“La situazione dei Bronzi di Riace, abbandonati da oltre tre anni nella sede del consiglio regionale calabrese a causa del protrarsi dei lavori di restauro del Museo della Magna Grecia, è una vergogna per l’Italia sia dal punto di vista della cura dei beni culturali sia dell’immagine internazionale del nostro Paese. E viene ancora più rabbia se si considera che ciò accade proprio in una regione come la Calabria dove il turismo dovrebbe essere una primaria risorsa”.
Lo nota il presidente della commissione italiana dell’Unesco, Giovanni Puglisi, che dopo il monito su Pompei torna a criticare la situazione dei beni culturali italiani. Mentre sottolinea l’apprezzamento per le dichiarazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta, che ha promesso una inversione di tendenza nella legge di stabilità. Puglisi sottolinea quindi l’apprezzamento per le parole di Letta e conclude auspicando che “questo nuovo slancio nel considerare i beni culturali come risorsa del Paese parta proprio affrontando l’incresciosa situazione dei Bronzi di Riace”.
Il Presidente della Regione Calabria, Scopelliti, ha scritto al Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, per chiedere la rimozione dei responsabili dei ritardi relativi alla riapertura del Museo.
“Quanto avvenuto in questi anni nella gestione dei lavori del Museo nazionale della Magna Grecia – sostiene Scopelliti – è qualcosa di assurdo. Ritardi su ritardi, e somme vertiginosamente aumentate. A oggi, non solo il museo attende la riapertura, ma i nostri tesori non sono fruibili. Questo stato di cose non può passare senza responsabilità. Chi, o coloro che hanno causato ritardi e sprechi di risorse, devono pagarne le conseguenze. Per questo chiedo al Ministro Bray la rimozione dei responsabili. In tanti, nel corso di questi anni, si sono affrettati nell’analizzare il problema da vari punti di vista, ma nessuno ha indicato ruoli e responsabilità per gli inadempienti”.
“Per quanto riguarda le mie competenze di Presidente della Regione Calabria, ricordo che, dopo lunghe pressioni con l’ex ministro Barca, il Cipe ci assegnò sei milioni di euro, che si aggiungevano ai cinque milioni straordinari della Regione, da noi stanziati, per il completamento dei lavori. L’iter si avviò nel 2006, con l’ex Ministro Rutelli e i lavori del Museo si sarebbero dovuti concludere in tempo per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, nel 2011. Da Sindaco di Reggio, quando mi presentarono il progetto, la somma prevista era di 17 milioni di euro. Ad oggi si è arrivati quasi al doppio, con 32 milioni di euro di spese”.
“Oltre alla rimozione dei responsabili – conclude il presidente della Regione Calabria – nella missiva inviata al Ministro Bray ho chiesto che lo Stato mantenga gli impegni presi e indichi tempi certi per la riapertura. Non possiamo più attendere”.
I Bronzi di Riace, incantevoli sculture del V a.C., furono scoperti il 16 agosto 1972 nel tratto di mar Jonio antistante il comune reggino di Riace Marina da Stefano Mariottini, un appassionato subacqueo in vacanza in Calabria, durante un'immersione a circa 200 m dalla costa ed alla profondità di 8 m. Il recupero fu curato dalla Soprintendenza con la collaborazione del Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Messina. Uno scavo stratigrafico del 1973 e prospezioni nel 1981 permisero di recuperare pochissimi reperti e di proporre questa ricostruzione del naufragio: la nave, spinta da una tempesta a riva, aveva perso la velatura e gli anelli erano colati a picco con altri elementi pesanti come i Bronzi, presumibilmente non legati ad alcuna struttura; le parti leggere si erano disperse e lo scafo, gettato sulla spiaggia, si era progressivamente disgregato. E' stato anche supposto che non vi sia stato un vero e proprio naufragio ma un alleggerimento del carico, in un momento di pericolo, proprio buttando in mare le statue.Un primo restauro avvenne negli anni 1975-1980 a Firenze, dove, oltre alla pulizia e alla conservazione delle superfici esterne, si cominciò a svuotare l'interno delle statue dalla terra di fusione originaria, impregnatasi nel corso dei secoli di cloruri che avevano innescato pericolosi fenomeni di corrosione. La rimozione della terra di fusione fu conclusa a Reggio negli anni 1992-1995, in un'operazione di restauro che si trasformò in un vero e proprio microscavo archeologico della terra per ricostruirne la disposizione originaria. Fu utilizzato un sofisticato dispositivo ispirato alla strumentazione per la diagnostica medica e la chirurgia microinvasiva, dotato di microtelecamera ed ablatore ad ultrasuoni. Le due statue, denominate « A » e « B », sono alte 1,98 e 1,97 m; al momento del rinvenimento pesavano circa 400 Kg ma dopo lo svuotamento del loro interno il peso è diminuito a circa 160. Lo spessore medio del bronzo si aggira sui 8,5 mm per A e 7,5 mm per B.