Steelheart è il primo libro della Reckoning series. A questo romanzo è seguito un racconto, Mitosis, che sospetto leggerò in inglese perché non so se sarà mai tradotto in italiano. Il romanzo successivo, Firefight, è previsto per il 6 gennaio del 2015, mentre un altro romanzo, Calamity, è ipoteticamente previsto per il gennaio del 2016. Questa è la mia recensione di Steelheart.
Ancora una volta Brandon Sanderson fa centro con un romanzo capace di ribaltare gli stereotipi del genere e di coinvolgere il lettore spingendolo a divorare il libro dalla prima all’ultima pagina.
Già con Mistborn. L’ultimo impero lo scrittore statunitense aveva scelto di narrare la lotta di un improbabile gruppo di eroi decisi a ribaltare l’esito di un conflitto vecchio ormai mille anni, conflitto nel quale l’eroe destinato a salvare il mondo dalle forze del male era stato sconfitto. Fra i protagonisti del Conciliatore c’era anche Lievecanto, un dio che non credeva nella propria divinità. In Steelheart coloro che dovrebbero essere i supereroi, gli Epici, sono i cattivi.
In fondo il ragionamento è semplice: se una persona ha poteri che vanno al di là delle normali capacità umane, la legge umana si applica anche a lui? E nel caso in cui quella persona decidesse di farsi leggi proprie e di ubbidire solo alla propria volontà, chi potrebbe dirgli che non può fare quel che sta facendo?
Il prologo è ambientato dieci anni prima rispetto al resto del romanzo. È un momento forte, di rottura, in cui si vede la società che viene costretta a cambiare. Da un paio di anni in cielo è apparsa Calamity, una stella rossa di cui non si sa nulla. Tutto quello che il lettore arriverà a sapere nel libro, e lo scopre nel giro di poche pagine, è che un anno dopo la sua comparsa alcuni uomini hanno iniziato a trasformarsi in Epici.
Brandon Sanderson ha intenzione di scrivere altri due romanzi ambientati in questo mondo perciò ulteriori spiegazioni potrebbero arrivare in futuro, ma quello che viene detto è sufficiente a tenere in piedi la trama. In fondo non importa davvero sapere perché siano apparsi gli Epici, quello che conta è vedere come cambia la società al loro apparire.
Il mondo di prima della storia è il nostro mondo: banche, mutui, preoccupazioni quotidiane come un abbigliamento non adeguatamente formale. Giusto il tempo di percepirlo e tutto cambia. Il padre di David pensa che gli Epici siano apparsi per aiutare il genere umano, e anche se Sanderson non lo scrive la nostra mente corre facilmente ai vari supereroi dei fumetti e del cinema. Loro sono qui per aiutarci. Ma la vita non è un fumetto, e anche se Brandon riesce a essere molto visuale nel narrare le sue scene d’azione, a far vedere le azioni compiute dai suoi personaggi, il loro modo di comportarsi è più simile a quello che avrebbero se fossero persone reali piuttosto che a quello di personaggi di un romanzo.
Il potere assoluto corrompe assolutamente, fine della storia. Steelheart è più potente degli altri, non può essere ucciso, può volare e può uccidere con estrema facilità, e questo gli consente di prendere e mantenere il potere.
Chiusa la premessa inizia la trama. Sono trascorsi dieci anni dal prologo, e David ha ancora bene in mente il momento in cui Steelheart ha preso il potere. Quel giorno lui era lì, e la sua mente custodisce un segreto fondamentale che potrebbe portare alla caduta del tiranno. Deve solo riuscire a capire di cosa si tratta.
Un aiuto nella sua lotta gli viene dagli Eliminatori, un gruppo segreto di persone il cui scopo è uccidere gli Epici individuando e sfruttando i loro talloni d’Achille.
Ribaltare il cliché iniziale, quello dei supereroi trasformati in supercattivi, consente a Sanderson di costruire una storia in cui il senso di familiarità per il già noto viene smantellato lasciando il lettore disorientato, quasi preda di un senso di impotenza. La lotta appare decisamente impari, e proprio il fatto che le forze in campo siano così sbilanciate lascia spazio a importanti interrogativi morali sul senso della lotta, su quali obiettivi sia più opportuno — e non necessariamente più semplice — colpire e su quali potrebbero essere le conseguenze delle loro azioni.
Il romanzo è scritto in prima persona, e David è ovviamente il personaggio tratteggiato meglio. Del passato degli altri si scopre ben poco: le necessità di segretezza di un gruppo che lavora nella clandestinità impediscono di avere troppe informazioni, anche se alla fine quello che davvero serve viene rivelato. Gli Eliminatori sono comunque ben distinguibili fra loro, individualizzati, e si muovono all’interno di una trama priva di tempi morti che spinge ad andare avanti senza sosta. I colpi di scena sono ben costruiti così che tutto appare logico e naturale, quasi scontato, dopo che lo scrittore li ha fatti accadere.
Dopo diversi fantasy epici — compresa la conclusione della Ruota del Tempo iniziata nel 1990 da Robert Jordan — e alcuni romanzi per ragazzi al momento inediti in Italia ma apprezzati in patria, Brandon Sanderson dimostra di essere a suo agio anche con il genere post-apocalittico, e di saper creare storie sempre nuove pur partendo da elementi noti. Forse proprio perché parte da elementi noti. La tensione narrativa e personaggi convincenti da soli sarebbero più che sufficienti a rendere questo libro un ottimo romanzo di genere. Ma, al di là dell’avventura, ciò che conta sono considerazioni che vanno oltre la singola storia per toccare interrogativi importanti per il genere umano ricordando, come ben sa il padre di David, che a volte bisogna dare una mano agli eroi.