Mi allontano, parto, distacco.
Un piccolo dolore acuto alla bocca dello stomaco.
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Nella immensa città mia, notte,
dalla casa assonnata vado via.
E la gente crede: moglie, figlia…
Solo una cosa io mi ricordo: notte.
Il vento di luglio mi spazza il cammino,
da qualche finestra una musica appena.
Vento, è tempo di soffiare fino all’alba,
per le sottili pareti del petto, nel petto.
Un pioppo nero c’è. E, alla finestra, una luce.
Sulla torre campane e, nella mano, un fiore,
e questo passo dietro a nessuno,
e quest’ombra: ma non ci sono io.
Le luci sono fili di dorate collane,
e in bocca il sapore
di una notturna fogliolina.
Liberatemi dai nodi del giorno,
amici, capitelo: mi state sognando.
17 luglio 1916, Mosca
Marina Cvetaeva (da Insonnia)