BookMaker Comics, creatori italiani di fumetti internazionali: intervista ai fondatori di questa giovane casa editrice di successo

Creato il 01 luglio 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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Nell’ambito delle interviste alle realtà editoriali italiane più attive nel campo del fumetto digitale, ospitiamo Massimo Rosi, Matteo Gerber e Paolo Maini, fondatori della BookMaker Comics e autori di alcuni dei fumetti editi dalla stessa casa editrice.
La BM Comics è una giovane case editrice italiana, della quale abbiamo parlato anche in questo articolo [link], che pubblicando fumetti in edizione cartacea e digitale, sta ottenendo successo a livello internazionale con riconoscimenti anche nel nostro paese, come nelle edizioni di FullComics & Games 2012 e 2013.

Dunque, per iniziare, la Bookmaker non nasce subito come casa editrice: ci potete raccontare la vostra evoluzione e chi siete voi soci fondatori?
Sicuramente la prima “veste” storica della BookMaker Comics fu quella di Associazione Culturale, formatasi nel 2009 da un gruppo di aspiranti fumettisti che stavano completando la loro formazione professionale in seno alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze. Fortemente incoraggiati da Alberto Pagliaro, decidemmo di lanciarci nel mondo dell’autoproduzione con prodotti come il BM Magazine, una rivista ispirata al modello francese di Spirou, e Skinwalker, storico seriale della BookMaker tutt’ora in corso, dove davamo spazio ai nostri compagni di scuola e ad altri autori emergenti.
Ad oggi i soci fondatori rimasti sono Massimo Rosi e Matteo Gerber, mentre Paolo Maini subentrò due anni dopo dopo aver conosciuto Massimo al corso di sceneggiatura presso la Scuola Comics di Reggio Emilia.
Nel 2012, come consigliato dai Maya, optammo per “un grande cambiamento”, convertendo l’associazione culturale in casa editrice vera e propria… ma il come ci siamo arrivati preferiamo dirvelo personalmente:
Massimo Rosi (MR) -  Dopo aver fondato la BookMaker Comics ho avuto la fortuna di poter viaggiare molto per lunghi periodi (grazie Mamma!) e dopo aver vissuto una stagione a New York e Chicago e un anno a Toronto, ho capito veramente cosa serviva a quella che era la nostra associazione per poter crescere con una propria identità diversa da quella “classica” del fumetto italiano.
Matteo Gerber (MG) – Eravamo arrivati ad un punto in cui l’associazione ci stava “stretta”, non solo come luogo in cui esprimere il nostro estro ma anche come realtà imprenditoriale. Per realizzare questa trasformazione occorreva adattarsi ad un sistema distributivo non accessibile se non in qualità di casa editrice.
Paolo Maini (PM) -  Come già introdotto da Massimo, la necessità di dare al panorama fumettistico italiano una veste “particolare” e universale è stata fomentata dalla forte influenza che ha esercitato (e tutt’ora esercita) il fumetto americano sulla nostra passione. Per questo, dopo averlo raggiunto in Canada e aver partecipato ad un Comicon, siamo tornati in Italia con una strategia di mercato ben definita. Diciamo, in sintesi, che è stato un po’ come andare a La Mecca.

È un dato di fatto oggi che molte start up digitali italiane decidano sempre più spesso di emigrare all’estero, sia in campo fumettistico che non. Nel vostro caso la scelta da cosa è stata dettata?
PM
-  Ad essere sinceri, l’idea di lanciarci in un mercato digitale ci venne suggerita in quel di Reggio Emilia da Onofrio Catacchio (che tutt’ora ringraziamo), il quale ci illumino su quella che è l’attuale tendenza evolutiva del mercato mondiale del fumetto.
Ad oggi crediamo fermamente nel pionierismo di quelle parole, visto e considerato che l’applicazione “bypassa” (letteralmente) numerose fasi scomode, tra cui i costi di produzione e di distribuzione, facilitando l’accessibilità dei prodotti a livello internazionale.

Quando avete deciso di creare la vostra casa editrice, forti già dell’esperienza dell’associazione culturale, avete comunque avuto un modello di riferimento preciso cui ispirarvi, una realtà digitale che vi ha particolarmente colpito e che avete analizzato prima di entrare direttamente sul campo?
MR
– Beh… Il nostro modello di riferimento primario per il formato cartaceo è sempre stato il fumetto americano e, di conseguenza, Comixology per quel che concerne il mercato digitale mondiale, grazie alla quale ho avuto modo di apprezzare, nonostante io sia un amante della carta, la fluidità della lettura e la comodità del suo sistema di vendita. Quindi l’analisi è stata piuttosto semplice, in una sola applicazione abbiamo trovato: impostazione grafica intuitiva, facile reperibilità dei fumetti con un sistema di archiviazione organizzato ed un’esaltazione dei colori e del movimento nella pagina di fumetto.

La BM ha fatto una scelta particolare: con l’applicazione si applicano fumetti per così dire “geolocalizzati”, cioè scaricati in lingue diverse a seconda della nazione dove avviene il download. Che scelta di lingue è possibile al momento? Pensate di ampliarla? E la controparte cartacea del fumetto digitale è lo stesso disponibile in più idiomi?
MG
– Comparo questa grande potenzialità del fumetto digitale rispetto al cartaceo alla grande rivoluzione del DVD rispetto al VHS. Avrebbe poco senso vantare la reperibilità dei nostri prodotti all’estero se questi ultimi non fossero in lingua. Per ora le lingue, oltre all’italiano, sono solo due: inglese e francese… Per quest’ultima mi occupo personalmente delle traduzioni. Ovviamente è solo l’inizio, i prossimi obbiettivi sono sicuramente lo spagnolo (di cui abbiamo già un prodotto, Bone Machine) e il tedesco e speriamo di arrivare quanto prima ad una “copertura linguistica” più vasta possibile.

La scelta di pubblicare anche in lingua inglese i vostri fumetti deriva sicuramente dalla possibilità di raggiungere un vasto numero di lettori e fruitori: fino a oggi che dati avete a disposizione sui download nelle varie lingue? Dal vostro punto di osservazione il mercato digitale italiano è ancora molto “acerbo”?
PM
– È quasi paradossale, ad oggi i dati di download sono interessanti e nel contempo inquietanti. Abbiamo una media di un migliaio di download mensili… e l’Italia, in un’eventuale classifica, occuperebbe il quarto posto. Sul “podio” troviamo gli Stati Uniti, il Canada e l’Inghilterra, il tutto senza aver avviato alcuna copertura pubblicitaria nei territori interessanti. Questo la dice lunga su quanto la cultura anglofona ci preceda per quel che concerne l’interazione con questo nuovo supporto.

Le potenzialità della distribuzione digitale sono enormi rispetto a quella tradizionale, soprattutto nel campo dell’editoria a fumetti. In Italia c’è ancora una sorta di timore da parte degli editori nell’affrontare e nell’aprirsi a questo nuovo mercato. Come vanno le cose nel panorama internazionale e nel mercato di lingua inglese in cui avete deciso di trovare spazio? Quali sono le differenze secondo voi tra gli operatori italiani e in lingua inglese nel campo dell’editoria digitale?
MG
– Parzialmente abbiamo già risposto a questa domanda, ma per quanto riguarda gli altri operatori connazionali possiamo dire vi sono ancora diversi ostacoli da superare prima di veder concretizzarsi la realtà dell’ E-commerce nel nostro territorio. Sicuramente un nostro vantaggio, in quanto casa editrice giovane, sta nell’assenza di questi ostacoli e la libertà di poter sperimentare.

Puoi presentarci, brevemente, le serie a fumetti che state attualmente pubblicando e darci qualche anticipazione su cosa ci riserverà in futuro la BookMaker Comics?
Volevamo dare una nuova veste grafica e concettuale ai nostri seriali, ispirati soprattutto dal format televisivo americano che, al momento, domina il mercato dell’intrattenimento audio-visivo. Prendendo spunto da questa idea sono nati prodotti come Land Of The Brave, Nerd Bash, Il Fottuto Uomo Rana e molti altri tutt’ora in fase di ultimazione. La loro struttura, come detto in incipit, ci consente di suddividerli in stagioni e questo ci permette di vagliare costantemente l’interesse dei lettori e il potenziale del prodotto.
Per il futuro sono previste nuove serie, le seconde stagioni dei prodotti già in corso e alcune graphic novel che inaugureranno un nuovo formato. Al momento faremo una breve pausa estiva per coltivare una serie di tour promozionali nelle fumetterie che ce lo richiedono, ma torneremo per Lucca Comics & Games 2013 colmi di novità.

A Fullcomics & Games 2013 siete stati premiati in ben due categorie: miglior fumetto per ragazzi con Nerd Bash e miglior fumetto seriale con Land of the Brave. Al di là della ovvia soddisfazione, che significato hanno per voi questi due riconoscimenti?
MR
– Vincere questi due riconoscimenti è stata sicuramente una grande soddisfazione sia come editori, che come autori, per il semplice fatto che è stata una decisione del pubblico e dei nostri lettori. Speriamo solo che sia il primo di una lunga serie.
PM – È una duplice soddisfazione. Avevamo investito molto sulla differenziazione dei nostri prodotti e sulla revisione del classico formato seriale. Ad oggi possiamo dire di aver quasi concretizzato tutte le aspettative riposte nel nostro piano editoriale… e questo è stato possibile solo grazie alla fiducia dei nostri lettori.

I vostri fumetti sono pubblicati sia in formato digitale sia in quello cartaceo: in futuro pensate che sfrutterete le possibilità offerte dai dispositivi integrando le storie con suoni, animazione delle tavole, ecc. un po’ come stanno facendo realtà editoriali come Madefire, creando a dei prodotti pensati esclusivamente per la piattaforma digitale?
PM
– A mio avviso, il confine tra la “distrazione” e l’interazione “aumentata” è molto sottile. Basti pensare agli storici “fumetti in 3D”, per molti versi rivoluzionari, che non attecchirono a causa dell’evidente scomodità di lettura e la difficoltà nel poter seguire la storia senza distrazioni. Il fumetto è magico anche perché, a conti fatti, non necessitiamo di suoni reali e movimenti per godercelo appieno.

Attualmente la vostra applicazione è disponibile per piattaforma iOS Apple: in futuro pensate di allargare la fruizione e la vendita dei vostri fumetti anche su piattaforme quali Android o Windows?
MG
– A dire il vero, la versione Android fu la prima app BookMaker ad essere sviluppata. Purtroppo, a causa di problemi “tecnici”, è stata un po’ abbandonata a se stessa, ma stiamo lavorando per confermare la presenza anche su questa importante piattaforma. Paradossalmente è più facile trovare sviluppatori Apple rispetto a quelli Android.

Argomento revenue.  La BM Comics ha sposato una filosofia ben precisa che consiste nel pagare esclusivamente gli autori dei fumetti, senza nessuna revenue per i fondatori. A parte quando siete autori di qualche vostro fumetto, in qualità di editori non avete davvero nessuna forma di ritorno economico?
MR
– Non so se la definirei una vera e propria filosofia, in realtà il nostro metodo di approccio verso i nostri collaboratori è molto semplice: facciamo quello che numerosissimi editori nel panorama Italiano del fumetto non fanno, paghiamo i nostri autori a discapito della nostra personale retribuzione sia come autori che come editori…
Ed onestamente non è che non ci retribuiamo per un senso di gloria o che altro, ma per il semplice motivo che gli autori sono importanti e preziosi per noi e diamo loro la precedenza perché senza di loro i nostri prodotti non potrebbero esistere.

L’editoria digitale ha costi ovviamente diversi rispetti a quella tradizionale e analogica. Sulla base della vostra esperienza sia come editori di fumetti cartacei sia come editori di fumetti digitali potete fare per noi una riflessione sull’attuale costo dei due tipi di prodotti, sia per chi li produce che per l’utente finale che li fruisce?
PM
– Inutile nascondere l’abissale divario che sussiste tra i due prodotti: il prodotto digitale, una volta assolti i dovuti compensi spettanti al disegnatore, letterista e traduttore, non è altro che un semplice “pdf” animato da una regia (apparentemente semplice) curata dagli stessi autori. I costi di realizzazione, o di trasposizione del prodotto nella veste digitale, potrebbero risultare quasi irrisori se paragonati ai classici costi di produzione ben noti agli editori del settore.
Per contro, il rovescio della medaglia è insito nell’assenza fisica di un prodotto concreto. Mi spiego: se vado in fumetteria so che spenderò dai tre ai venti euro per un fumetto che mi interessa. Inutile dire che quel tipo di spesa non solo è utile a coprire una veste “lussuosa” e, volendo, dei contenuti esclusivi, ma è anche una piccola e speranzosa forma di “investimento” per quel che concerne il mercato del collezionismo che da sempre anima il nostro settore.
A conti fatti è una semplice questione di scelte… il divario che sussiste tra il cofanetto di un film e la sua controparte digitale è riducibile ad questione di comodità, passione ed esigenze. Nel nostro caso specifico, una versione non annulla l’altra. Il fumetto digitale, benché privo di una veste fisica accattivante, per certi versi è in grado di onorare i metodi innovativi di lavorazione del fumetto in misura maggiore rispetto alla carta. Basti pensare alla colorazione digitale che per definizione trova la massima esaltazione a bordo dello stesso formato che l’ha concepita.

Che incidenza hanno in percentuale il costo legato alla produzione delle opere che pubblicate (autori, disegnatori, scrittori, etc.), il costo relativo alla parte tecnologica e digitale (server, sviluppo delle applicazioni, accordi con le varie piattaforme) e il costo relativo alla pubblicizzazione dei prodotti? Quale influisce di più sulla gestione economica di una realtà come la vostra?
MR
– Sicuramente esiste una grande differenza di costi tra digitale e cartaceo, soprattutto sul lungo termine; la nostra applicazione digitale ad esempio ha avuto un costo abbastanza alto inizialmente, ma a livello di manutenzione ci fa risparmiare molto di più rispetto alla serialità dei prodotti cartacei che fondamentalmente sono una grossa spesa ogni mese.
Nonostante queste premesse, ad oggi però, il cartaceo riesce ad influire molto di più sulla nostra base economica di un’applicazione digitale, che come abbiamo detto più volte, è ancora troppo “pioneristica” in un paese come il nostro.

Gli amanti e appassionati della lettura di fumetti e libri hanno accolto a braccia aperte l’arrivo dell’editoria digitale e ritengo che il mercato analogico possa essere affiancato da quello digitale senza necessariamente subirne in senso negativo la presenza: di ciò voi potreste essere la dimostrazione.  In qualità di operatori anche digitali che idea vi siete fatta? È ovvio che credete nella possibile coesistenza delle due realtà, magari anche grazie a una differenziazione dei prodotti tra l’una e l’altra.
PM
– Più che di coesistenza, parlerei di evoluzione. E’ logico pensare che in un mondo in costante evoluzione i servizi siano portati inevitabilmente al cambiamento in funzione della comodità del fruitore.
Vi è una notevole differenziazione delle due realtà: in una godiamo di una “lettura guidata”, coadiuvata da un’opzione per così dire “registica” che conferisce una nota dinamica al passaggio da una vignetta all’altra. La “lettura classica” (o cartacea, che a dir si voglia) richiede un impegno maggiore da parte del lettore che deve, con la sua fantasia, completare alcuni passaggi per nulla scontati. Questo comporta sicuramente un coinvolgimento più ampio e un’affettività maggiore nel prodotto che può sfociare nel collezionismo.
Noi siamo cresciuti con il cartaceo e per quanto riconosciamo l’indispensabilità dell’evoluzione, non abbandoneremo mai del tutto questo formato.

Che riscontri avete avuto fino a oggi sui vostri dati di vendita? E che forme pubblicitarie avete usato per farvi conoscere in giro per il web? Che ruolo hanno giocato in questo i social network come FB o Twitter?
MG
– Ovviamente la presenza sul web gioca un ruolo fondamentale per farsi conoscere e fidelizzare i propri lettori. Facebook e il nostro blog sono mezzi importantissimi per la comunicazione diretta con il nostro pubblico, il nostro sito deve essere una fedele vetrina che offra al fruitore un quadro completo dei nostri prodotti e della nostra identità. Ma sicuramente, a livello promozionale, ciò che ci aiuta di più è l’attenzione che voi ed altri importanti siti dedicati al mondo del fumetto ci accordano, dandoci la possibilità di entrare di ampliare lil nostro bacino di utenza. Interviste come questa o recensioni dei nostri prodotti sono una risorsa fondamentale per giovani editori come noi per validare la qualità dei nostri titoli e per questo vi siamo grati.

Come deve fare un giovane autore per essere pubblicato da BM Comics? Per cercare i giovani con cui collaborare fate scouting direttamente o vi appoggiate, per esempio, alle scuole di fumetto?
MR
– Un giovane autore per potersi proporre a noi deve semplicemente seguire il submission form reperibile sul nostro sito web. A quel punto noi vagliamo tutte le proposte che ci vengono mandate.
Per quanto riguarda lo scouting solitamente non andiamo a cercare quello che ci serve per i nostri prodotti e per l’identità del nostro marchio in un luogo ben preciso… ovviamente le scuole del fumetto sono in cima alla lista, Facebook, ma anche piccole realtà indipendenti e autoprodotte, giovani autori emergenti che sempre più spesso vengono ignorati per dar spazio ai soliti “vecchi” (J ndr). Noi, da giovani, siamo per dare spazio agli emergenti aggirando i nepotismi che creano i soliti luoghi comuni verso il nostro paese.

All’inizio di giugno so che siete stati al Festival del Fumetto di Copenaghen: trovate utile partecipare a molti festival in giro per l’Europa, o per il mondo?
È nostra idea (molto ambiziosa) il poter creare un’identità di fumetto europeo che al momento non esiste e che costituisce la grande debolezza e disunione del nostro continente per quel che concerne il panorama fumettistico. Per questo, a piccoli passi, abbiamo incominciato a muoverci in quelle fiere che risultano essere le meno conosciute (ma non per questo le meno importanti) nel nostro settore.
Durante la nostra recentissima permanenza in quel di Copenhagen abbiamo avuto modo di scoprire, con nostra somma sorpresa, una cultura fumettistica forte e molto più dinamica se confrontata alla nostra. È interessante vedere come la cultura fumettistica danese sia stata recentemente influenzata dal mercato franco-belga, da quello americano e dal cinema scandinavo per quel che concerne l’approccio narrativo. Il risultato finale, a nostro dire, è decisamente sorprendente e promettente.
Quindi, per rispondere alla domanda, sì… è importantissimo partecipare a questi eventi, sia in qualità di autori che di editori.

Intervista effettuata via email il 05/06/2013

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