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Quanto più Tom tentava di concentrarsi sul libro, tanto più le idee se ne andavano a zonzo. E così, infine, con un sospiro e uno sbadiglio, egli rinunciò. Gli sembrava che l’intervallo di mezzogiorno non arrivasse mai. L’aria era completamente immobile, senza un solo alito di brezza. La giornata trascorreva più lenta e monotona di tutte le altre monotone giornate. Il mormorio cullante dei venticinque scolaretti intenti a ripassare la lezione assopiva l’anima stessa come l’incantesimo che si cela nel ronzio delle api. Lontano, sotto il sole fiammeggiante, Colle Cardiff si levava, con i suoi morbidi fianchi verdeggianti, attraverso un velo baluginante di calura colorato dal viola della distanza; alcuni uccelli galleggiavano su pigre ali, alti nell’aria; non si scorgeva nessun’altra creatura viva, tranne alcune mucche, e le mucche dormivano.Il cuore di Tom anelava alla libertà, o almeno a qualcosa di interessante da fare per ingannare il tempo interminabile. Infilò la mano in tasca e la faccia gli si illuminò di un bagliore di gratitudine che era qualcosa di simile a una preghiera, sebbene lui non lo sapesse. Poi, furtivamente, la scatoletta delle capsule saltò fuori. Egli liberò la zecca e la posò sul banco lungo e piatto. In quel momento, probabilmente, anche nell’insetto dilagò una gratitudine equivalente alla preghiera, ma si trattava di uno stato d’animo prematuro; infatti, quando la zecca cominciò, esultante, a viaggiare, Tom, servendosi di uno spillo, la costrinse a girarsi dall’altra parte e a seguire la direzione opposta.