Tinatin Kajrishvili, giovane regista e produttrice, ha avuto il coraggio di raccontare una storia poco lusinghiera per il suo paese – ogni nazione ha i suoi scheletri nell’armadio, e Sabina Guzzanti ce lo ricorda con La trattativa – ma è comunque riuscita a ottenere i finanziamenti dallo Stato stesso, oltre che da una coproduzione francese. “Sto condividendo sei anni della mia vita”, ha detto al pubblico poco prima che la proiezione iniziasse, e dev’essere una piacevole gratificazione farsi rincorrere dagli organizzatori di un festival che scelgono la sua opera, dopo averla adocchiata ad un altro festival: da Berlino a Milano solo con la forza delle immagini. Brides, infatti, sfrutta al meglio lo specifico filmico: i dialoghi non sono protagonisti perché lo sono gli ambienti (la prigione reale, gli appartamenti ex sovietici diroccati), i volti delle spose, spesso rinchiusi in un primo piano che è ampio quanto le sbarre che le separano dai loro mariti. La vera chicca del film, però, è il finale aristotelico: poco prevedibile ma necessario, coerente con la storia. Speriamo che trovi una distribuzione italiana.
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