L’economia e in particolare l’inflazione ebbero un ruolo di rilievo nel successo e poi nella caduta dell’Impero Romano. Le Guerre Puniche tra Roma e Cartagine si dimostrarono assai costose e a un certo punto Roma finì i soldi e dovette ricorrere al credito. Le spese per il mantenimento dell’esercito romano dopo la prima Guerra Punica si possono capire se pensiamo che il mantenimento di una sola legione costava circa un milione e mezzo di denari l’anno: perciò l’utilizzo principale della produzione annuale delle monete d’argento se ne andava a pagare l’esercito. Gli imperatori, quindi, spesso erano tentati di fare economia producendo monete di conio inferiore, in genere usando del metallo a un grado inferiore di purezza. Questo trucco, assai in voga, però aveva la nefasta conseguenza di creare inflazione, che andò peggiorando quando, oltre all’esercito, i romani dovettero mantenere uno stuolo di burocrati e investire enormi somme nel pagamento di sussidi e pensioni, quello che oggi chiamiamo welfare.
In diversi periodi vari imperatori tentarono di far cessare l’inflazione, ma in realtà in qualche caso riuscirono solo a peggiorarla: Aureliano (241-275 d.C.) semplicemente alzò il valore nominale delle sue monete di due volte e mezza il valore di quelle simili, con il risultato che il passo dell’inflazione non fu più costretto dalla velocità con cui potevano essere coniate le monete fatte a mano. Secondo Glyn Davies, Aureliano provò in modo conclusivo che, contrariamente a quanti credono nella magia de-inflattiva della moneta d’oro, una moneta ‘riformata’ è perfettamente compatibile con un aumento, anziché con una diminuzione, dell’inflazione. Aureliano ebbe maggior successo non solo come straordinario comandante militare, ma anche come riformatore religioso: è a lui, fedele adoratore del Sole, che dobbiamo la data del 25 dicembre, giornata del Sol Invictus, poi trasformata in Natale, e i nomi della domenica in tedesco (Sonntag) e inglese (Sunday), dedicate al Sole (dies Solis).
L’imperatore di maggior successo in economia, però fu Diocleziano, che introdusse una serie di misure tra cui la riforma della moneta, un sistema di bilancio annuale e una politica dei prezzi e dei redditi, passando così dall’economia di mercato all’economia controllata dallo stato. Il suo successore Costantino continuò l’opera riformatrice e introdusse anche nuovi coni d’oro, assicurando che i ceti privilegiati della società romana avessero sempre facile rifornimento di moneta. Le misure di questi due imperatori non sradicarono l’inflazione, ma permisero a Roma di conviverci, assicurando la sopravvivenza dell’impero occidentale fino al V secolo d.C. e ponendo le fondamenta dell’impero orientale o bizantino. L’esercito e la burocrazia erano sempre tenuti ben forniti, mentre i pagamenti del welfare tenevano buona la parte più povera della popolazione e impediva i tumulti (panem et circenses). Gli stessi barbari erano pagati perché se ne stessero tranquilli, ma il loro controllo arrivava a costi sempre più proibitivi, sia che i barbari venissero pagati in denaro per stare buoni, sia che venissero combattuti dall’esercito quando prendevano a migrare in giro per l’impero. Quando cadde definitivamente a causa delle invasioni Roma era già gravemente compromessa dall’inflazione. L’effetto della sua caduta fu che in molte parti dell’impero, come la Britannia, il denaro scomparve per un paio di secoli e l’isola dovette tornare al baratto, finché gli invasori anglosassoni non cominciarono a coniare moneta. (segue)
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