E' un melodramma avvolgente con tracce di commedia, quello diretto dal regista John Crowley, basato sul romanzo dello scrittore Colm Tóibín e adattato in sceneggiatura dall'altro scrittore, ultimamente prestato al cinema, Nick Hornby. Un lavoro piuttosto classico, elegante e bilanciato, che si concede a una prima parte un tantino più leggera, prima di gettarsi a capofitto in quei toni un po' amari che gli competono, inclini al genere e agli argomenti che tira in ballo. Eppure la mano di Hornby - e "Wild" ce lo aveva detto a suo tempo - sa essere più efficace in quei frangenti in cui lo scopo finale riguarda la risata, quella battuta stemperante, affidata in sicurezza spesso al personaggio della Walters, che infatti resta stampato indelebilmente nei ricordi migliori di questo "Brooklyn", insieme all'incontro e agli appuntamenti romantici che edificano la storia d'amore simpatica e dolce tra Ellis e Tony. Perché, sebbene il meglio di sé la pellicola di Crowley avrebbe dovuto tirarlo fuori nel punto di rottura posto a metà strada, che trascina nuovamente la sua protagonista in Irlanda e la mette a contatto con una realtà improvvisamente così diversa da quella che lei stessa aveva abbandonato, a conti fatti, poi, è evidente che le cose vanno assai diversamente, sia per per quanto riguarda l'ottica emozionale, sia per colpa di una scrittura molto meno brillante e imballata.
Convincono così alcuni fattori di "Brooklyn", sezioni, macchie, che sono senza dubbio più incisive e affabili di altre, per una pellicola che nella sua interezza sa essere abbastanza scoordinata, irregolare e sfuggente. Tutto il contrario, se vogliamo, di un'attrice protagonista che, dall'ultima volta che l'avevamo osservata, sembra aver compiuto davvero quel cammino lungo e articolato che porta all'età adulta, che cancella i tratti della fanciullezza per fare spazio a quelli di donna.
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