Bravo merlo, così son capace anch'io!
Creato il 13 novembre 2013 da Manuel
ARMSTRONG RISPUNTA DAL SUO SILENZIO D’OLTREOCEANO CON UN’INTERVISTA RILASCIATA A CYCLINGNEWS. PER DIRE COSA? QUASI NIENTE. A PROPOSITO: HAI VISTO MAI CHE FORSE IN ITALIA IL DOPING NON ERA MAI ESISTITO? Afferma che se l’intervista fosse stata per la Wada o l’Usada, e non per in sito on line, risponderebbe con migliore dovizia di particolari alle domande. Puro pentimento o semplice calcolo? Facilmente il secondo. Ripete cose risapute sul fatto che tutti sapevano tutto, e che il ciclismo ad un tratto iniziò a girare “ad alto regime di ottani” (testuale). Sul discorso del tutti sapevano tutto mette anche i media, e da questo punto di vista non esce niente di nuovo sul fatto che l’omertà permettesse e permette tutt’ora al singolo/a professionista – come all’ex ciclista di turno ora magari opinionista per tivù o stampa – di non distruggere il baraccone che gli da lavoro e magari notorietà, perché il conclamato (spesso fin troppo) amore per questo sport può diventare inaspettata dimenticanza davanti al contratto ben remunerato. Accenna poi che il momento decisivo arrivò tra il 1993 ed il 1994, perché quello che veniva usato fino a quel momento diventò superato. Qui vien da dire che l’americano non dice chiaramente quello che invece disse nella sua chilometrica intervista televisiva, cioè che i test per trovare l’EPO non c’erano ancora e, se c’erano, erano ad uno stato di affidabilità talmente embrionale che era quasi impossibile accorgersi del sangue falsato. Dice che FINA (Nuoto) UCI (Ciclismo) e IAFF (Atletica) a quel tempo non potevano scoprire niente proprio per questo motivo. Questo il Lance Armstrong versione Cyclingnews. C’è poi un’altra versione più recente che, tramite la Bbc, si dice disponibile a fare due chiacchiere con chi di dovere. Un’occasione da non perdere, vien da dire, ma nel contempo anche troppo bella per essere così facile da vedere realizzata. Cosa metterà nel piatto l’ex ciclista? A livello UCI esiste una commissione denominata di “verità e riconciliazione” e a sentire un nome del genere ti domandi se stiamo in Vaticano o nel massimo organismo ciclistico mondiale. Il fatto è che Mister Seven Tour può rilasciare tutte le interviste che vuole a chi gli pare (domani lo chiamo), ma se non mette il suo bel culone texano su una delle sedie degli uffici Wada o Usada e non tira fuori nomi e cognomi siamo all’aria fritta. Intanto l’UCI – che adesso l’aria l’ha cambiata non poco con l’arrivo di Cookson – sta portando avanti il processo d’indagine verso il texano. Che vuol dire? Che se “Il Texano dagli occhi di ghiaccio’ (non vi ricorda qualcuno?) vuole uno sconto di pena, meglio che apra bocca di suo e che lo faccia in fretta. Per gennaio potrebbe essere anche tardi. Intanto continuano ad uscire confessioni o mezze tali da altri ciclisti stranieri. Chi perché deve fare propaganda al libro di turno, chi perché è meglio ammettere prima che non attendere che si sappia con la lettura del testo. Esempio: se Hesjedal – che ha di recente ammesso di averlo detto all’Usada un’anno fa – non fosse nominato in un libro in uscita in questo periodo, avrebbe aperto bocca sull’uso dell’EPO dieci anni addietro? Ma siccome il reato è considerato tale per otto anni, chi se ne frega ti pare? Intanto fra americani, danesi, francesi, tedeschi, ecc. possiamo rilevare la piacevole sorpresa che nessun italiano degli ultimi 20 anni ha fatto uso di doping, visto che siamo una delle poche Nazioni che sono state ai vertici per 15 anni, ma nessun ex ha mai aperto bocca. Tutti puliti, meno male. Rischiavamo il dover iniziare a preoccuparci sul serio che ci siano un sacco di ex che ci prendono per il culo raccontandoci la storia che non ne sapevano niente di nessuno ieri come oggi.
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