Cinque cerchi, cinque tentativi. Istanbul è candidata per la quinta volta a ospitare i Giochi olimpici, quelli del 2020. Dopo quattro fallimenti in serie, stavolta le possibilità di successo sono molto concrete. E’ rimasta in lizza insieme a Madrid e Tokyo e la decisione definitiva verrà presa dal Comitato internazionale olimpico (Cio) il 7 settembre a Buenos Aires. Ed è già stato annunciato il viaggio propiziatore di Erdoğan. Nel frattempo, una delegazione del Cio è stata in città – dal 23 al 27 marzo – per fare il punto sul dossier di candidatura. Ha incontrato il premier, il presidente Gül, vari ministri; ha visitato gli impianti già esistenti e le attrattive culturali; ha gustato l’ospitalità turca; ha ricevuto rassicurazioni e solide garanzie sull’impegno di tutti: governo centrale, autorità locali, mondo imprenditoriale.
Durante la sessione di benvenuto, all’hotel Four Seasons, Gül è stato esplicito: “Questo è il momento della Turchia, siamo pronti come mai prima d’ora”. Lo stesso Erdoğan – sindaco di Istanbul dal 1994 al 1998 – è stato personalmente coinvolto nelle prime rincorse olimpiche e ha perfettamente compreso quanto siano decisivi per il buon esito dell’operazione il coordinamento tra centro politico e periferie amministrative, tra pubblico e privato. Una visione strategica che leghi i giochi al futuro del Paese. Niente cattedrali nel deserto, ma un’eredità benefica. Ed è proprio questa la filosofia alla base di Istanbul 2020, che ormai rappresenta a tutti gli effetti uno dei pilastri del grande master plan per trasformare la Turchia – entro il 2023, centenario della fondazione della Repubblica – in uno dei dieci paesi più ricchi, moderni e influenti al mondo.
Insomma, le Olimpiadi come vetrina globale. Nella nuova Turchia, riemersa prepotentemente alla ribalta, la città sul Bosforo diventerebbe una delle capitali mondiali della diplomazia, in cui promuovere “il dialogo delle civiltà”. Bridge together è non a caso lo slogan prescelto, in riferimento ai due continenti e ai ponti che li uniscono (oggi due, presto tre), allo “sport come ponte tra culture, credenze e tradizioni” per assicurare “comprensione globale, inclusività, armonia”.
Inoltre, la candidatura di Istanbul è parte integrante di due ulteriori iniziative di largo respiro: il piano da quasi due miliardi – annunciato a novembre 2012 – per la realizzazione di 415 nuovi impianti sportivi in ogni angolo del paese e 24 nuovi stadi; il piano multi-modale di trasporti urbani 2009-2023 – locale e integrato, già in fase di autonoma realizzazione rispetto a Istanbul 2020 – che prevede la costruzione di un network di oltre 200 chilometri di metropolitana (sotterranea e di superficie) – oltre a strade, ponti e tunnel – per collegare tutte le diverse estensioni della città, anche la sponda europea e quella asiatica attraverso il tunnel sul Bosforo pronto per l’inaugurazione il 29 ottobre 2013.
Nel budget complessivo di 19,2 miliardi di dollari, circa 10 sono quelli destinati alle infrastrutture di mobilità. L’obiettivo è quello di avere giochi “senza automobili”. Non si potrà accedere alle aree olimpiche in macchina, i possessori di biglietti potranno utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici. I soldi ci sono già tutti, sono stati formalmente stanziati. Si tratta praticamente di tutti investimenti, a fronte di spese per l’organizzazione di circa 3 miliardi di dollari. Intervenendo a nome della business community turca, in occasione di uno dei vari incontri con la delegazione del Cio, Ali Koç della omonima holding ha confermato con enfasi il sostegno del settore privato che vede nelle Olimpiadi “un’opportunità incomparabile per raccontare la nostra storia al mondo, per promuovere il ‘marchio Turchia’, per dimostrare le nostri crescenti capacità e per competere con le migliori aziende internazionali”.
Per quanto riguarda gli impianti e le gare – che secondo il calendario si terrebbero dal 7 al 23 agosto – sono state individuate sette diverse zone, tutte nel perimetro della città metropolitana: quella dello stadio olimpico Atatürk di Başakşehir nella zona europea – più impianti per tennis e nuoto – con a fianco il grande villaggio olimpico da 17.500 posti e le strutture per gli allenamenti; quella poco distante di Esenler: con sport equestri, golf, basket e nuoto; quelle sul mare di Marmara, di Ataköy e Yedikule: con palazzetto per basket e pallamano, impianti per scherma e arti marziali, velodromo e strutture per le gare di nuoto di fondo e triathlon; quella di Taksim: con lo stadio İnönü (che verrà ristrutturato) per il rugby e l’impianto per il sollevamento pesi; quella della foresta di Belgrado, un’oasi naturale a poca distanza dal centro, per tiro, ciclismo e canoa-kayak; infine, quella sul Bosforo, sulla sponda asiatica nella zona della stazione ferroviaria di Haydarpaşa per canottaggio, pallavolo (anche beach) e un nuovo grande stadio da 100.000 posti – l’ideale punto d’incontro tra i due continenti – per ospitare esclusivamente le cerimonie di apertura e chiusura, oltre che la maratona (dopo i giochi, verrà trasformato in un’arena per spettacoli da 20.000 posti). Tutte e sette le zone olimpiche sono a non più di 35 minuti di viaggio – su linee dedicate – dal villaggio olimpico. Progetti di recupero urbano sono già in atto per ripulire dal degrado alcuni quartieri, per ridare freschezza e fascino a monumenti trascurati, compresa la Porta d’oro di Yedikule – ingresso cerimoniale dell’antica Costantinopoli –, oggi inaccessibile e ridotta a discarica agricola.
A occuparsi della costruzione degli impianti e del villaggio olimpico sarà la potentissima Toki, l’agenzia governativa che sovrintende allo sviluppo urbano e che ha prodotto in 30 anni di attività centinaia di migliaia di unità abitative, oltre a impianti sportivi pubblici. Hanno preso la parola durante la visita-ispezione del Cio, il suo direttore, Ahmet Haluk Karabel, che ha constatato che, in virtù della loro esperienza e dei fondi già disponibili, realizzare il master plan dei giochi sarà “business as usual” e anzi, tutto sarà pronto già un anno prima delle scadenze ultimative. Il villaggio costerà circa mezzo miliardo di dollari e al termine dei giochi diventerà il nucleo di un nuovo quartiere con 600.000 abitanti. Niente sprechi quindi, solo investimenti. Anche il traning centre olimpico diventerà una sorta di università turca dello sport, in cui far crescere i campioni del futuro. I giovani, l’entusiasmo, il rispetto per gli autentici valori olimpici – oltre alla pianificazione e ai dollari – sembrano le armi in più della Turchia, come ha sottolineato il premier Erdoğan nel suo indirizzo alla delegazione del Comitato olimpico internazionale. “Istanbul è una città generosa, che condivide con tutti la sua bellezza, la sua ricchezza, i suoi valori [di fratellanza]”. Bisognerà aspettare solo qualche mese per sapere se saranno state sufficienti.
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