Jack è timido, incerto, esitante ma riesce a trovarsi delle amicizie e addirittura comincia una storia con una ragazza , Michelle, segretaria nel magazzino in cui lavora.
Un giorno assieme a un collega vede una macchina uscita fuori strada e sprezzante del pericolo salva una bambina che vi era rimasta imprigionata dentro.
Diventa un eroe ma tutto questo fa ritornare a galla il suo innominabile passato, stroncando praticamente il suo futuro....
Boy A di John Crowley è un film tratto dall'omonimo romanzo pubblicato nel 2004 da Jonathan Trigell ispirato a sua volta all'efferato omicidio del piccolo James Bulger, avvenuto a Liverpool nel 1993 , ad opera di due bambini di poco più di 10 anni ( potete approfondire la storia qui ).
Il titolo si riferisce alla locuzione con cui vengono indicati i minori a processo ( per quel crimine terribile Boy A e Boy B ) al fine di proteggerne l'identità in vista di un loro possibile reinserimento sociale.
La storia di Jack, sappiamo subito che non è il suo vero nome, ma se lo è scelto, ci viene illustrata man mano che passano i minuti utilizzando diversi flashback che mettono in parallelo la sua vita, anche banale se vogliamo di ora, con quella vissuta nella sua preadolescenza, caratterizzata da una grave malattia della madre e dalla depressione del padre.
Tutto questo contribuì a farlo sentire abbandonato a se stesso e nel contempo trovò l'amicizia di Philip, un vero e proprio piccolo disadattato, bulletto di periferia insofferente alle regole e alla scuola.
Jack è pronto a intraprendere una nuova vita pur annichilito dai fantasmi di un passato che probabilmente lo tormenterà per tutta la vita ma vuole disperatamente ripartire da zero , o meglio da quel poco ( anche se un appartamento e un lavoro seppur entrambi modesti non è assolutamente poco ) che l'assistente sociale Terry ( un sempre bravo Peter Mullan) è riuscito a procurargli.
Jack è fragile come un cristallo, un cucciolo appena nato che ancora deve imparare come è fatto il mondo e Terry cerca di insegnarglielo con la sua umanità e la sua esperienza.
A costo di dimenticare i suoi cari, sacrificati all'altare della missione di recuperare disadattati.
Già basterebbe trattare queste tematiche per nutrire interesse in un film come questo, a suo modo di denuncia, ma a questo dobbiamo aggiungere una regia misurata e sensibile da parte di Crowley che si prende tutto il suo tempo per fare un ritratto a tutto tondo di Jack e soprattutto un'interpretazione intensa di Andrew Garfield, catturato in un'invidiabile spontaneità, prima del suo successo planetario e della palestra che lo ha fatto diventare il nuovo Amazing (non tanto) Spiderman.
Ma Boy A è anche una critica neanche tanto velata al potere distruttivo dei mass media, a quanto possa essere difficile dimenticare un passato così ingombrante anche da parte di una società cieca e sorda di fronte al possibile recupero sociale di un ragazzino, un mostro acefalo che seppellisce nel passato ma non dimentica, facendo uscire tutto alla prima occasione.
Jack è schiacciato inesorabilmente da tutto questo e vede una sola soluzione possibile, trovandosi in totale solitudine e allontanato da tutti, almeno così gli sembra.
Jack è la vittima sacrificale di una società che ha già dato la sua sentenza definitiva, è prigioniero a vita dell'errore che ha commesso nel passato.
Vittima sin dall'inizio, sin da quando ha incrociato sulla sua strada Philip.
Pur ispirato a un terribile fatto di cronaca, il film se ne affranca indugiando sulla figura di Jack, lontana da quella reale degli assassini di Jack Bulger, regalando allo spettatore un ritratto intenso e credibile grazia anche alla ottima performance di Garfiled.
Praticamente sconosciuto in Italia dove è uscito alla chetichella in dvd nel 2009, inizialmente pensato come film televisivo ma poi rilanciato in sala dopo un passaggio alla Berlinale del 2008 e i premi vinti ai BAFTA ( i premi della televisione britannica) dello stesso anno, a testimonianza di come sia sottile in Inghilterra la distanza che separa la qualità della fiction televisiva e il cinema.
Facendoci sentire ancora una volta terzomondo cinematografico.
PERCHE' SI :tematiche importanti, ottima performance di Andrew Garfield prima della "cura" americana, buonissima regia
PERCHE' NO : astenersi fanatici del lieto fine e astenersi allergici dei film costruiti attraverso i flashback.
( VOTO : 7,5 / 10 )