Bruges – terza parte

Da Loredana V. @lorysmart

Il beghinaggio fu il primo settore di Bruges ad essere messo sotto la tutela dell’Unesco già nel 1997.

È uno dei punti più visitati della città. Già il cortile è di una grazia unica. Purtroppo eravamo in ritardo per la fioritura dei narcisi, che avviene tra marzo ed aprile, ma anche così trasmetteva una sensazione di pace e di tranquillità. Sul portone d’ingresso si possono leggere sia la data di costruzione (1776) che la scritta “Sauvegarde”, testimoniante l’indipendenza di quel luogo da qualsiasi autorità.

Dappertutto, cartelli invitano al silenzio ed alla riservatezza. Il cortile delle beghine fu costruito da Margherita di Costantinopoli, contessa delle Fiandre, nel 1245 ed in seguito furono erette le altre costruzioni. Le beghine, pur dipendendo da una superiora, non erano monache e non pronunciavano i voti, ma erano pie donne, spesso vedove, che sceglievano di vivere in convento, pur essendo libere di lasciarlo in ogni momento. Inoltre lavoravano per il loro sostentamento, presso gli ospedali o gli opifici tessili, conservando quindi la propria indipendenza. Ma già dal 1930 circa, beghine non ce n’erano più, sostituite da un ordine di suore benedettine.

All’uscita dal beghinaggio, c’è il laghetto del Minnewater. Molti, romanticamente, traducono l’espressione con “Laghetto dell’amore”, anche per l’assonanza della parola con il termine dei Minnesaenger, ossia i menestrelli amorosi del medioevo. Però la parola Minne in olandese significa anche “comune”, “collettivo”, e molto più prosaicamente il significato è quindi “acque pubbliche”. Però c’è anche una leggenda molto romantica che giustificherebbe il nome: Minna, figlia di un pirata sassone si lasciò morire per amore di Morin proprio lungo le rive di un ruscello. Il suo amante allora, per perpetuare il suo amore, deviò il corso del ruscello, vi seppellì l’amata, e riportò l’acqua al suo percorso abituale. E l’amore eterno è promesso agli innamorati che attraversano assieme il ponte. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Sullo sfondo, nascosto tra gli alberi, il castello del Minnewater, che assomiglia tanto a quello di Hogwarts della saga di Harry Potter, pieno di guglie e pinnacoli.

Sui prati circondanti il laghetto una folta colonia di cigni (quelli imposti da Massimiliano d’Austria, come avevo già scritto), e di anatre.

Là vicino abbiamo pranzato in un ristorante delizioso “La dentelliere”, che fa riferimento ai merletti, un’altra delle attività tipiche della cittadina. Vicino alla finestra, il posto dove abbiamo mangiato.

Nella piazzetta, assai piccola per la verità, c’è un’altra stazione per le carrozzelle ed una fontana adornata dalla testa di due cavalli. E nei locali là intorno, i vetturini, con i loro caratteristici cappelli di paglia, fanno sosta per bere una birra e rifocillare nel contempo i loro animali.

Cosa mangiare a Bruges? Beh, per una volta abbiamo fatto un’eccezione alla nostra disciplina vegana ed abbiamo assaggiato la carbonnade à la flamande, ossia uno spezzatino di manzo cotto, anzi stracotto, nella birra. La carne fortunatamente era poca: invece erano molto abbondanti le patatine fritte, altra specialità della zona, più spesse delle nostre e particolarmente croccanti grazie alla doppia cottura alla quale vengono sottoposte.Tanto rinomate, da avere anche un museo loro dedicato.

Il tutto annaffiato dalla birra. E qui c’è solo l’imbarazzo della scelta, in quanto in Belgio, pur così piccolo, ci sono infinite varietà di birre, tra le lager, le ale, le trappiste. Noi abbiamo optato per una tipica della città, servita in calici sottili e non in quei pesanti boccali tipici tedeschi. In questo modo la bevanda la si gusta molto di più.



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