Eventi e luoghi degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente
di Giovanni Ugas
La battaglia sul rio Qishon
La battaglia combattuta da Deborah e Barak contro Sisara sul rio Qishon, non lontano da Taannekh, è successiva allo stabilirsi dei Popoli del Mare in Canaan, non solo perché si svolse al tempo dei Giudici, ma anche perché gli Egizi non controllavano più la regione che dal retroterra della valle di Akko giunge sino e oltre il fiume Giordano e comprende le grandi città di Yokneam, Megiddo, Taanek, e la stessa Bet Shean. Il nome del generale affrontato da Barak, Sisara, non appare né d’origine semita né hurrita. Nomi simili si ritrovano in ambito mediterraneo. In Creta si riscontra Sisarkha, sito montano della regione interna presso Mylopotamu. Un personaggio femminile di nome Saisara risulta figlia di Celeo, antico re di Eleusi. In Sardegna si riscontra sia Sassari, odierna città del settentrione dell’isola, sia Nurac Sessar che in un’iscrizione d’età romana indicava un nuraghe di confine appartenente al popolo degli Iliesi. In questo caso Sessar può essere il nome di una persona o di una gens proprietaria del nuraghe su cui fu apposta l’iscrizione.
Dopo la sconfitta del rio Qishon, la denominazione non andò in oblio poiché, nel V a.C., appare un Sisara tra i cittadini che ritornarono a Gerusalemme dopo l’esilio persiano (Neemia 7,55). Egli faceva parte del gruppo degli oblati, cioè offerti al Dio, forse, in origine direttamente al servizio del re. Qualora il generale sconfitto da Barak fosse effettivamente uno Shardana, questo Sisara potrebbe essere il discendente di qualche soldato della stessa etnia chiamato a Gerusalemme a far parte delle truppe di Giuda, tra le quali sappiamo vi erano degli stranieri fin dal regno di David, come si evince dall’episodio di Uria l’Ittita (Samuele 11) e dai Keretim, Peletim e soldati di Gat (Samuele 8,18; 15,18), che formano le compagnie di guardie reali.
Non è da escludere che questo contingente straniero di Davide, formato da 600 guerrieri (due compagnie di 300 unità o tre di 200) sia stato imposto (o almeno favorito), insieme allo stesso Davide dai Filistei per controllare le tribù israelitiche in espansione verso i territori agricoli. Le truppe non giudee di Davide, di stanza a Ebron prima e Gerusalemme dopo, erano comandate da Benaià figlio di Joiadà, capo dell’esercito ancora al tempo di Salomone (I Re, 4,4), originario di Qabseel, spesso riconosciuto in un abitato del Negev di Bersheva. Considerata la composizione delle truppe mercenarie di Davide, poiché il nome richiama anche el Qasile, si potrebbe congetturare che la patria di Jojadà e Benajà fosse proprio il noto sito dei Popoli del Mare presso Giaffa.
Prima della battaglia sul fiume Qishon, gli Israeliti sarebbero stati sottoposti per 40 anni ai Cananei rappresentati da Sisara e Yabin di Hasor. Gli Shardana, dunque, avrebbero esercitato il dominio in Canaan per altrettanti anni. Secondo il libro dei Giudici poi ci sarebbe stato un periodo di pace per gli Israeliti, e perciò almeno implicitamente in piena autonomia e sovranità, ma certo, nonostante il racconto della battaglia sul Qishon, la valle di Megiddo e dintorni allora non cambiò il padrone, non prima, comunque, della fine del regno di Saul.
È improbabile che la capitale dell’intera regione occupata dagli Shardana fosse Hasor non tanto per l’anacronistica duplicazione e anticipazione dello scontro tra Yabin e gli Israeliti al tempo di Giosuè (Giosuè 11,1-14), quanto per la collocazione defilata di questa città della Galilea settentrionale rispetto alla valle del Qishon e alle coste tra Tell Abu Awan e Akziv dove gli Shardana avevano i loro approdi. Piuttosto, Hasor poteva essere la sede governativa di uno dei diversi distretti controllati dagli stessi guerrieri del mare.
Per la capitale, meglio pensare ad Afeq, la città da cui partì, come diremo, l’esercito che affrontò Saul sul Monte Gelboa, o a qualche altra roccaforte ubicata strategicamente in vicinanza del mare e di Megiddo, o alla stessa la cittadella di Sisara, Haroshet ha Goiim (cioè Haroshet delle Genti), già identificata in Tell Amr presso Harithiyeh, che non fu presa dagli Israeliti, nonostante l’atroce fine di Sisara trafitto da una donna, Giaele, con un piolo da tenda (Giudici 5,23-27).
Considerata l’ampiezza della coalizione degli Israeliti scesa in campo contro Sisara, Haroshet doveva essere comunque una importante roccaforte militare e uno dei capoluoghi della regione denominata dagli israeliti Galil Goyim, “Galilea delle Genti o degli stranieri”. Così era nota questa terra di “Gentiles” anche nei tempi dell’invasione assira (esempio: Isaia 8, 23) e più tardi durante la dominazione persiana. In età romana e ancora attualmente la Galilea, il cuore del racconto del Nuovo Testamento, indica una regione più contenuta di quella che doveva essere al tempo del dominio degli Shardana. Forse non è una semplice combinazione il fatto che Galila sia il nome di una contrada della Sardegna sud-orientale sopravvissuta in età romana e nel Medioevo. I suoi abitanti, i Gallilenses, di chiara origine pre-romana, appaiono in un’iscrizione in latino per una controversia con i Patulcenses campani, coloni imposti da Roma. Poiché la radice gal- ricorre in diversi altri nomi d’abitati e regioni geografiche della Sardegna, quali Galtellì, Gallura, Gallisai, non si può escludere che abbia lo stesso significato di “distretto” che si riscontra nell’israelitico galil.
Questi stranieri di Galil Goiim hanno tutta l’aria di essere le stesse genti delle Isole (nel cuore del Verde Grande) note ai testi egiziani e che riappaiono in forma abbreviata in Genesi 10, 4-5; Allo stesso modo “stranieri delle Isole” dovevano essere designati dalle popolazioni vicino-Orientali i Popoli del Mare e segnatamente gli Shardana che a Tabor nella Galilea avevano già combattuto per conto di Ramesse II e che, forse, in questo rilievo dominante furono stanziati in una guarnigione egizia. E’ possibile che in origine il nome Galil goiim connotasse in maniera estensiva tutta la regione occupata dagli Shardana, ben più ampia dell’omonimo distretto del periodo persiano e della Galilea governata dai Romani quando a Nazaret visse Gesù.
In questa direzione a mio avviso, indirizza anche l’enigmatico passo profetico di Isaia (8.23) relativo alla “Galilea delle genti”, pronunciato subito dopo le invasioni assire di Sennacherib (Fine VIII a.C.) e ben noto agli studiosi per le difficoltà esegetiche: “In un primo tempo, Egli (il Dio degli Eserciti) umiliò la terra di Zabulon e la terra di Neftali, ma nell’avvenire renderà gloriosa la Via del Mare, al di là del Giordano, la Galilea delle genti”. L’espressione “al di là del Giodano” a prima vista sembrerebbe indicare la TransGiordania, tuttavia, il riferimento alla “Via Maris” rende palese che la regione in questione si trovava ad Ovest del fiume e non ad Est. Nel passo di Isaia tale espressione può rispecchiare l’angolo visivo degli Assiri che provenivano da Est. Occorre ricordare che in Neftali, circa Km 19 a Est di Megiddo, vi era la città di Bet Anat, da cui proveniva l’eroe Shamgar, ritenuto estraneo al mondo israelita e dagli studiosi posto in relazione con i popoli del mare.
Per Isaia, la Galil Goym, cioè la Galilea (Distretto) delle genti, abbracciava i territori legati alle tribù di Zabulon e Neftali, immediatamente a Nord della valle di Jezrael, e ad un tempo connotava la Via Maris. Il contesto della frase porta a pensare che per Via del Mare Isaia intendesse tutto il territorio dove erano insediate le genti straniere (del mare), compreso tra il Giordano e il mare (ovviamente basilare per un popolo marinaro come gli Shardana) attraversato dall’importante strada, che raccordava la costa ai territori transgiordani. Ora questa regione della Way of the Sea necessariamente era formata dalle terre immediatamente a Sud dei rilievi di Neftali e Zabulon, dove era più immediato e agevole il percorso dal Giordano al Mediterraneo, attraverso la valle di Bet Shean, la piana di Jezrael e la valle del Qishon. In questo contesto “La via del mare” non può essere considerata semplicisticamente soltanto la strada che collegava l’Egitto alla Siria e alla Mesopotamia, transitando per la Valle di Megiddo, ma doveva indicare simbolicamente tutta l’area che essa attraversava, collegando il Giordano al Mediterraneo. Proprio in questa fondamentale via, che non lontano da Megiddo deviava in direzione del passo di Arunah, verso Sud e l’Egitto, gli Israeliti di Barak tesero l’agguato ai carri di Sisara nel guado del rio Kishon presso Taannek.
È il riconoscimento ufficiale, da parte del Vecchio Testamento, dell’esistenza di un territorio, Galil Goiim (più tardi Galil e Galilaea), che ancora al tempo di Sennacherib rappresentava una realtà geopolitica dalla quale dipendevano le tribù israelitiche di Neftali e Zabulon ed era dominato dalle “Genti straniere” (delle Isole), da riconoscere negli Shardana (verosimilmente con i Daynyun e gli Shekelesh) e non già da popolazioni locali cananee (con le quali comunque si fusero), come facevano intendere i libri dei Giudici e le Cronache, e neppure dai Filistei, come propendeva a far credere il I libro di Samuele. Nella sostanza, Isaia osservava la valle del Giordano da Est, vale a dire dall’Assiria (o forse da Babilonia); ciò era possibile se il passo fu elaborato (o interpolato) al tempo della prigionia degli Israeliti in Babilonia.
A questo punto è opportuno osservare che lo stesso Isaia (23,14-18), sempre in rapporto con l’invasione di Sennacherib, profetizza un’analoga caduta con successiva rinascita (dopo settanta anni come è detto in altri versi) per la città di Tiro: “Coltiva la terra, figlia di Tarshish, la tua sede non esiste. Il Dio ha steso la sua mano per abbattere i tuoi regni nel cuore del mare; ha dato ordini contro Canaan per distruggere le sue fortezze”.
Per il profeta, Tiro non solo era erede e portavoce delle terre di Canaan ma anche la figlia di Tarshish e di Sidone. In Tiro si fondevano l’anima cananea e quella dei “regni nel cuore del mare”. Tramite le sue colonie, la città di Melkart regnava, infatti, sulle terre del Mediterraneo che gli Egizi definivano, con analoga e più lunga espressione, “Isole che stanno nel cuore del Verde Grande”, cioè, come diremo, la Sardegna e la Sicilia. Tiro era il capolinea dei Cananei e, ad un tempo, delle genti delle Isole del cuore del mare, che abitavano le isole dell’Occidente (l’Eldorado di Eracle anche per Isaia), e ad un tempo il Gelil goiim attraversato dalla ”Via del Mare”.
Viene da pensare che la profezia per Tiro e quella per Gelil goiim non siano soltanto parallele ma debbano essere unificate. I destini di Tiro e della Galilea di Isaia erano strettamente legati dalla loro contiguità geografica e dal fatto che i loro abitanti erano ad un tempo Cananei e genti delle Isole nel cuore del Mare ed avevano in comune valori culturali acquisiti e, almeno in parte, radici etniche.
La battaglia del Monte Gelboa e il tramonto degli Shardana
Nella battaglia di Monte Gelboa raccontata nel libro I di Samuele (31,1-13), due generazioni prima di Salomone, il re Saul sarebbe stato sconfitto e ucciso in battaglia dai Filistei, ma è inammissibile che allo scontro non avessero preso parte anche gli Shardana e i Sikali sia perché l’evento si svolse ai margini della valle di Beth Shean, già caposaldo egiziano sulla valle del Giordano, piuttosto lontano dalle terre della tetrapoli filistea, sia perché coinvolse la stessa città fortificata, ubicata non lungi da Tell es Saydia a Nord, centro controllato (si ipotizza) dagli Shardana. Peraltro, benché allora fossero oramai trascorsi 150 anni da Ramesse III e Ramesse IV, non si hanno motivi per pensare che i Peleset/Filistei abbiano assorbito Sikali e Shardana. Ne è da credere che le tribù israelitiche avessero il controllo della valle di Jezrael senza Bet Shean.
In effetti, due importanti notizie del Libro I di Samuele portano a credere che allo scontro di Monte Gelboa contro le tribù israelite di Saul abbiano partecipato Shardana e Sikali non meno dei Filistei. Innanzitutto le truppe dei diversi contingenti considerati filistei si riunirono ad Afeq (I Samuele, 29); questa città era ubicata in Galilea nel retroterra di Akko, teoricamente nel territorio degli Shardana. In secondo luogo, tra le truppe che marciavano contro Saul, il re filisteo di Gat Akis si trovava nelle retrovie insieme al suo diretto alleato Davide il quale, poi, sarebbe stato allontanato per volontà superiori. Benché la versione biblica tendesse ad escluderlo, di questa intesa contro il re Saul, doveva far parte lo stesso David che rappresentava gli interessi dei Filistei.
Palesemente, Akis riveste un ruolo complementare e subalterno e pertanto i Filistei della pentapoli parteciparono non da protagonisti ma in veste di alleati. In vero, i promotori e i capi della guerra a Saul dovevano essere gli Shardana e i Sikali, confusi allora con gli stessi Filistei. Tutto induce a pensare che gli Shardana impiegati in precedenza nelle guarnigioni egiziane fossero confusi dagli Israeliti con la popolazione cananea, perché ormai assimilati culturalmente, mentre gli Shardana nuovi arrivati (e con essi i Sikali) dovevano essere scambiati per Filistei forse a causa del loro abbigliamento d’arme, almeno in parte simile.
Stando al Vecchio Testamento, nella prima metà del X, sarebbe intercorsa un’intesa tra Hiram re di Tiro e Salomone. Hiram avrebbe avuto il controllo dei territori dalla Fenicia sino ai confini di Dor (I Re, 9, 10-14) e delle terre agro-pastorali di Cabul (I Re 4,1-18), mentre Salomone avrebbe regnato sui territori delle tribù Israelite. Dunque Tiro appariva sovrana anche delle coste di Akko dove si erano stanziati gli Shardana, mentre Salomone amministrava il territorio di Dor occupato dai Sikali.
Cosa avvenne tra la fine del XI e gli inizi del X? Ci fu un’intesa militare tra Tiro e David che portò alla fine dei domini dei Sikali e degli Shardana? Nulla di preciso si evince dalla Bibbia. Il racconto sulle prefetture di Salomone (I Re 4,1-18) tende a proporsi come un’indiretta conferma dell’avvenuto collasso degli Shardana in Canaan, tuttavia non è facile pensare a un conflitto che abbia consentito a Tiro di impadronirsi del territorio costiero in cui erano insediati gli Shardana, nè d’altra parte ad un’azione di David per strappare agli stessi le aree più interne con le piane di Megiddo, Jezrael e Bet Shean e ad un tempo togliere ai Sikali il territorio costiero di Dor, anche perché ne derivava un rapporto col mare che allora era ancora negato agli Israeliti.
Il collasso degli Shardana e dei Sicali intorno al 1000 a.C. non sembra dovuto, almeno in apparenza, ad un’azione di guerra congiunta di Tiro e degli Israeliti ma, piuttosto, ad una causa esterna. Forse non è una coincidenza che, all’incirca nello stesso periodo avvenne il crollo delle monarchie nuragiche in Sardegna e se gli Shardana provenivano dall’isola, dovette mancare l’appoggio necessario per mantenere il controllo della Galil da parte della loro terra d’origine. Di certo almeno agli inizi del IX a.C. sulle cinte esterne dei nuraghi complessi abbattuti sorgono le case “a corte” del villaggi (Su Nuraxi di Barumini, Genna Maria di Villanovaforru, Su Mulinu di Villanovafranca). Lo stesso bastione di Su Nuraxi, a giudicare dalle ceramiche (in particolare un frammento d’olla con cordone ornato a tacche oblique) del ripostiglio della torre Sud (Lavori inediti per il restauro di Ugas), fu abbandonato nel pieno Bronzo finale, intorno alla fine del XI e o agli inizi del X.
É problematico, in ogni caso, seguire il percorso di Galil ha goiim dopo la battaglia del Monte Gelboa e capire come volsero al tramonto gli Shardana. Si potrebbe pensare che il tracollo definitivo sia stato provocato dall’azione bellica di Shoshenk, al tempo di Roboamo re di Giuda (930-913 a.C.) poiché il re egiziano distrusse Gerusalemme e Gezer e pose sue statue e iscrizioni a Megiddo e a Biblo, ma siamo nel campo delle ipotesi.
Per quanto detto in precedenza, è da credere che le tappe conclusive degli Shardana nel Vicino Oriente, come del resto quella dei Sikali, dovettero coincidere a sommi capi con quelle dei Cananei e dei Fenici sino a che la Galilea non conobbe altri “Gentiles”, quei Romani che, dominando su Sardegna e Sicilia (a partire dalla fine del III a.C.), erano divenuti gli eredi di Tiro (tramite Cartagine) e soprattutto gli eredi delle genti delle Isole insediati a occidente e a Oriente. Il nome Galil Goiim col quale gli Israeliti denominavano la terra degli Shardana in Canaan sopravvisse alla dominazione della Persia e attraverso Roma giunse sino a noi nella forma abbreviata di Galilaea.
I disegni del guerriero shardana e della luna vista dall'interno di una torre nuragica sono di Stefano Gesh.