A prima vista è un libro strano, in parte testo e in parte disegni. I disegni fanno parte della storia a pieno titolo, ogni poche pagine il testo scritto si interrompe su una scena che prevede delle azioni e la lettura prosegue con le immagini. La tecnica usata da Brian Selznick, quella di alternare due forme espressive, è insolita ma efficace. I testi sono forzatamente brevi, in alcuni casi sono limitati a poche righe e comunque non si tratta mai di troppe pagine consecutive. Stando così le cose lo scrittore si deve concentrare su dialoghi, ricordi, retroscena ed emozioni, lasciando in disparte la scena. L’azione è visiva, così come gli ambienti. Sono le illustrazioni a carboncino a piena pagina a mostrarci i luoghi, raramente descritti e sempre senza troppi dettagli, a darci l’atmosfera del racconto e a volte anche a suggerirci le emozioni dei personaggi. La scrittura è per forza incisiva e non raffinata, mentre i disegni sembrano a volte fotogrammi di un film, con personaggi in fuga mostrati in diversi luoghi o dettagli significativi del loro corpo che fanno percepire anche cose molto diverse fra loro, che siano l’affanno o una stupita curiosità. E il fatto che il libro sia un omaggio al cinema delle origini accentua l’impressione di avere di fronte frammenti di pellicola anche al di fuori di quei pochi fotogrammi reali che fanno parte della storia, di quella del cinema e di quella di Selznick.
La lettura è molto rapida, ma l’esperienza è insolita e affascinante. Qualcosa mi dice che prossimamente darò uno sguardo da vicino al secondo romanzo di Selznick, La stanza delle meraviglie