è giunto alle sue conclusioni e non ne informa il lettore, quando smette (e molte vecchie volpi del mestiere se ne accorgono subito) di colpo di pensare ad alta voce e con gentilezza chiude la porta della sua mente in faccia al lettore. Ai tempi in cui il pubblico era ancora innocente e bisognava prenderlo a pesci in faccia perché si rendesse conto che c' era qualcosa che non tornava, l’investigatore era solito dire: «Bene, ci sono i fatti. Se li guardate con minuziosa attenzione sono certo che troverete molti modi di spiegare questi strani eventi». Al giorno d’oggi viene fatto con meno sfoggio, ma l’effetto di una porta che si chiude rimane intatto.
Per finire bisognerebbe aggiungere che il problema del gioco pulito in un noir è puramente professionale e artistico e non ha nulla a che vedere con la moralità. Il punto è se il lettore viene fuorviato entro i limiti delle regole del gioco, o se viene colpito sotto la cintura. La perfezione è impossibile. La totale franchezza distruggerebbe il noir. Migliore è lo scrittore, più avanti si potrà spingere con la verità e più astutamente potrà mascherare ciò che non può essere detto. E non solo questo gioco di abilità non prevede regole morali, ma le regole da seguire cambiano continuamente. Devono farlo. Più passano gli anni più il lettore si fa accorto.
Può essere che ai tempi di Sherlock Holmes se il maggiordomo si aggirava furtivamente fuori dalla finestra della biblioteca con uno scialle in testa diventava un sospettato. Oggi il corso delle cose lo eliminerebbe istantaneamente da ogni sospetto. Non solo perché il lettore di oggi si rifiuta di considerare un tale fuoco fatuo come un dettaglio rilevante, ma perché egli è costantemente all’erta per cogliere gli sforzi dell’autore a far volgere la sua attenzione verso le cose sbagliate e a distoglierla da quelle giuste. Tutto ciò che passa in secondo piano è sospetto, ogni personaggio che non è tra i sospettati è sospetto e quello che fa arricciare i baffi all’investigatore e lo rende serio in volto è considerato senza importanza, dal lettore attento. Spesso allo scrittore di noir sembra che l’unico metodo ragionevolmente onesto ed efficace per fregare il lettore rimanga fargli allenare la mente sul problema sbagliato, per così dire, per metterlo in grado di risolvere un mistero (dal momento che è quasi sicuro di risolvere qualcosa) che lo dirotterà su una strada laterale, perché riguarda solo tangenzialmente il problema centrale. E anche per questo bisogna barare, di tanto in tanto.

 

(Raymond Chandler Copyright © 2011 Raymond Chandler Limited. All rights reserved. Traduzione di Sandro Veronesi)

© RIPRODUZIONE RISERVATA - RAYMOND CHANDLER

 

La pagina della sezione domenicale riservata al grande Raymond contiene anche godibile articolo, di natura più biografica, a cura di Gianfranco De Cataldo.


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