15 ottobre 2013 Lascia un commento
Amore contrastato dai parenti di lei che non potevano vedere di buon occhio il matrimonio con uno scrittore spiantato e dagli amici di lui che temevano per il suo estro una volta sposato e costretto a lavorare per mantenere la famiglia,
La fine che fara’ il poeta e’ nota, quindi il profilarsi del dramma inevitabile.
La Campion torna al cinema in costume e si tira un bel sospiro di sollievo perche’ parliamoci chiaro, "In the cut" e "Holy smoke" furono una tragedia.
Non e’ in discussione la Campion regista, quanto le sue scelte letterarie e soprattutto la visione quantomeno distorta di uomini e donne, figure astratte e funzionali soltanto alle vicende narrate, anch’esse pessime.
E’ come se non avesse ben chiara la psicologia dei personaggi con un gusto discutibile su cio’ che possa essere interessante da raccontare. Spostandosi invece nel tempo, la Campion puo’ permettersi di idealizzare, del resto chi siamo noi per decidere quale profilo caratteriale e motivazionale avessero donne di duecento anni fa, quindi l’astrazione fa gioco alla nostra stessa idea di amore e sentimento ai tempi che furono.
Tolti di mezzo i dubbi sul soggetto, resta un buon cinema e una fotografia ancora migliore, senza dimenticare l’apporto fondamentale dei due interpreti, bravi entrambi anche se devo confessare non mi abbiano impressionato piu’ di tanto su un film che in tanti avrebbero potuto portare avanti tanto peggio quanto meglio.
Pellicola che almeno funziona, poi e’ vero che il suo cinema non mi appartenga quasi in nulla e che mi viene talvolta richiesto uno sforzo notevole per continuare la visione. Non sono abbastanza donna per la Campion, questa e’ verita’.
Per il resto, pronti con lacrime e fazzoletti.