Qui di seguito il testo della corrispondenza per lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 1 dicembre a Radio Radicale.
La firma degli accordi di pace di Dayton il 21 novembre 1995:
seduti, da sinistra, Slobodan Milosevic, Franjo Tudjman e Alia Izetbegovic
Commentando le circostanze sociali in BiH 15 anni dopo Dayton, il professore Miodrag Zivanovic, della Facolta’ di Lettere di Banja Luca, afferma che esse sono "piu’ difficili rispetto alle circostanze subito dopo la firma dell’Accordo di Dayton". "Visto con l’occhio delle persone semplici, praticamente non e’ stato fatto nulla, mentre le distanze etniche sono molto piu’ profonde, forse anche piu’ grandi rispetto a quelle durante gli anni di guerra" dice Zivanovic e ricorda che le istituzioni di Dayton funzionano a malapena. "La parte serba e croata non sono a favore della BiH ed i leader di queste due entita’ etniche ne sono praticamente espliciti. Purtroppo, nemmeno la terza parte, quella bosgnacca, non e’ sinceramente a favore della BiH anche se in modo declarativo dice di esserlo. Negli ultimi 15 anni le visioni politiche bosgnacche sono state massimaliste con una significativa dosi di linee e visioni del futuro irreali" afferma Zivanovic.
Comunque, nonostante le differenze, le leadership di tutti e tre popoli che costituiscono la BiH concordano che i cambiamenti sono indispensabili. Secondo molti commenti, il ruolo chiave sara’ quello del quarto fattore – il fattore internazionale, Washington e Bruxelles, ma ultimamente sempre piu’ presenti anche Mosca ed Ankara. Un articolo del quotidiano croato ‘Vecernji list’, in occasione dell’anniversario di Dayton, scrive che "Dayton, non solo ha portato al Paese instabilita’ e problemi politici, bensi’ problemi vitali quali un’economia debole e poverta’. Ogni giornata di questo ordinamento, significa piu’ poverta’, indietreggiamento e instabilita’. La BiH, i suoi popoli ed i suoi cittadini non possono piu’ aspettare" avverte Miroslav Vasilj di ‘Vecernji list’ nel suo articolo pubblicato lo scorso 21 novembre.
In una specie di diaro di Dayton 1995, il noto giornalista e pubblicista Erol Avdovic, richiama le vicende di quel storico martedi’ di 15 anni fa, quando il 21 novembre 1995 a Dayton, fu firmato l’Accordo di pace che segno’ la fine della guerra in BiH. Si tratta infatti delle note giornalistiche di Avdovic che furono inserite nel suo libro pubblicato a Zagabria nell’estate 1996, sotto il titolo "Il sommergibile di Dayton". Milosevic, racconta Avdovic, aveva proposto a Tudjman durante la fase dei negoziati che la delegazione serba e quella croata escano in pubblico con un comunicato congiunto in cui si avrebbe detto che la Croazia e la Repubblica Federale della Jugoslavia accettano di sottoscrivere l’Accordo di Dayton. Mentre ai musulmani si lasciava di decidere da soli: se vogliono la pace oppure la guerra.
Si crede che il presidente serbo convinse anche il presidente croato che i croati "rinuncino alla parte della Bosnia di cui si erano impossessati", vale a dire la regione di Posavina. Milosevic infatti avrebbe fatto presente a Tudjman che il computer americano aveva gia’ "disegnato i confini a favore della Republika Srpska". Si suppone che il presidente serbo ripete’ a Tudjman di non preoccuparsi perche’ "ci saranno dopo delle correzioni...". E cosi’ fu persa la regione croata Posavina. Secondo Avdovic, quell’ultima giornata a Dayton, e anche molto dopo, tante delle dispute territoriali e concettuali non furono risolte. All’epoca si parlava soltanto se "accettare" o "non accettare" l’accordo.
A proposito del problema "minore", quale la zona di Brcko, il presidente croato disse che "il tempo dell’arbitrato internazionale a Brcko dovrebbe essere solo di sei mesi!". Milosevic, accettando i termini dell’Accordo di pace di Dayton, "generosamente" propose che l’arbitrato sulla zona di Brcko poteva durare "perfino 12 mesi", ricorda Avdovic. Dopo che la parte serba e quella croata accettarono l’Accordo, il segretario di stato americano Christopher incontro’ il presidente bosgnacco, Alija Izetbegovic e l’allora ministro degli esteri Haris Silajdzic. Spettava a loro la decisione se firmare altrettanto l’Accordo. "Questa non e’ una pace giusta, ma il mio popolo ha bisogno di pace. Per il mio popolo sarebbe una maggiore ingiustizia se la guerra continuasse" disse allora il presidente Izetbegovic e cosi’ nacque la sua famosa frase: "In un mondo come questo, la Bosnia non poteva sperare ad una pace migliore".
Sarajevo invece rimase la citta’ non divisa. In vista di Dayton, l’agenzia di stampa serba Tanjug affermava invece che Sarajevo verrebbe al cento percento divisa. Quando la parte dei serbi bosniaci, come ultima, seppe i detagli, inizio’ una vera sparatoria retorica e fu deciso che i rappresentanti di Radovan Karadzic non parteciperanno alla cerimonia della firma. Ma nemmeno l’allora rappresentante della Presidenza della BiH, Ivo Komsic come nemmeno Kresimir Zubak, presidente della Federazione BiH non furono presenti a questa ceremonia come segno di protesta per la decisione che la regione della Posavina bosniaca rimase parte dell’entita’ serba della BiH. Secondo Avdovic, "fu previsto che la guerra termini cosi’ come fu iniziata – nella mente della gente". Sin dall’inizio, scrive questo giornalista bosniaco, si calcolava che l’accordo di pace sarebbe di carattere provisorio e che poi doveva essere modificato. Come sappiamo, questo ai tempi di oggi non e’ ancora accaduto.
In qualche modo, tutti a Dayton si sentirono vincitori, anche se Milosevic in modo patetico disse "non ci sono vincitori – tutti hanno perso". "Tuttavia, Tudjman si mostrava tionfante, poiche’ a Dayton realizzava il suo piano di guerra. Milosevic molto probabilmente credeva che l’Occidente lo avrebbe amnistizzato e che non cadeva nella trappolo relativa al Kosovo. Era contento di essersi liberato dai pazzi Karadzic e Mladic che diventarono un problema della giustizia internazionale..." scrive Avdovic. Il presidente Izetbegovic, dopo Dayton, figurava come serio candidato per il Nobel della Pace. Anche l’amminsitrazione Clinton trionfava. Fu fermata la guerra che produceva i piu’ atroci crimini in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. E costrinse i leader balcanici di riconoscere praticamente i confini come confini di stati internazionalmente riconosciuti. In conclusione del suo articolo, Avdovic chiede agli americani la risposta di tutte le risposte: perche’ avevano accettato (o insistito) che l’entita’ minore della BiH abbia il nome della leaderscip dei serbi bosniaci che commisero il genocidio di Srebrenica nel 1995? Lo stesso ordinamento entitetico della BiH non e’ cosi’ contestato in BiH come lo e’ infatti il nome dell’entita’ serba – Republika Srpska.
Proprio su questa traccia, l’ex membro della presidenza della BiH e leader del Partito per la BiH, Haris Silajdzic, in occasione dei 15 anni dell’Accordo di Dayton, valuta che questo accordo aveva fermato la guerra ma che sta’ diventando sempre di piu’ un mezzo di divisione e di distruzione della BiH. Partecipando ad una conferenza dedicata ai 15 anni di Dayton, l’allora capo della diplomazia della BiH, ha precisato che per la BiH sono necessarie soluzioni di una nuova costituzione che rispettera’ i principi democratici contro richieste etniche affinche’ il Paese possa accettare gli standard europei.
L’Alto rappresentante per la BiH, Valentin Inzko ha sottolineato che i paesi vicini della BiH hanno preso le distanze dal nazionalismo che prima era presente "e lavorano attivamente per sviluppare un clima di collaborazione che sara’ opportuno per ciascuno dei paesi della regione". Inzko ha valutato che gli ultimi quattro anni sono stati anni di stallo in BiH e ha rilevato che i politici locali devono impegnarsi ad adattare la Costituzione agli standard europei e rafforzare l’economia. Secondo il neo presidente della Republika Srpska e leader dell’Alleanza dei socialdemocratici indipendenti (SNSD), Milorad Dodik l’Accordo di Dayton e’ l’unica base possibile dell’esistenza e sopravvivenza della BiH. I tentativi falliti della modifica di solo un anex dell’Accordo dimostrano in effetti con quanta attenzione e’ stato scritto l’Accordo, afferma Dodik e aggiunge che le modifiche finora sono state risultato delle decisioni dell’Ufficio dell’Alto rappresentante che, secondo le parole di Dodik, rendono ancora piu’ difficile la situazione in BiH.
C’e’ da dire che a 15 anni dalla firma dell’Accordo di Dayton, il 62,5 percento della popolazione della BiH, secondo un sodaggio del Galup, ritiene di aver bisogno di una nuova Costituzione. Una alta percentuale, 43,3 percento sarebbe a favore della secessione della RS mentre il 32,7 percento appoggia l’istituzione di una terza entita’, vale a dire la divisione della Federazione della BiH in due parti: quella croata e quella bosgnacca. Ma la maggioranza, il 53 percento teme che la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo avra’ conseguenze negative, cioe’ provocherebbe anche la divisione della Federazione BiH. Secondo il censimento del 1991, in BiH vivevano 44 percento bosgnacchi, 31 percento serbi e 17 percento croati. Un passaporto croato oggi hanno 14,7 percento di cittadini della BiH mentre quello serbo lo hanno soltanto 2,7 percento. I bosniaci non credono alle riforme: la fiducia nei partiti politici e’ minima, non credono ne’ all’Ue, ne’alla Nato, ne’ alle Nazioni Unite. Ma almeno un terzo della popolazione crede che dopo la sospensione del regime di visti per l’ingresso nell’Ue, aumetera’ notevolmente il numero di emigrati.
Un decennio e mezzo dopo Dayton, quasi tutti concordano che questo accordo era buono nella misura in cui segno’ la fine della guerra sanguinosa in BiH. Tempo passando pero’ si e’ dimostrato che la Costituzione della BiH che risale a Dayton, come parte integrale dell’intero accordo, non e’ una soluzione ideale affinche’ questo paese possa stabilizzarsi a lungo termine, scrive il corrispondente del quotidiano croato ‘Vjesnik’ Alenko Zornia. Per questo motivo, anche il quindicesimo anniversario di Dayton e’ stata un’occasione di parlare molto delle modifiche cosituzionali. Le posizioni dei serbi bosniaci le abbiamo sentite per voce del presidente della RS Milorad Dodik, quelle dei bosgnacchi, cosi’ come commentate da Haris Silajdzic. Per quanto riguarda i croati, questo popolo della Bosnia multietnica e’ particolarmente insoddisfatto con l’attuale posizione costituzionale e per questo motivo, praticamente tutti i politici croati in BiH insistono su soluzioni nuove.