27 ottobre 2014 di Dino Licci
La ricerca della pietra filosofale ha appassionato per secoli alchimisti più o meno famosi ed apprendere che, alla morte di Newton si scoprì che egli aveva nascosto in una valigia molti calcoli e leggi di sapore alchemici, mi ha fatto una certa impressione. Proprio per rispetto alla sua memoria, molte Università rifiutarono di prendere in consegna tale materiale e, secondo me, fecero male perché l’animo umano è talmente complesso che ragione e illusione possono benissimo coesistere nello stesso individuo. Ma che cos’è questa pseudoscienza che per secoli ha appassionato studiosi che, solo col passare del tempo, sarebbero diventati chimici di alto livello? Era una disciplina che studiava i metalli per cercare di creare la pietra filosofale dotata di tre proprietà straordinarie:
- fornire un elisir di lunga vita in grado di conferire l’immortalità fornendo la panacea universale per qualsiasi malattia;
- far acquisire “l’onniscienza” ovvero la conoscenza assoluta del passato e del futuro, del bene e del male;
- acquisire la possibilità infine di trasmutare in oro i metalli vili.
Non c’è quindi da stupirsi se, a partire dal Quattrocento fino a tardo Rinascimento, anche nel campo dell’arte s’instaurò un forte legame tra artisti e alchimia tanto che molti dipinti del tempo contengono un gran numero di simboli di difficile interpretazione. Persino le opere con i soggetti più semplici come una “Madonna con Bambino”, appaiono ricchi di significati tratti dal mondo alchemico, come nel caso del famosissimo dipinto della “Madonna del Magnificat”, che il Botticelli realizzò nel 1481. Non sempre tutto è semplice come appare e spesso, specialmente nel periodo rinascimentale i quadri nascondevano molti misteri e messaggi di sapore magico. Per leggere un quadro, alla luce delle credenze del tempo, bisogna conoscere i quattro processi che consentono la trasformazione della materia e cioè:
Amore, Coscienza, Conoscenza e Perfezione.
Nel caso della “Madonna del Magnificat” del Botticelli, ci troviamo in presenza di cinque angeli i cui colori simboleggiano i vari gradi del processo di trasmutazione della materia che avrebbe portato alla creazione della “pietra filosofale”. Il nero (nigredo) è l’ombra oscura che risiede in ogni animo umano così come il rosso (rubedo) simboleggia la passione e infine il bianco (albedo) è lo stato finale della purificazione.
Nel dipinto botticelliano, un angelo ha una veste gialla, simbolo del processo intermedio tra i primi due stadi della trasformazione (da nigredo a rubedo) . Di fianco c’è l’angelo con la veste nera, mentre quello con la veste rossa, li stringe entrambi tra le braccia. I due angeli con la veste bianco sporco reggono una corona d’oro (simbolo della Perfezione) che ricade sul capo della Vergine mentre il Bambino è avvolto in una stoffa completamente bianca: la purezza totale. Questo è un esempio di come il misticismo religioso possa influenzare comportamenti e convincimenti che lasciano un forte segnale nei secoli. Botticelli, come abbiamo visto, influenzato anche dalla prediche del Savonarola, intendeva identificare il fine ultimo del processo alchemico e cioè la pietra filosofale, con lo spirito puro di Gesù e molte sue opere saranno pervase da un misticismo tale che spesso il suo eloquio pittorico nasconde significati sempre più incomprensibili.