Borsellino. Non può finire, non può sparire, non può morire…così

Creato il 19 luglio 2011 da Yourpluscommunication

Oggi è il giorno della memoria. L’ennesimo di questa Italia malata che troppi, per curarla, hanno pagato con la vita. Oggi, si ricorda la morte di Paolo Borsellino, il Magistrato ucciso dalla mafia, il 19 luglio del 1992, a Palermo in via Mariano D’Amelio.

Oggi che ricorre il 19esimo anniversario di quella strage, definita “di Stato”, non si dimentica nemmeno il valore delle vite e del lavoro di cinque agenti della Polizia di Stato: Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina ed Agostino Catalano.

Paolo Borsellino, sapeva di essere il prossimo dopo la strage che segnò la fine del suo braccio destro e amico Giovanni Falcone, aveva detto “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”. Non poteva immaginare, però, che erano cinquantasette i giorni che lo separavano dal suo destino. Se molte erano le cose che sapeva e non doveva, molte altre erano quelle che avrebbe dovuto sapere per salvarsi. Quel giorno mentre scendeva dalla sua auto blindata per andare a trovare la madre veniva osservato dall’alto del monte Pellegrino. Ebbe il tempo di suonare al citofono. Poi il boato, la tragedia, il dolore.

Dopo Paolo Borsellino, che nel giugno di quello stesso anno aveva forse scoperto l’accordo tra Stato e Mafia e quindi andava eliminato il prima possibile, le stragi tacquero.

Da allora e per tutti questi anni, le indagini della magistratura hanno portato all’arresto dei soli esecutori materiali di quell’attentato. Su chi lo decise molte restano le incertezze. Meno quelle relative ai “perché” lo fecero.

Il silenzio. Questo era ed è stato il messaggio che l’entità esterna insieme a ‘Cosa Nostra’ inviò più forte che chiaro. Perché se il cancro non è ancora stato debellato, non si è nemmeno fermata la ricerca per debellarlo. Questo che è il messaggio della giustizia, suona tanto chiaro, quanto forte.

La morte, le stragi, le minacce non trovano mai, e in nessuna occasione, una giustificazione. Non diventano un dato scientifico per educare, anche con l’omertà, alla cultura “cosa nostra”. Non si uccide e non si uccide chi combatte la mafia. E oggi che quei se e quei ma figli del senno di poi ne ribadiscono il concetto, noi lo ricordiamo. Ad uccidere è il silenzio. Ad uccidere è la mafia, non chi la combatte.

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, non ha dubbi:

“Perché quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l’assassinio di Paolo e di quei ragazzi che sono morti in via D’Amelio come una strage di mafia. [...] Quello che noi invece cerchiamo in tutti i modi di far capire alla gente [...] è che questa è una strage di Stato, nient’altro che una strage di stato. E vogliamo far capire anche che esiste un disegno ben preciso che non fa andare avanti certe indagini, non fa andare avanti questi processi, che mira a coprire di oblio agli occhi dell’opinione pubblica questa verità, una verità tragica perché mina i fondamenti di questa nostra Repubblica. Oggi questa nostra seconda Repubblica è una diretta conseguenza delle stragi del ‘92”


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