L’Anm protesta? Brr che paura! Gli scioperi? Brr che paura! Il menestrello dei soprusi, il cabarettista delle più inique disuguaglianze, il guitto delle riforme se la ride.
Eh certo lui si sente al riparo dall’unica vera minaccia, la rimozione personale da Palazzo Chigi per inadempienza rispetto ai debiti di riconoscenza contratti coi suoi padroni. A quello sono servite le manomissioni della Costituzione, la cancellazione definitiva della sovranità popolare attraverso elezioni, quella del parlamento, grazie all’assoggettamento della manovra di bilancio all’approvazione della Commissione UE, e che rende una rituale formalità ogni tipo di dibattito parlamentare, quella dunque della democrazia. A questo servono le strombazzate riforme, consistenti per ora in lucidi e slogan – e sarebbe una fortuna se restassero tali. A questo serve l’annientamento del lavoro, delle sue garanzie e dei suoi diritti. A questo serve la rimozione di ogni atto mirato a contrastare corruzione, rendite, evasione fiscale. A questo serve la conversione della promulgazione di leggi ad personam, in leggi determinate a favorire tutto un ceto parassitario che perpetuerà la sua egemonia grazie alla legittimazione di comportamenti criminali, all’avallo di un’indole alla trasgressione delle regole che dovrebbero assicurare la tutela dell’interesse generale, alla ratifica del monopolio esclusivo e assoluto a godere non solo di prerogative, diritti, privilegi, ma anche di assicurarsi possesso e gestione dei beni comuni.
Si, se la ride perché pensa di essere salvo nella sua qualità di “sigillo” nemmeno tanto simbolico sul definitivo commissariamento dell’Italia da parte di un’entità sovranazionale colonizzatrice, che ha imposto la modifica aberrante del suo assetto socio-economico, la sottrazione di ogni minima interferenza del suo corpo elettorale, l’abiura da identità e dignità di paese sovrano, a causa di una crisi alimentata e nutrita proprio a quel fine, cancellare le democrazie per affermare un altro dominio di natura privata e finanziaria.
Il duello tra due artefici operosi di fallimenti a nostre spese, così emblematico dell’istinto al suicidio che connota questa fase del capitalismo, ci consolerebbe se perissero trafitti ambedue i contendenti. Qualcuno ha profetizzato che la fine del capitalismo potrebbe essere assicurata dalla debolezza, piuttosto che dalla forza, dell’opposizione, che abbandonato a se stesso e alle sue distorsioni, alla sua avidità senza limiti, morirebbe a causa della dissipazione di quelle risorse umane a materiali che lo tengono in vita. Forse accadrà, ma per ora non è così. Anche quei due fanno brr, la paura è l’unica cosa che ci resta mentre a loro spettano grandiose liquidazioni e l’immediato accesso trionfale ad altre posizioni di rilievo dalle quali agire altri formidabili e pomposi fallimenti.
È che a Renzi la paura piace e si addice. È grazie ad essa che un’Italia che danzava sull’abisso si è consegnata nelle mani di un funambolo dilettante che cammina sulla fune senza rete., osannato da media, commentatori, Confindustria, finanziatori, tutti contagiati da quella strana euforia, da quella vertigine che provano quelli cui non resta niente altro che sperare anche contro l’evidenza o quelli che possono approfittare come con la borsa nera, con le speculazioni, con i crimini, dei miracoli e dei profitti delle guerre. Guerre continuamente minacciate, guerre alle porte, guerre nutrite di soldi, armamenti, leggende, così da far dimenticare l’eterno conflitto dei pochi che hanno grazie allo sfruttamento dei molti che hanno sempre meno. È la paura dell’ignoto, magari proficuo, magari salvifico ma sconosciuto, che ha persuaso anche le vittime designate a fidarsi contro ogni certezza, ogni esperienza del passato e ogni verifica, di un imbonitore da luna park, che si autodefinisce indispensabile, tanto che se fallisce, crolla tutto: finisce il Pd, si scioglie il Parlamento, si commissaria il Paese, si accelera la dissoluzione sociale, si perde competitività internazionale, si fa brutta figura senza Expo, senza navi che passano in laguna, senza treni veloci che non si sa dove debbano andare e perché, e forse sono loro le luci che tanti vedevano in fondo al tunnel.
Se la paura è uno strumento di difesa dei viventi, se la paura ci aiuta a fuggire i pericoli, a preservarci, se la paura acuisce l’ingegno, la sensibilità, se la paura scatena l’adrenalina e aumenta la nostra capacità di reazione, se la paura per i deboli è la condizione della salvezza, non dovremmo temerla, dovremmo imparare ad usarla non tra noi, ma contro quei lupi che ci vogliono agnelli, che ci condannano a una natura di vittime, scegliendo libertà e responsabilità, quelle virtù che ci fanno uscire dallo stato animale o di servitù per tornare uomini e cittadini.