Ma guardando bene dentro questo pozzo di paure, potere e sogni perduti, forse la frase di Epifani ha più a che fare con le antinomie kantiane e il teorema dell’incompletezza di Goedel: se un sistema formale è consistente ossia non contraddittorio non può essere completo. Tradotto: se di una qualunque idea o concetto posso affermare una cosa e il suo contrario, vuol dire che essa è in termine tecnico “inconsistente”. Ma vale benissimo per il traghettatore di origine craxiana Epifani : la frase fatta “mettiamoci la faccia” che oltre a far parte di un linguaggio precotto e insapore, contraddice se stessa dunque mostra una inconsistenza politica. In sé è , come si dice in logica, completa, quasi una monade senza finestre sull’esterno cioè sull’elettorato, ma proprio per questo è anche “insignificante”.
A questo punto nasce il sospetto che l’insignificanza politica sia stata consapevolmente o inconsciamente dentro il progetto del Pd, quello di fondere due anime politiche ormai scomparse o deformate dalle mutazioni: forse il progetto era semplicemente quello di apprestare un marchingegno adatto al bipolarismo e per il quale non occorrevano più idee, ma meno idee, non fusioni, ma eliminazione di parti. Il partito liquido in fondo è proprio questo, così come la rincorsa verso il mitico centro: vincere con l’anonimato ideologico. E infatti se trasformiamo un pochino la frase di Epifani, tutte le antinomie cadono: se diciamo ”mettiamoci il nostro potere” tutto torna, ritrova un senso. Però è proprio il senso che allontana l’elettorato, isola un ceto politico, i suoi apparati e il geroglifico delle ambizioni dalla sua base. “Mettiamoci il potere” è consistente, anche troppo, ma naturalmente è incompleto: manca totalmente la politica.